Gianni Riotta: Il sollievo e la svolta

09 Giugno 2004
Il sollievo per la liberazione di Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino, per la cui sorte abbiamo temuto dopo l'esecuzione di Fabrizio Quattrocchi, rincuora nella difficile vigilia del G8 a Savannah, mentre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu vota unanime la nuova risoluzione sull'Iraq. Sono ore cruciali per la guerra al terrorismo, la pace a Bagdad, e il dialogo Usa-Unione Europea. Ore tanto gravi da consigliare a governo e opposizione di celebrare insieme lo scampato pericolo, resistendo alla tentazione di arruolare i tre connazionali nella propaganda elettorale, come qualcuno purtroppo ha subito voluto fare.
Se la collaborazione tra italiani, americani e iracheni ha funzionato a dovere, dovremmo piuttosto brindare a un simbolo di lavoro comune, senza grette polemiche di parte.
La realtà resta dura, ieri in Iraq sono caduti polacchi, slovacchi e lettoni, accanto ad americani e iracheni. Dal G8, al vertice Usa-Ue in Irlanda del 25 giugno, al summit Nato di Istanbul, 48 ore dopo, l'alleanza occidentale affronta un'estate storica. Se, nel 1999, il ministro degli Esteri francese Hubert Védrine s'era lagnato di Washington come ultima hyperpuissance, superpotenza, oggi il mondo sconta semmai un'assenza di leadership , il Titano yankee smarrito al pari dei suoi fratelli europei. La realtà impone rapide intese, non per uno sfoggio platonico di buona volontà atlantica, ma per l'irrompere di interessi comuni.
La Casa Bianca ha commissionato uno studio al ‟Centre for Strategic and International Studies”, chiedendo lumi sul futuro Usa-Ue in caso di sconfitta americana in Iraq. Le previsioni sono fosche e precise: la deriva da Washington farebbe emergere in Europa egoismi locali, lasciando declinare ideali e valori. Qualche Paese negozierebbe una pace separata con l'Islam radicale, altri guarderebbero alla Russia, entro il 2015 primo Paese produttore di petrolio, altri alla Cina industriale. In America le voci dell'intesa sarebbero sopraffatte dai toni imperiali, mentre lo scisma atlantico incoraggerebbe i sogni imperiali di Putin, congelando a Pechino diritti e dissensi.
Non è un kolossal apocalittico di Hollywood, ma una riflessione razionale. Dal 1945, la sola alternativa alle guerre viene da poche istituzioni, Onu, Fondo monetario, Banca Mondiale, Wto, trattative sulle tariffe, conferenze sul disarmo nucleare. Tutte hanno per motore le democrazie. Lasciati a se stessi, i forum del dialogo internazionale languiranno, tra opportunismi dei potenti e velleità dei despoti. Il G8 esaminerà l'iniziativa sul Medio Oriente del presidente Bush, e anche chi non ne è entusiasta, come Francia e Germania, può però tornare a faticare sui nodi del caos, da Israele e Palestina allo scontro tra tolleranza e intolleranza nella prima guerra globale. Va di moda, in Italia e nel mondo, ironizzare su malanni e ipocrisie, così cospicui nelle nostre democrazie.
Sono critiche spesso condivisibili, a patto di non dimenticare che, se cede il precario sistema di libertà e giustizia condivise, l'alternativa è il cupo mondo degli uomini lupo ritratto da Hobbes, dove poveri ed esclusi soffriranno senza più speranze di sviluppo, e noi tutti saremo ostaggi, come già Stefio, Agliana e Cupertino, senza miraggi di liberazione.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …