Gianni Riotta: E il dialogo muore dai Balcani all'Iraq

31 Marzo 2004
La primavera 2004 ha ucciso le rondini. Nessuna trattativa di pace fa progressi e la violenza, la rottura dei negoziati, la guerra delle identità, la forza come sostituto brutale del dialogo, sono regole quotidiane. La prima guerra globale sceglie il motto ferino, «homo homini lupus», del filosofo Hobbes come icona e langue la fede nella tolleranza di Voltaire. Guardate ai fatti, senza illusioni. La rappresaglia di Ariel Sharon contro lo sceicco Yassin, fondatore di Hamas, può avere mille giustificazioni nelle pratiche terroristiche del gruppo, ma non solo non avvicina la pace e la fine degli attentati, ma rompe ogni regola residua in Medio Oriente, tranne la legge del più forte. Chi è amico di Israele trema, perché tatticamente si può resistere alla rabbia palestinese, ma strategicamente una cittadella militare alla Masada è destinata alla rovina. La «Road map» per la tregua, gli sforzi del «Quartetto» Usa, Europa, Onu e Russia, sono frustrati. Tra i palestinesi le voci concilianti, raccolte negli accordi bilaterali con gli israeliani a Ginevra e nel rapporto dello studioso Sari Nusseibeh, si fanno fioche, davanti a fondamentalisti e burocrati. Un raccolto di sangue è annunciato dalla primavera senza rondini. La gelata delle speranze fa vittime in Kosovo, dove le pulizie etniche contrapposte tra serbi e albanesi si riaffacciano cattive non appena l' opinione pubblica internazionale si distrae. La coesistenza nei Balcani stride, come ghiaccio sotto pressione. La diplomazia diventa obsoleta, la prospettiva più rosea è il guardarsi in cagnesco dietro reticolati stesi dalle forze di pace. In Iraq gli americani restano soli, con l' ayatollah sciita al Sistani che alza il prezzo del sì alla Costituzione e punta sul messo dell' Onu, Brahimi, per nuove concessioni. L' Europa non è in vena di disgelo: il premier spagnolo José Luis Zapatero deve sostituire alla retorica elettorale una politica internazionale se non vuole far tappezzeria come da un anno il cancelliere tedesco Schröder. Il suo nuovo ministro degli Esteri, l' esperto Miguel Angel Moratinos, forse saprà appellarsi all' Onu per evitare un «tutti a casa» che suona bandiera bianca davanti ad al Qaeda, ma occorre una nuova risoluzione entro il passaggio delle consegne, il 30 giugno, tra americani e iracheni. È possibile? L' Onu, orfana di un robusto lavoro diplomatico euroamericano, si riduce a macchina da status quo. Lo scandalo «oil for food», mazzette pagate a iosa durante le sanzioni a Saddam Hussein, lede la credibilità delle Nazioni Unite ed è un gran bene che il segretario generale Kofi Annan, superando le resistenze di russi e francesi, abbia deciso di far chiarezza sui fondi neri. Gli americani hanno perso credibilità di partner per la guerra unilaterale, Parigi e Berlino per non avere contribuito un centesimo in aiuti al popolo iracheno. Il dialogo è morto in questa aspra primavera: in Afghanistan i signori della guerra preferiscono le pallottole alla nuova Costituzione, i riformisti sono in difesa in Iran, i dissidenti perseguitati in Siria e arrestati senza indugi dalla decadente casa reale in Arabia Saudita. Siamo alla vigilia di tre appuntamenti che i mass media spacceranno per «storici», il G8 in America e i vertici Nato e Usa-Unione Europea. Ci sarà un' estate del dialogo capace di riscaldare la primavera della violenza con risultati anche su commerci e dazi per non avvilire ancora i poveri? Speranze grame. Blair è alle corde, Chirac ha perduto le elezioni come il rivale Aznar e medita se liquidare il povero premier Raffarin. Che il presidente George W. Bush cambi rotta con il voto a novembre è improbabile, Putin è un dittatore vidimato dal popolo, in Cina il prodotto interno sale e i diritti scendono. La primavera 2004 vede la prima guerra globale far avvizzire dialogo e trattative, mentre la forza bruta occupa il campo. Senza leader capaci di visione rischiamo una primavera lunga e livida, come la guerra fredda della nostra gioventù.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …