Gianni Riotta: Nel 2123 la tartaruga Ue raggiungerà la lepre Usa

17 Marzo 2005
L’impegno che gli europei presero a Lisbona era audace, diventare entro il 2010 la più dinamica e innovativa economia del pianeta. Più ricca degli Stati Uniti, meglio radicata dei giapponesi nel sapere della nuova tecnologia e dei servizi, con una qualità della vita che per i cinesi è rimasta ancora un lontano sogno a venire. Da quel patto audace siamo ancora lontani. Fieri di non avere le tensioni sociali che spesso attraversano il mercato del lavoro Usa, orgogliosi dello stato assistenziale, noi europei non abbiamo operato a sufficienza per restare fedeli alla tabella di marcia che ci eravamo proposti. E la sveglia è venuta da un rapporto burocratico, di quelli così irti di cifre che tendiamo a sorvolarli di sottecchi annoiati, e che invece, purtroppo, come una cartella clinica ci indicano il grado di salute delle nostre società. L’Associazione delle Camere di Commercio Europee ha calcolato in un suo studio che la rincorsa della tartaruga Europa sulla lepre americana richiederà molti più anni del previsto. Ci vorrà fino al 2023, quando i bambini nati quest’anno saranno maggiorenni, perché si realizzi l’aggancio sul numero di posti di lavoro a disposizione dei cittadini. E i bambini e le bambine europei classe 2005 saranno dei signori e delle signore di mezza età, nel 2056 quando l’Europa pareggerà la produttività americana, e avranno dei nipotini e la pensione quando, nel 2072 gli europei guadagneranno a testa quanto gli americani. Neppure i neonati 2005, però, saranno testimoni dell’ambito aggancio Usa-Ue a proposito di spesa per la Ricerca e lo Sviluppo, i motori di quell’innovazione che la nostra migliore classe dirigente invoca. I nostri laboratori avranno investimenti all’altezza dei rivali americani nel lontano 2123, quando il terzo millennio non sarà più così giovane. Non sembra una prospettiva esaltante e le ragioni della lentezza sono note a chi segue i giornali con cura. Spendiamo troppo in sussidi all’agricoltura, la metà del nostro bilancio e non abbastanza per la scienza. Difendiamo le generazioni anziane e lasciamo i giovani alla deriva. Proteggiamo chi ha un lavoro fisso ai danni di chi il lavoro lo ha perduto o non ce l’ha. Non creiamo corto circuito creativo tra Stato, imprenditori, università. Le antiche professioni tutelano i privilegi come gilde medievali. Viviamo l’emigrazione, perfino dei nuovi stati dell’Europa Orientale, come una minaccia e non un’opportunità, lasciando i cervelli informatici dell’Asia a guardare all’America e non a noi. Il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso è tornato al progetto di Lisbona chiedendo con urgenza ai governi dell’Unione le riforme economiche indispensabili di cui, per esempio, il recente pacchetto approvato a Roma è parte necessaria ma non sufficiente. Barroso impugna un argomento raramente usato in Europa, le riforme non sono un gioco crudele da Paperon de Paperoni, ma al contrario, avvierebbero lavoro a chi non ce l’ha e redistribuirebbero ricchezza oggi bloccata. "È vero che la produttività e le riforme causerebbero poi perdita di posti di lavoro e di settori, ma alla fine l’Unione Europea ne guadagnerebbe 600 mila. Gli stipendi in termini reali salirebbero e i prezzi dei servizi scenderebbero". Questo il vantaggio delle riforme che non vogliamo fare e il tempo stringe.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …