Gianni Riotta: Kerry punta sul baseball nella finalissima con Bush

25 Ottobre 2004
Milioni di americani in ansia per l'esito della sfida. Chi festeggerà? Gli eroi del Texas, patria di Fort Alamo o i beniamini del Massachusetts, culla dell'università di Harvard? Vincerà l'America popolare e petrolifera della metropoli di Houston o l'America cerebrale e progressista di Boston? Ve lo chiedete e pensate a George W. Bush, il presidente campione del Texas repubblicano contro il senatore John Kerry, erede di una famiglia antica di Boston, Massachusetts. E invece no, parliamo di baseball, "il passatempo nazionale" come gli americani chiamano lo sport incomprensibile per noi europei. Mercoledì notte i Red Sox, i calzettoni rossi di Boston, hanno eliminato la mitica squadra di New York, i New York Yankees, meritandosi la prima pagina del "New York Times”, il mugugno di migliaia di tifosi nel Bronx e un posto nella storia. Perdevano per tre partite a zero nello spareggio al meglio di sette partite e, con una rimonta senza uguali, hanno battuto i "bombardieri" di New York, 4-3. Se ieri, nella notte italiana, la squadra degli Astros di Houston è riuscita ad avere la meglio sui Cardinals di St. Louis la sfida per il titolo assoluto, le World Series si aggiudicherà nel duello Texas contro Massachusetts, anticipo del 2 novembre, Bush-Kerry. Inutile provare a ricordare che, richiesto di citare il suo giocatore preferito dei Red Sox, il senatore Kerry abbia risposto serafico "Manny Ortez", anche se nella formazione che ha stritolato i poderosi Yankees nessuno ha quel nome, c'è un Manny Ramirez e un David Ortiz, nessun "Manny Ortez". E altrettanto inutile notare che Bush è legato ad una diversa squadra del Texas, i Rangers, che ha amministrato come presidente, per conto di un gruppo di azionisti. Se gli Astros battono i Cardinals (non c'entra il Vaticano, sono uccellini rosso carminio) sarà Bush contro Kerry sul diamante del baseball e poche storie! Un editoriale di Mark Wiedmer sul quotidiano "Chattanooga Times”, del Tennessee, rispolvera il duello tra gli eroi per decidere delle guerre ai tempi di Omero: "Se gli Astros si batteranno contro i Red Sox, il presidente Bush e lo sfidante Kerry si schiereranno con le squadre dei loro Stati. E allora perché non risolvere così la disputa? Se vincono gli Astros la Casa Bianca va a Bush. Kerry vince se lo scudetto va agli adorati Red Sox. Comunque sia, meglio scegliere il presidente grazie all'effetto del lancio curvo di una palla che per le schede fasulle della Florida". Come Wiedmer ha previsto, John Kerry ha invitato le telecamere a riprendere in diretta la sua esultanza mentre l'asso Johnny Damon umiliava gli Yankees con i fuori campo (la partita è finita 10-3 per Boston). I consiglieri democratici moltiplicano i paragoni: su Boston pesava la maledizione di Babe Ruth, l'asso venduto agli Yankees il cui spettro impedirebbe ai Red Sox di vincere le World Series dal 1918. Mito sfatato come quello che dal 1960, dopo Kennedy, impedisce a un liberal del Massachusetts l'accesso alla Casa Bianca. E gli Yankees sono la squadra dell'ex sindaco Rudolph Giuliani, che dal Madison Square Garden, alla Convenzione repubblicana di agosto, ha guidato la carica contro Kerry. Di più: come Bush gli Yankees avevano più soldi in cassa, il favore dei pronostici, erano in vantaggio e confortati dalla storia. Modello perfetto della rimonta del concittadino Kerry. Il senatore democratico s'è svegliato così all'alba, mentre a Boston i tifosi, ubriachi dopo la notte di feste, tornavano a casa, ed è andato a caccia, tuta mimetica e doppietta. Due amici tenevano per il collo un paio di splendide, e sfortunate, oche selvatiche, una - pare ma non ci sono testimoni - preda della mira di Kerry, "anche se ero distratto, troppo tifo per i Red Sox!". Mike McCurry, dolce e intelligente ex portavoce di Bill Clinton ora nel team di Kerry, minimizza imbarazzato: "Il senatore vuole che l'America scopra chi è davvero". I milioni di fan del baseball, i milioni di cacciatori e iscritti alla potente lobby delle armi, National Rifle Association, guardano il Kerry "macho" e magari lasciano cadere la diffidenza. Nelle sue memorie Bill Clinton attribuisce la sconfitta di Al Gore contro Bush proprio alla propaganda della Nra. E Bush? Il presidente ha lanciato la prima palla in una partita degli Yankees, subito dopo l'attacco dell'11 settembre 2001, dalla lontana posizione del pitcher, rischiando figuracce. E ha mandato la First Lady, Laura Bush, a dare il via a un match degli Astros. Il consigliere prediletto, Karl Rove, ha strutturato la campagna elettorale su due gruppi di elettori, "gli uomini Nascar", i maschi bianchi che seguono le corse automobilistiche Nascar, la Formula 1 d'America, e la destra religiosa. Nel baseball milioni di cittadini condividono fede sportiva e fede in Dio. Del resto le due Americhe descritte da Michael Barone nel monumentale Almanac of American politics, una secolare l'altra religiosa, una progressista l'altra conservatrice, una amica dell'Europa e dell'Onu l'altra isolazionista, una favorevole ai mercati l'altra protezionista, sono riprodotte alla perfezione nel baseball. Lo studioso di geopolitica Michael Mandelbaum, in un suo geniale nuovo saggio, The meaning of sports, spiega che il tifo è la religione quotidiana del nostro tempo: "Le partite rispondono al bisogno umano di crearsi una comunità amica, che dalla preistoria è il ruolo delle religioni. Come le religioni, lo sport offre una verità diversa dalla vita quotidiana, un modello di coerenza e chiarezza, un esempio eroico da ammirare ed emulare". Secondo Mandelbaum, il baseball è lo sport dell'America rurale e semplice, il football del Paese industriale, con il culto della forza nato nel dopoguerra, il basketball s'impone nell'era della tv e del computer, quando la squadra conta più degli individui. Sarebbe dunque appropriato che il duello Astros del Texas conservatore contro Red Sox del Massachusetts progressista anticipasse quello dei candidati dalle stesse caratteristiche, Bush e Kerry. Un duello nel gioco nato quando gli Usa erano potenza bambina anteprima del duello politico per decidere il leader dell'ultima superpotenza.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …