Riotta Gianni: Gli strateghi del caos e gli ipocriti neutrali

03 Novembre 2003
«È impossibile! Dio non può accettarlo!», implora da Bagdad Huda Abled-Jabbar, sconvolto per i 40 morti e i quasi 300 feriti che, lunedì nella capitale irachena e ieri a Falluja, hanno funestato il Ramadan, festa sacra dei musulmani. I disegni di Dio sono imperscrutabili, ma noi, comuni peccatori, possiamo accettare che l’Iraq precipiti nel sangue senza muovere un dito? L’attacco alla dittatura di Saddam Hussein è stato preceduto da tanta acrimonia tra Usa, Europa e Onu, che non si riesce a ragionare sul futuro senza rancori. È più che inutile, è pernicioso, ostinarsi a tirare con riga e compasso la geometria dei torti e delle ragioni di allora. Sì, la Casa Bianca fece male a seguire le sirene unilaterali del vicepresidente Cheney e del segretario Rumsfeld. Certo, gli europei - soprattutto i francesi - sbagliarono a non sostenere il dialogo auspicato dal segretario Powell. Assegnati i torti e le ragioni, la domanda è: che fare? Questa estate a Bagdad ho visto nascere la strategia del caos. L’armata di reduci del Baath iracheno e la legione straniera del terrorismo legato ad Al Qaeda e Ansar al Islam hanno colpito l’ambasciata giordana, poi l’Onu, quindi la polizia irachena e lunedì la Croce Rossa, intoccabile totem umanitario che perfino Adolf Hitler ebbe ritegno ad attaccare. La guerriglia è organizzata, efficiente, feroce. Vuole intimidire tutti coloro che collaborano a pacificare il Paese, dagli arabi ai volontari. E ci sta riuscendo. Al sito Titanic (www.corriere. it/riotta), un ragazzo italiano che lavora in Iraq con un’organizzazione umanitaria, Nando, racconta di milioni di dollari che non vengono distribuiti ai bisognosi, perché i «benefattori» negano cupi: «Niente impegno in Iraq, niente aiuti agli yankee invasori». La pensiamo davvero così? Il capo della Croce Rossa francese, Marc Gentilini, inorridisce: «Colpirci è violare la Convenzione di Ginevra!» e traspare dal suo sdegno l’incredulità ad accettare la violenza della battaglia. Altro che Convenzione! Troppi, già legittimamente contrari alla guerra, stanno prendendo un’ipocrita posizione di neutralità, «guerriglieri o americani, vinca chi vuole, non è affar nostro». Questa posizione è moralmente ignobile e politicamente cieca. Se l’Iraq cadrà di nuovo nelle mani di coloro che non esitano a carbonizzare le crocerossine e i bambini di Falluja, si formerà un regime odioso, con il solo disegno di violentare subito i Paesi vicini, dall’Arabia Saudita al Kuwait, conquistare al fondamentalismo Giordania e Siria, circondare Israele, seminare terrorismo in Occidente, usare il petrolio come arma di ricatto. Ogni lettore faccia la sua scelta secondo coscienza, ma in fretta. Restano sei mesi. Poi l’opinione pubblica irachena deciderà che gli Usa non hanno speranze e appoggerà la guerriglia. Allora che Dio ci aiuti. Alla Conferenza di Madrid, Francia e Germania hanno deciso di non scucire un euro per gli iracheni e l’Unione Europea se l’è cavata con gli spiccioli, pochi milioni. Ora, come anticipato dal Corriere, a Washington si parla di Vietnam. Il senatore McCain (che fu, prima di Bush, il patrono dei falchi neoconservatori) dice: «Se guardo alla dura realtà e alle dichiarazioni tranquillizzanti della Casa Bianca, penso al Vietnam». Il presidente Bush insiste: «Non cambiamo rotta», e ha torto, perché se la stragrande maggioranza degli europei (fonte Eurobarometer) vuole l’Onu al comando in Iraq, ora anche la metà degli americani è d’accordo nel cercare interlocutori. Ma adesso che il via libera dell’Onu c’è e il segretario generale Annan legittima gli aiuti all’Iraq, restiamo a guardare come se la cavano gli americani? Comunque la si pensasse al tempo della guerra, occorre agire con buona volontà e lungimiranza, tutti, dagli scettici europei alla sinistra italiana, soprattutto nei suoi settori raziocinanti. Abbiamo sei mesi di tempo, poi vinceranno gli strateghi del caos e gongolare «ve l’avevamo detto!» non lenirà le sofferenze.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …