Massimo Mucchetti: "Un partito trasversale voleva chiudere Alitalia"

13 Ottobre 2004
"Sì, c'era un partito trasversale del fallimento, ma fortunatamente non ha prevalso". Giancarlo Cimoli, 64 anni, toscano d'origine e milanese d'adozione, è da 150 giorni il presidente e amministratore delegato di quella che fu la compagnia di bandiera. Ieri ha firmato con Dresdner Kleinwort Wasserstein il prestito ponte che dà l'ossigeno per i prossimi mesi. Oggi illustrerà al Senato il piano industriale che ha appena avuto il benestare dei 9 sindacati del trasporto aereo. Domani la semestrale lacrime e sangue. Ma la prova del nove sarà l'aumento di capitale che, ai primi del 2005, dovrebbe far affluire 1,2-1,5 miliardi nelle esauste casse sociali.

Ingegner Cimoli, nella notte di mercoledì 6 ottobre ha raggiunto l'accordo sindacale. Le è andata bene, ma in questi mesi non ha mai pensato che la partita fosse persa?
No. Non c'è mai stato un picchetto né un'ora di sciopero. Ma non nego che talvolta ho faticato a capire. Abbiamo ridotto da 180 a 130 i dirigenti. Mi aspettavo una protesta, e invece niente: atarassìa. Nelle trattative, abbiamo rischiato la rottura sui dettagli quando, in realtà, stavamo costruendo un'altra azienda: quando alla logica autarchica del monopolio che fu stavamo sostituendo la logica aperta delle competenze. Dividiamo Alitalia in due: Az Fly, la compagnia aerea, Az Service per manutenzione, information technology, amministrazione e operazioni di terra. Certo, in questo modo la compagnia aerea deconsolida 9 mila dipendenti e i relativi costi. Ma soprattutto ciascuno si focalizza sulle diverse professionalità. Ancora nei giorni scorsi ho convocato per due volte il personale nell'auditorium della Magliana e ho detto: ‟Qui, se facciamo l'accordo, ci salviamo; altrimenti, si va in amministrazione straordinaria e la parola passa ai creditori, e saranno loro a essere pagati per primi”.

Un aut aut brutale. Quasi un ricatto.
No. È stato un richiamo alla realtà, alla razionalità. E su questo piano ho sempre pensato che nessuno sarebbe stato così pazzo di lasciar fallire Alitalia.

Eppure, l'idea aveva molti sostenitori. Si diceva che lo stesso ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ne fosse tentato per far meglio pulizia.
In realtà, ho trovato un sostegno pieno nel governo e nel Tesoro. Semmai c'erano concorrenti italiani e stranieri che speravano di potersi comprare a prezzo vile aerei e slot.

Nomi?
Non svelo nessun segreto se ricordo che British Airways ha fatto lobby fino alla fine all'Unione Europea contro il prestito ponte.

Quanto sarebbe costato all'Italia il fallimento dell'Alitalia?
Non si va lontani dal vero se si stima in un miliardo il saldo negativo di un eventuale fallimento dell'Alitalia senza contare la perdita dell'avviamento e il danno reputazionale visto che sono tuttora in circolazione bond per 700 milioni emessi da Alitalia, società controllata al 62% dal Tesoro.

Quanto costa allora questo salvataggio? La Lega fa le somme: 400 milioni di prestito ponte; 750 milioni stanziati nella Finanziaria 2005, 788 milioni che Fintecna, società statale, sborserà per prendere Az Service. Aiuti a fondo perduto, si dice. Senza alcuna garanzia sul buon fine dell'investimento.
Se vogliamo parlare di costi e di benefici, cominciamo dall'accordo sindacale grazie al quale 3.700 persone lasceranno Alitalia. Nell'arco dei quattro anni previsti, l'attuazione dell'intesa costerà 185 milioni di euro all'azienda, 8 ai dipendenti e 30, al netto delle partite di giro, all'Inps. In cambio consentirà, sempre a regime, risparmi di costi per 280 milioni di euro l'anno. Ma più di queste cifre conta la qualità dell'intesa. Abbiamo azzerato i vecchi contratti e ripartiamo con uno spirito nuovo. Conta che 289 piloti andranno presto in pensione....

Aiutati da uno scivolo fiscale che taglia a metà l'imposizione sul cosiddetto Fondo Volo stimabile in 140 milioni di euro.
Certo, ma senza questa agevolazione 289 piloti non avrebbero avuto interesse ad andare in pensione. E senza l'accordo per l'Erario i problemi sarebbero stati ben altri. Ma, dicevo, più del risparmio dei costi conta lo spirito nuovo che ci ha indotti ad adottare il protocollo Lufthansa per il personale di volo. Dico solo un numero: a regime la flotta volerà un'ora di più al giorno e sarà come avere 12 aerei in più.

