Gianni Riotta: La vergogna diventa scontro politico

06 Maggio 2004
Lo scandalo etico per le sevizie inflitte da secondini americani ai detenuti iracheni nel carcere di Abu Ghraib matura in scontro politico. Il procuratore capo dell'esercito americano, generale Donald Ryder, ha comunicato che dal dicembre 2002 sono in corso inchieste su 35 casi di abusi su prigionieri, da Bagdad all'Afghanistan, nel carcere soprannominato "Hotel California". Sotto esame venticinque morti sospette, due omicidi da parte dei soldati, la morte di un evaso e dieci decessi in circostanze non chiare. Il rapporto Ryder investe un'opinione pubblica chiamata non più a esprimere sdegno morale per le umiliazioni e le oscenità imposte da un gruppo di teste calde ai prigionieri, ma a pronunciarsi su un dilemma cruciale: si tratta delle bravate di secondini senza controllo, o invece i sei militari in attesa di finire davanti alla Corte marziale ricevevano ordini, o direttive orali, da ufficiali e dalla Cia? Se così fosse, se saltasse fuori una circolare che incoraggiava a maltrattare i prigionieri, l'onda d'urto della vicenda non si fermerà, in un anno elettorale, alla generale Karpinski e ai suoi sei colleghi, la cui carriera è ormai stroncata. La reazione politica investirà la Casa Bianca e il Pentagono. Il presidente Bush, il suo vice Cheney, e il ministro della Difesa Rumsfeld, non dovranno guardarsi soltanto dal rivale democratico Kerry, ma anche dalla vecchia guardia repubblicana che cercherà lo scalpo dei neoconservatori. La politica ufficiale americana è confermata dall'avvocato generale della Difesa, William Haynes, in una lettera a Kenneth Roth dell'associazione per i diritti civili Human Rights Watch: "La legge Usa proibisce e condanna la tortura. Interrogando i combattenti nemici, il personale Usa deve attenersi a questa condotta e alle leggi che vietano la tortura". Intorno al diritto una zona grigia nata dopo l'11 settembre 2001 quando "ci siamo tolti i guantoni" come si lasciò sfuggire il coordinatore dell'antiterrorismo Cofer Black. Le scosse elettriche, routine nei commissariati cinesi, gli spilli sotto le unghie inflitti dalla polizia indiana, il contagio forzoso con la tubercolosi delle galere russe, la tortura ammessa per legge dall'Arabia Saudita all'Iran, sono anatema per il codice Usa. Ma non far dormire un prigioniero? Deriderlo? Privarlo del cibo? Minacciarlo di tortura? Affidarlo a servizi segreti di Paesi senza scrupoli, per esempio i pakistani, per venire "ammorbidito" prima dell'interrogatorio? Sono queste tecniche lecite? Ieri i senatori repubblicani Warner e McCain (torturato dai vietnamiti per anni) hanno proposto di convocare al Senato il ministro Rumsfeld, per saperne di più sugli abusi e sulla rottura della catena di comando. Il Congresso è stato tenuto all'oscuro sulle inchieste a carico dei militari, fino alle rivelazioni di Seymour Hersh sul New Yorker e i duri democratici, Ted Kennedy, Robert Byrd, Hillary Clinton, non si accontenteranno di vedere Rumsfeld umiliato, parlano di "dimissioni" per il tentativo di coprire lo scandalo. Bush è in una campagna elettorale difficile contro il senatore Kerry che, finora opaco, potrebbe trovare voce morale contro gli abusi. La rete tv Cnn monta le immagini dei detenuti nudi in Iraq con i corpi insanguinati dei vietnamiti, massacrati dal tenente Calley in Vietnam. Uno choc politico, che sovrapposto alle grate del carcere di Guantanamo, corrode l'immagine americana in Europa e nei Paesi arabi. Non si tratta più solo di isolare e condannare i sadici e riformare il clima di Abu Ghraib, compito a cui lavora il generale Geoffrey Miller. Bisogna rimediare al danno fatto, con l'ex ministro iracheno per i diritti umani Abdul Basit Turki che invoca dalla tv araba Al Jazira un "tribunale di Norimberga per gli Usa". L'emozione contro gli americani è intarsiata di ipocrisia, nel giorno in cui il Sudan, Paese che pratica genocidio e schiavitù, rientra nella Commissione diritti umani dell'Onu. Ma Bush non è impegnato nelle polemiche di un talk show, deve vincere la partita del consenso in Iraq, tra gli alleati, con gli elettori. E le foto oscene della galera macabra che si voleva riportata alla democrazia lo mettono sulla difensiva. Durante la Seconda guerra mondiale 500.000 prigionieri di guerra tedeschi e 50.000 italiani vennero tradotti negli Stati Uniti. Ben nutriti, istruiti con corsi universitari, trattati con generosità, tornarono a casa ambasciatori del buon governo americano. Gli austriaci riconobbero che le torture inflitte al patriota italiano Silvio Pellico nel carcere dello Spielberg "costarono più di una battaglia perduta". Allora non c'erano Cnn e Internet: Abu Ghraib costerà più della ritirata dei marines a Falluja, sul campo in Iraq e negli Stati Uniti.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …