Alessandra Arachi: Sofri fuori due giorni al mese. Vuole lavorare alla Normale

21 Giugno 2005
Questa volta dal carcere è uscito per andare a giocare a pallone, una partita di beneficenza, artisti contro consiglieri regionali nel campo comunale di Cavriglia, in provincia di Arezzo. Adriano Sofri ha giocato nella squadra degli artisti, fianco a fianco con il cantante Piero Pelù, guancia a guancia nella foto con Cosimo Crolla, giudice del tribunale di Arezzo ( risultato finale: 2 a 2). Il fiato un po’corto: non ha retto che undici minuti appena. Sufficienti, però, per scatenare le immancabili polemiche. Perché questa volta la sua uscita dal carcere è stata accompagnata da un'altra notizia: Adriano Sofri andrà a lavorare alla Normale di Pisa, nella mega biblioteca ( 800 mila volumi, la più grande d’Europa) della Scuola, lì dove fu studente negli anni Sessanta. In realtà questo permesso non è ancora stato controfirmato dal magistrato di sorveglianza. E anche se la richiesta di Adriano Sofri è una normale procedura di articolo 21 ( lavoro all’esterno), per un progetto di ricerca sui fondi del centro d’eccellenza pisano, le prime indiscrezioni parlavano di una docenza dell’ex leader di Lotta Continua e le polemiche sono filtrate ancora prima di un chiarimento. Era già successo per il primo lancio di agenzia che parlava di un permesso dato ad Adriano Sofri per passare due giorni al mese nella sua casa di Firenze. Una sorta di beneficio permanente che ha suscitato, sempre via agenzia, immediate reazioni scomposte prima ancora che si chiarisse l’equivoco. Il permesso di Adriano Sofri altro non è che un permesso previsto dall’ordinamento carcerario ( articoli 61 e 61 bis), ogni volta firmato dal magistrato di sorveglianza. È stato lo stesso ministro della Giustizia Roberto Castelli a confermarlo. È già da alcuni mesi che Adriano Sofri chiede ed ottiene permessi per uscire dal carcere di Pisa, lì dove sta scontando una pena di ventidue an ni, accusato di essere stato il mandante per l’omicidio del commissario di Luigi Calabresi. Il primo permesso, nell’agosto del 2004, Sofri lo aveva ottenuto per rifare la sua carta d’identità. Per fare un bagno a Marina di Pisa con la sua compagna Randy. Fece scalpore, quella volta lì: era la prima volta che il detenuto Sofri vedeva il sole senza le sbarre a coprirlo. Poi le sue uscite erano passate sotto silenzio, fino a ieri. Poi Sofri era uscito per andare a casa a Natale e anche a Pasqua, per partecipare ad una manifestazione in ricordo di Giorgio Gaber, per l’inaugurazione del maggio musicale fiorentino e forse, alla fine, ci aveva creduto anche lui che i benefici di legge dovuti a tutti i detenuti potevano essere dati anche a lui, senza più clamore. La verità è che Adriano Sofri ha ben poco del detenuto comune, con un processo che ha attraversato tre gradi di giudizio, vari ribaltamenti e diciassette anni di vita del nostro Paese. Lui che non ha mai voluto chiedere la grazia perché ha sempre continuato a proclamare la sua totale innocenza ha dalla sua un comitato permanente che da tre anni e mezzo non ha mai smesso di sostenerlo. Per capire: è da 1227 giorni che oltre duemila persone continuano a fare uno sciopero della fame a staffetta. Garantisce Silvio Francia, leader di questo comitato che si chiama ‟libero libero” : ‟Abbiamo totalizzato 15 mila 130 giorni di sciopero complessivo. Anche se adesso c’è stato un appello di Marco Boato affinché venga sospeso questo sciopero a staffetta. Stiamo aspettando che la consulta si pronunci sulla questione sollevata dal presidente Ciampi in merito alla grazia. Di più non potevamo ottenere”. Non chiede la grazia il detenuto Adriano Sofri. Ma da detenuto comune si gode la libertà di una partita di calcetto, in compagnia della sua compagna, di suo figlio Nicola, dei suoi amici di sempre, immancabili.

Alessandra Arachi

Alessandra Arachi, nata a Roma nel 1964, giornalista al “Corriere della Sera”, con Feltrinelli ha pubblicato: Briciole. Storia di un’anoressia (1994), da cui è stato tratto l’omonimo film per tv con la …