Molti temono che si tratti di aiuti di Stato a fondo perduto.
La storia è quella che è. Ma bisogna informarsi. Per Az Service stiamo trattando la cessione di metà del capitale. Benché da venditore abbia interesse a sparare alto, non credo di poter chiedere 788 milioni per la metà di Az Service. Il prestito ponte non è a fondo perduto: pagheremo un interesse del 4,43% e dovremo rimborsare Dresdner Bank dopo 12 mesi...

Ma è garantito dal Tesoro. Che si ritaglia una parte dell'interesse. La Finanziaria 2005 stanzia 750 milioni come somma massima che l'azionista pubblico potrà sottoscrivere nell'ambito di un aumento di capitale che lo farà scendere comunque al 49%. Dunque, altri soci, di natura privata, dovranno versare 750-800 milioni.

Non sarà facile coinvolgere capitali privati.
Ma nemmeno impossibile. Az Fly andrà in pareggio nel 2006 e potrà pagare un dividendo l'anno dopo. Sarà una società assai più leggera e focalizzata sul business dell'attuale Alitalia. Non sarà mai un global carrier perché non ha una flotta adeguata a quest'ambizione, ma presidierà il mercato interno...

La interrompo: Alitalia, si dice, il mercato interno l'ha presidiato fin troppo. C'è stata, si aggiunge, troppo poca concorrenza.
Permetterà a un manager che si è formato nel mercato concorrenziale della grande chimica privata di contrastare questi discorsi demagogici. Il trasporto aereo è stato liberalizzato nel 1993. Air France ha cominciato subito a ripensare la sua posizione, Lufthansa poco dopo. Alitalia arriva adesso, ed è triste che abbia continuato a pensarsi come monopolista quando non lo era nei fatti. Ma le compagnie di bandiera francese e tedesca hanno rispettivamente l'80 e il 70% del mercato domestico. Due anni fa Alitalia, con il 66% del mercato italiano, cercò un accordo con Volare e venne fermata dall'Antitrust. Ora ha il 43% e credo debba proprio riconquistare quote di mercato. Vogliamo creare le basi per crescere o farci del male? Sa quanti sono i carrier Usa che possono atterrare a Heathrow?.

Dica lei.
Sono due. Si sono messi d'accordo così. Per proteggere British Airways. E stop. Gli aeroporti italiani, invece, sono stati l'approdo privilegiato di tutti, low cost in testa. Sono altre le attività ancora in monopolio in questo Paese!.

Torniamo al progetto industriale.
Az Fly non sarà una compagnia domestica, ma collegherà l'Italia all'Europa e alle nuove destinazioni del business: alla Cina, all'Est europeo, al Sud America. Il resto del mondo lo coprirà in partnership con altri vettori. Nelle prossime settimane inaugureremo nuove rotte verso Zagabria, Timisoara, Budapest, San Pietroburgo, Shanghai. Inoltre Az Fly sarà il carrier for Italy: la nostra rete di agenzie venderà il prodotto Italia in tutte le grandi capitali. E Az Service già attira multinazionali come Ibm, Eds, Accenture.

In attesa dei privati avete chiesto alle banche di trasformare i loro crediti in azioni?
Abbiamo 1,4 miliardi di debiti. Ne abbiamo parlato fra noi, ma non ancora con le banche.

Nel 2002 la Fiat ottenne che le banche consolidassero 3 miliardi di crediti che, in caso di mancato rimborso, si trasformeranno in azioni secondo proporzioni convenienti per il debitore. Proporrete alle banche un "convertendo Alitalia"?
È un'idea che merita di essere approfondita.

Il presidente della Sea, Bencini, si è detto pronto ad acquisire azioni Alitalia se si impegna su Linate. Non credo agli intrecci azionari tra clienti e fornitori. Con le società aeroportuali avvieremo trattative di altro genere: sulla qualità e i costi dei servizi facendo valere il peso specifico del fatturato che portiamo. Ci piacerebbe avere l'attenzione che concedono alle compagnie private.

Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha detto che, se non collabora al lancio di Malpensa, il salvataggio dell'Alitalia non serve a nulla.
Ho la responsabilità dell'Alitalia, non del sistema aeroportuale italiano. I problemi di Malpensa derivano dall'insufficienza dei collegamenti con l'Italia settentrionale, non da colpe di Alitalia.

Massimo Mucchetti

Massimo Mucchetti (Brescia, 1953) è oggi senatore della Repubblica. Ha lavorato al “Corriere della Sera” dal 2004 al 2013. In precedenza, era stato a “l’Espresso” per diciassette anni. E prima …