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Rimasta sola in città, Yoshie dovrà riscoprire le sorgenti della magia della vita: il legame con la natura, la saggezza degli anziani e il piacere delle relazioni quotidiane con gli altri. Una nuova emozionante meditazione di Banana Yoshimoto sulla vita moderna in città. 

Banana Yoshimoto - Il dolore, le ombre, la magia - IL SECONDO VOLUME DELLA QUADRILOGIA
IL REGNO


L’amico Kaede ha lasciato il Giappone per l’Italia e Yoshie si ritrova di nuovo da sola. Stavolta, però, la vita in città sembra farle meno paura. Il quartiere le è amico, e le giornate scorrono nella continua scoperta di piccoli motivi di felicità. La giovane impara a leggere nel cuore delle persone, a scorgerne l’anima fragile oltre la maschera di durezza che indossano nella loro quotidianità troppo indaffarata. Riuscirà a lasciare anche qui una traccia lieve, a trovare le parole giuste per portare conforto agli abitanti soli e affaticati della città? E che ne sarà della sua storia con Shin’ichiro? Saprà resistere alla nostalgia di Kaede e della nonna? La storia di Yoshie continua, alla ricerca di una città diversa, in cui vivere ogni giorno l’incantesimo dell’amicizia e dell’amore.


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L'INCIPIT
“Oh, un’altra volta! Mi sono svegliata un’altra volta piangendo.” Parlai senza rendermene conto.
Come se dovessi scrollarmi di dosso qualcosa.
Nello stesso istante una lacrima calda scivolò sul cuscino. Oltre la finestra un cielo plumbeo avvolgeva il mondo, quando era ormai giorno inoltrato.
Stranamente non si udivano i rumori della città, il che non voleva dire che ci fosse silenzio. Di tanto in tanto arrivava l’eco del canto di un uccello.
Mi sembrava di sentire, indistinto, il rombo di un motore. Ma lontano, più simile allo scorrere di un fiume. Come un ronzio.
Voglio andarmene, voglio tornare a casa. Qui mi sento soffocare.
Quando aprii gli occhi, nella mia testa non c’era spazio per altri pensieri se non quello.
Da quando, in seguito alla partenza di Kaede, abitavo da sola in casa sua, qualche volta mi capitava di fare sogni molto realistici nei quali vivevo in montagna.
Sognavo di trovarmi ancora lassù e mi svegliava il canto incessante degli uccelli e delle cicale. La luce trasparente del mattino inondava la casa. Era una luce nuova ma già forte, di quelle che asciugano bene i panni stesi e li lasciano profumati. Per me cominciavano i lavori di ogni giorno. Andavo a prendere l’acqua, sistemavo il giardino, preparavo la colazione. L’aria era frizzante, il cielo di un colore cupo come una voragine. Intravedevo la figura della nonna di spalle, seduta alla scrivania.
Era la mia vita normale, ma per qualche motivo mi veniva voglia di piangere, mi prendeva un’ansia incontrollabile. È la quotidianità, e allora perché sto così male? Questo era ciò che pensavo da qualche parte dentro di me.
La nonna mi parlava, mangiava gli tsukemono disposti nei soliti piatti sul tavolo della cucina, controllava lo stato di essiccazione delle erbe medicinali, ritirava il bucato... Più la vedevo darsi da fare e più sentivo il cuore pesante. Non c’era tempo, ancora un poco e mi sarei svegliata: dovevo guardare il verde della montagna, fare in modo che s’imprimesse nel mio cuore! Non restava molto tempo. Ma perché? Eppure me lo sentivo...