Da un grande autore premio Nobel, un affascinante romanzo sul fallimento della felicità e, al contempo, sulla sua inesausta ricerca. L’incipit del romanzo presenta un uomo – il vecchio, che non è tale anagraficamente, come verremo a sapere – nell’atto di riflettere,
in piedi davanti a un secrétaire. Evoca la situazione in cui nasce
il romanzo: c’è infatti uno scrittore che deve scrivere un libro, Fiasco, che leggeremo mentre prende forma sui fogli nella macchina da scrivere. Il romanzo contenuto nel romanzo inizia con un viaggio, anzi con
un arrivo. Köves (che richiama il personaggio di Essere senza destino) ha lasciato Budapest e sta per giungere in una città che non conosce. Entra in confidenza con tutti e contempla da vicino il loro fallimento. In una società dominata dalla paura di essere deportati (è chiara l’allusione al regime di Rákosi, che ha segnato un’epoca di vero terrore stalinista nella storia dell’Ungheria tra il 1948 e il 1953), incontra i residui di un’umanità che aveva avuto dei sogni e che, adesso, deve accettare il grigiore di una realtà oppressiva in cui nessuno può realizzarsi. Köves cerca invece il successo: nell’amicizia, nell’amore, nel lavoro; ma giungono immediati il disinganno e il fallimento. Così
è anche per il vecchio, che riappare, nell’ultimo capitolo, a chiudere
la “storia nella storia” del romanzo.