Cerimonie

di Michele Serra

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C’è Manuel, che arriva tutte le domeniche mattina che Dio manda in terra su un enorme gippone, con le sue felpe firmate e gli scarponi cingolati, a volte accompagnato da Stefy Forever. C’è un funerale che si allinea compostamente, governato – siamo in campagna – dalle donne attive, consapevoli, adeguate, circondate dagli uomini spaesati e privi di ruolo. Ma quando al cimitero si scopre che la lapide sborda di qualche centimetro, ecco che i maschi trasformano l’occasione in un insperato cantiere, armati di flessibile e di smeriglio. C’è Mira col suo innamorato. Vanno ogni giorno a bere il caffè dal signor Ludden, su un vecchio divano di broccato, davanti alla tv accesa. Ma perché ci sono venti gradi sotto zero a casa del signor Ludden? E poi ci sono il graffitaro e il vecchio Saletti che vuol pregare e non crede in Dio, la devastante happy hour dei signori Mauser e il grande pianto di un bambino per la prima volta di fronte alla morte. Bizzarre cerimonie laiche, storie divertenti e malinconiche raccontate da un grande osservatore del mondo e di se stesso.

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Michele Serra

Michele Serra è nato a Roma nel 1954, è vissuto quasi sempre a Milano e ora abita in Appennino. Giornalista, scrittore, autore teatrale, scrive su “Repubblica” la rubrica l’Amaca e …

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Chiedo a Michele Serra, che incontro a Milano, se pensa che la sua immagine di giornalista ostacoli il riconoscimento della sua qualità di scrittore.
‟Forse ho lasciato dietro di me una scia spesso dozzinale (specie nel giornalismo); per dirla secca, ho scritto troppo e troppo in fretta. Ma non mi è affatto dispiaciuto avere un approccio alla scrittura così irrequieto e confusionario; mi ha impedito di cristallizzarmi e forse anche di prendermi troppo sul serio. Dico sempre di sentirmi un dilettante, magari nel senso francese di amateur, che mi gratifica... E diffido delle maschere professionali e del mito della "professionalità". Non c'è dubbio, comunque, che la figura giornalistica faccia velo a tutte le altre. E che questo, a volte, sia un problema. Ho scritto Cerimonie sapendo che potevo contare solo sulla complicità dei lettori (parecchi), meno sull'attenzione della critica, molto preconcetta (con qualche ragione) sulla narrativa scritta da giornalisti”.