Giovanni Bollea: «Conosco un solo antidoto: una famiglia che funziona»

04 Dicembre 2003
Di lupi che divorano bambini ne ha visti tanti. Ma l’ultimo è sempre il più brutto... Giovanni Bollea non ha appeso la doppietta al chiodo, e un lupo lo sa riconoscere anche sotto la pelliccia nuova e luccicante di Internet: "Mi fa paura la solitudine dei ragazzi davanti al computer. Mi preoccupa più della televisione". è un avviso ai genitori, l’ultimo dei tanti che il padre della neuropsichiatria infantile italiana dispensa da oltre mezzo secolo con libri popolarissimi come Le madri non sbagliano mai. … Per Bollea, ancora infaticabile, "ribelle" per autoconfessione, non è comunque troppo tardi: "L’anziano è uno strano fiume che si restringe sempre più, e che vicino alla foce diventa più limpido. E nell’acqua chiara le cose si vedono molto meglio". E così, professor Bollea, a novant’anni lei, psichiatra, diventa ufficialmente un educatore... "Una sorpresa che mi ha scatenato dentro molti ricordi. Ho rivisto me stesso all’indomani dell’altra laurea, nel '46, un ragazzo nell’Italia devastata dalla guerra, le strade piene di sciuscià, ragazzi allo sbando, bambini con gli occhi ancora pieni della paura dei bombardamenti. Cosa posso fare per quei ragazzi?, mi chiedevo. Volevo curarli. Fu il mio maestro, il professor Ciarletti, a scegliere per me, mandandomi in Svizzera a studiare neuropsichiatria. Ma quella cosa un po' strana e nuova, per me era un po' scienza e molto impegno sociale, e mi appassionò. Non mi sono mai pentito". Sessant’anni dopo gli sciuscià non ci sono più. I bambini sono ormai salvi? "Le sindromi infantili che combattevamo allora sono molto diminuite. Ma altre hanno preso il loro posto, e sono più sottili, sfuggenti, pericolose. Succede in ogni epoca di incertezza, e questa lo è: disturbi comportamentali, difficoltà di apprendimento... Ma quelle che mi fanno più paura sono le sindromi senza nome, che sfuggono la diagnosi. I ragazzi di oggi ci sembrano più maturi, in effetti lo sono: ma alla precocità cognitiva non corrisponde la precocità emotiva, e questo stacco è pericoloso: sono ragazzi intelligenti e fragili, senza guida". Chi può colmare quello stacco? "Io credo ancora ai due grandi pilastri dell’educazione. La scuola e la famiglia. Ma li vedo entrambi in grande difficoltà". Cosa non va nella scuola italiana? "E' una delle migliori al mondo per programmi e contenuti. Ma rischia di essere inutile, chiusa in se stessa, senza una fortissima iniezione di società". Somministrata come? "C’è l’autonomia scolastica: le scuole ne approfittino. Dalla capitale all’ultimo paesino, due o tre volte all’anno almeno dovrebbe entrare a scuola un musicista, uno scrittore, un imprenditore, qualcuno che non sia il professore e che faccia capire ai ragazzi cosa c’è fuori, che offra input alla loro curiosità. Responsabilizzarli, coinvolgerli nella società è la miglior prevenzione possibile del disagio. Io abbasserei a 16 anni l’età di voto alle comunali. Altrimenti il 'fuori' per loro resterà il muretto". E la famiglia? Davvero le mamme non sbagliano mai? "La famiglia è nell’impossibilità di educare". Un giudizio severo... "Non è colpa dei genitori. La società diseducativa attorno è molto più forte di loro". Pensa alla televisione, immagino? "Con la televisione si può venire a patti. Bisognerebbe 'pulire' i telegiornali delle 13 e delle 20, quelli a portata dei bambini, non è obbligatorio che siano pieni di cadaveri; soprattutto bisogna che i padri e le madri imparino a guardarli assieme ai figli, a commentarli, a discuterli. Con la tv si può negoziare, in fondo i minorenni sono un quinto degli italiani, avranno pure qualche diritto come utenti". Qual è il lupo indomabile, allora? "Internet. E non solo per quello che i ragazzi possono trovarci dentro di educativamente sbagliato, per esempio il sesso. Anche se cercano solo musica o giochetti, è il modo di quel consumo che è pericoloso. La sindrome da solitudine on-line è già una patologia conosciuta e studiata. I ragazzi imparano a ottenere soddisfazione non più dal contatto umano con amici e genitori, ma da uno schermo". E con Internet non si viene a patti. "I padri spesso ne sanno meno dei figli, comunque navigare in due è quasi impossibile. E i filtri non funzionano". La solitudine elettronica ha già vinto? "Conosco un solo antidoto: una famiglia che funziona. Con un padre e una madre presenti". Le mamme lavorano. E' una conquista. "Ma non devono per forza lavorare tutto il giorno. Il part-time, è vero, non è mai diventato un diritto, è una specie di concessione. Le anticipo una mia proposta, di cui discuterò coi sindacati: la legge dei tre-quarti. Tutte le mamme dovrebbero essere libere dal lavoro entro le ore 16, quando i figli escono da scuola. I datori di lavoro non ci rimetteranno: una mamma serena produce in tre quarti del tempo più di quello che una mamma ansiosa e frustrata produce nel tempo pieno". Vale anche per i papà? "Se ha letto i miei libri saprà che considero i due ruoli diversi e complementari. La mamma è il ministro degli interni: gli affetti, la socialità. Il papà è il ministro degli esteri: l’autorevolezza, la sicurezza. Il tempo che manca è una scusa: i padri che lavorano possono ricavare il massimo da un quarto d’ora al giorno coi loro figli. Conta l’intensità, non la quantità". Consigli? "Andate solo e sempre voi papà ai colloqui con gli insegnanti. E ogni tanto lasciate a casa la mamma, prendete la bici e andate a fare un giro voi soli, papà e figli, e parlate, parlate, parlate di tutto". Basterà per uccidere il lupo? "Il lupo ha la pelle dura. Ma qualsiasi papà, qualsiasi mamma, se vogliono, se si guardano dentro, se non hanno paura, se non sono distratti, possono scacciarlo".

Giovanni Bollea

Giovanni Bollea (Cigliano Vercellese, 1913 - Roma, 2011), innovatore della neuropsichiatria infantile italiana del dopoguerra, si è formato a Losanna, Parigi e Londra ed è stato professore emerito presso l’Università …