Quando ho iniziato a setacciare il paesaggio in cerca di grandi alberi come se fossero il tesoro più raro e prezioso che potessi scoprire o riscoprire, la natura era ancora un tema di nicchia: nel variegato mondo editoriale se ne occupavano prevalentemente editori settoriali, tranne in rari casi che spesso erano rappresentati da saggistica straniera pubblicata con evidente scopo divulgativo. Tra i tanti temi e soggetti possibili l’albero o, meglio, il grande albero vetusto, o albero monumentale, era già stato un caso in alcuni Paesi, come nel Regno Unito e negli Stati Uniti, mentre in Italia le prime pubblicazioni, risalenti agli anni Ottanta e Novanta erano rimaste in cerchie abbastanza ristrette di appassionati naturalisti, che fossero professionalmente coinvolti o viaggiatori/esploratori della domenica. Ci volevano editori di largo consumo per riuscire diffondere un lavoro già estremamente ricco e di valore condotto dal Corpo Forestale dello Stato o da personalità quali Alfonso Alessandrini, Mario Rigoni Stern e Valido Capodarca, uno dei nostri primi “cercatori” di grandi alberi. Mancava ancora un pezzo per favorire una conoscenza capillare. Ma non si è trattato solo di una situazione, dell’abilità o della fortuna di un singolo, è un vasto movimento di attenzione e dedizione che si è acceso nella società italiana ed europea al contempo. Mentre uscivano libri che decantavano le grandi curiosità di alcuni nostri alberi magistrali, e di riserve magari poco note, lo Stato, nelle singole diramazioni – comuni, province, regioni, enti – se ne prendeva sempre più cura. E poi c’è stato Internet che indubbiamente ha amplificato, e molto, le notizie, le fotografie anzitutto, alimentando un piccolo e oggi ampio turismo da cercatori di alberi secolari.

Chi scrive ha dato un contributo alla conoscenza extrasettoriale, dimostrando anche agli editori di più ampio respiro che di questi temi si poteva fare un adeguato investimento, che un buon libro dedicato ai nostri patriarchi vegetali poteva rendere quanto un romanzo o un saggio storico o sociologico. Quando ho iniziato a proporre agli editori il mio concetto di Homo radix e le documentazioni delle campagne di alberografia, con tanto di misure, età stimabili e curiosità, gli unici libri in circolazione pubblicati da un editore di prima grandezza erano Arboreto salvatico di Mario Rigoni Stern (Einaudi), Grandi alberi del mondo di Thomas Pakenham (De Agostini), e Grandi alberi d’Italia di Claudio Cagnoni (De Agostini), a cui faceva da controcanto il saggio storico Mitologia degli alberi di Jacques Brosse (Rizzoli). Rari e già difficili da trovare i volumi editi tra il 1989 e il 1992 dalle Edizioni Abete di Roma, emanazione del Corpo Forestale, che rendevano giustizia alla biodiversità di questi giganti nelle diverse parti d’Italia. Oggi, al contrario, quasi tutte le case editrici, grandi, medie o piccole, di catena o indipendenti, hanno volumi che ne parlano o trattano in diverso modo. Ogni volta che metto piede in una libreria mi lamento di quanti libri siano usciti ed escano su questo singolo tema, ma dentro di me c’è anche un pizzico di orgoglio che si compiace. In qualsiasi regione io vada, per mie ricerche o per presentazioni di libri, si incontrano novelli cercatori di alberi, e non mancano coloro che ti vogliono spiegare tutto, che “quanto la sanno loro tu non puoi nemmeno immaginare”. Anche tu ti occupi di alberi? Credo sia la solita amalgama del tempo, il connettersi tra generazioni richiede tempo e pazienza.

Ho deciso di dare un ultimo contributo con questo nuovo silvario: Alberodonti d’Italia. Abbiamo scelto un centinaio di grandi alberi in giro per le venti regioni, ed è stato per me un ulteriore stimolo a visitare luoghi di cui avevo tanto letto o sentito parlare ma che ancora mi mancavano. Non basterebbe credo una vita intera per vedere tutti gli alberi monumentali censiti e tutelati dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste: in AMI, Alberi monumentali d’Italia, abbiamo superato soglia 4.200 e se ne stimano ancora alcune migliaia da valutare e inserire. Non è importante toccarli tutti, a meno che non si sia appassionati di statistica o collezionisti compulsivi. Ogni grande albero – ho scelto il termine “alberodonte” quale neologismo divertito, un gioco, che suggerisce antichità preistorica e invenzione – con le sue cavità, le sue deformità, le sue monumentalità, ci appare come unico e irripetibile, per non parlare del paesaggio che lo ospita. E se tutto questo non bastasse, ci siamo noi che cambiamo di volta in volta, che ogni giorno siamo un poco diversi, che ci portiamo il nostro “magistero del disordine” appresso, tutto quel groviglio di sentimenti, ricordi, ambizioni, frustrazioni, contraddizioni, sogni, che anche se cerchiamo, di tanto in tanto, di rabbonire, di silenziare, di sgrassare, ci caratterizza per quel che diventiamo, un passo dopo l’altro. Possiamo tornare cento volte a visitare i grandi castagni dell’Etna, o gli olivastri sardi, o ancora i ficus palermitani, i platani orientali della città di Roma, le bellezze arboree degli orti botanici, il larice millenario della Valmalenco, i faggi claudicanti dell’Appennino, la quercia delle Streghe o di Pinocchio in Lucchesia o le rotazioni corticali che caratterizzano gli splendidi disegni dei pini loricati del Pollino: ogni volta la nostra attenzione si tatuerà su qualcosa di distinto, ogni volta sarà un incontro tutto particolare, ogni volta inventeremo un mondo tutto nostro.

A cura di Tiziano Fratus

Alberodonti d'Italia di Tiziano Fratus

Tiziano Fratus, già autore del Manuale del perfetto cercatore d’alberi, Alberi millenari d’Italia, I giganti silenziosi, Giona delle sequoie, L’Italia è un bosco e molti altri libri dedicati alla natura, ha nuovamente attraversato le regioni d’Italia per incontrare…

Tiziano Fratus

Tiziano Fratus (Bergamo, 1975) abita in una casa di fronte al bosco. Buddista agreste e nomade editoriale, nel corso dell’ultimo quarto di secolo ha pellegrinato in foreste maestose, meditando nei …