Gianni Riotta: I passi falsi dell'Onu

10 Gennaio 2005
Lo tsunami che ha ucciso almeno 150 mila esseri umani alluviona anche l’equilibrio precario seguito alla guerra in Iraq. Mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si chiude mesto in riunione per meditare sul proprio futuro, il presidente George W. Bush convoca i suoi predecessori, il padre George H. W. Bush e il democratico Bill Clinton, a galvanizzare i soccorsi. Il segretario di Stato uscente, Colin Powell, vola in Indonesia con il governatore della Florida Jeb Bush, e il presidente Susilo Bambang Yudhoyono e il ministro degli Esteri Hassan Wirayuda, entrambi laureati in America, schiudono le porte della possente nazione islamica. Perfino la regione di Aceh, finora chiusa per la guerriglia secessionista, accoglie gli americani. La Bbc inglese intervista un capitano dei marines impegnato nella ricostruzione, e l’uniforme mimetica indossata da John Wayne nei kolossal di guerra si sovrappone nella fantasia popolare, come simbolo benefico, ai caschi blu Onu. Domani a Giacarta si raccolgono in summit leader cinesi, giapponesi, americani e l’europeo Barroso. Ma Bush è stato il più lesto a cogliere l’occasione per contrastare il rancore seguito all’attacco a Saddam. Trecentocinquanta milioni di dollari (257 milioni di euro) in aiuti a popolazioni in prevalenza musulmane, l’esercito Usa a costruire ponti e nutrire bambini, l’esortazione alle organizzazioni dei volontari e all’opinione pubblica a mobilitarsi con generosità, faranno da sfondo all’inaugurazione del secondo mandato di Bush, temperando l’icona del Guerriero con quella del Samaritano. L’Onu, gravata dagli scandali per il contrabbando di petrolio sotto Saddam Hussein e le violenze sessuali in Africa, si vede soffiato il posto in prima fila nello sforzo per salvare milioni di affamati, malati e feriti. Nei mesi passati abbiamo criticato il Palazzo di Vetro per la scarsa trasparenza, la pompa burocratica e la miopia sui diritti civili, senza mai dimenticarne il ruolo indispensabile. Ma se il segretario generale non riconosce errori e difficoltà, gli tsunami, naturali e politici, sommergeranno la sua organizzazione. Anche per gli europei il maremoto suona campana d’allarme: l’Unione deve imparare a reagire alle calamità con una task force unitaria, non solo singoli contributi nazionali. La commissaria Benita Ferrero-Waldner proverà a organizzarne una di almeno 5.000 unità, sarà bene che l’Italia dia il suo contributo. Nel frattempo l’iniziativa è in mano alle Ong, i gruppi privati di volontari di base, con i soldi di americani e giapponesi (384 milioni di euro) e i muscoli delle truppe Usa. La tragedia del dicembre 2004 vede l’accidia del presidente russo Putin, il gigante cinese donare 50 milioni di euro, l’Onu rallentata, gli Usa al centro. Mentre a Bagdad i fondamentalisti islamici combattono irriducibili contro le prossime elezioni, lungo le sponde dell’oceano occidentali e asiatici, civili e soldati, cristiani, ebrei e musulmani lavorano insieme per strappare alla morte nuove vittime. Sono "nazioni unite" con le iniziali minuscole, senza bandiera, elezioni, Consiglio di sicurezza, diritti di veto e funzionari. Tocca ora alle Nazioni Unite con le maiuscole tornare ad essere per la coscienza di milioni di cittadini quello che sono state nei momenti migliori della loro storia, intense, umanitarie e coraggiose. Se non ci riusciranno, prigioniere di camarille, oligarchie e manovre politiche, lo tsunami sarà un nuovo passo, forse decisivo, verso la perdita di influenza: un male per il nostro mondo che solo riforme serie, energiche e radicali scongiureranno.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …