Massimo Mucchetti: Bergamo e Brescia. La sfida della rete

15 Luglio 2005
Bergamo e Brescia sono terre di mezzo. Volta a volta area d’espansione orientale del Ducato di Milano o retroterra occidentale della Serenissima nei secoli passati, rischiano oggi di essere ridotte a satelliti del capoluogo lombardo o a propaggini veteroindustriali di un Nord-Est che è stato arrembante ed è la porta naturale dei traffici verso la Germania e la Nuova Europa post comunista. L’incontro tra i sindaci e le giunte delle due città vorrebbe evitare un simile deludente destino. Divise da una vecchia rivalità, esaltata dai riti tribali degli ultras dell’Atalanta e delle Rondinelle, le due cittadinanze esprimono in realtà un establishment che già sperimenta collaborazioni importanti nella cultura e nell’economia.
È fin troppo facile ricordare il Festival pianistico internazionale Benedetti Michelangeli. Ma ben più rilevante è l’identica matrice ideologica dell'”Eco di Bergamo” e del ‟Giornale di Brescia”, entrambi legati alla Curia o a istituzioni cattoliche. Una vicinanza che si fa concreta nella grande tipografia comune di Erbusco, all’uscita dell’autostrada, e che domani avrebbe - se i poteri editoriali sapranno uscire dal localismo bianco - la forza per esercitare una straordinaria attrazione nel caso vacillasse la proprietà di qualche importante testata del Nord. Un’affinità che trova ulteriori espressioni nell’alleanza tra il gruppo cementiero Pesenti, massima industria orobica, con la Banca Lombarda e la Mittel di Giovanni Bazoli, azioniste di Banca Intesa e Rcs MediaGroup.I fili che la società civile ha intrecciato ora vengono riannodati dai pubblici poteri locali. L’incorporazione della Bas, l’ex municipalizzata di Bergamo, nell’Asm di Brescia è stata la prima, travagliatissima mossa per costruire quella che il sindaco della città orobica, Roberto Bruni, definisce la ‟coalizione territoriale”. Ma l’agenda dell’incontro è fitta: infrastrutture (BreBeMi e aeroporti di Orio e Montichiari), ospedali, università, politica culturale (grandi mostre, festival pianistico), ospitalità alberghiera. Dice il primo cittadino della Leonessa, Paolo Corsini: ‟Il localismo ormai distrugge il locale”. Le città non si arroccano più attorno al campanile, ma si mettono in rete. Gli interessi spingono alla svolta: all’integrazione delle competenze, alla divisione del lavoro e allo scambio delle sovranità. La politica degli scali aeroportuali è, al proposito, esemplare dei danni delle piccole ambizioni provinciali e di una liberalizzazione scriteriata. L’ulivista Corsini non è riuscito, finora, ad avere una partecipazione nell’aeroporto di Montichiari, controllato dal Valerio Catullo di Verona, a causa del veto di un azionista di minoranza, la Provincia di Brescia, polista. Che ora il Comune entri con una piccola quota nella Sacbo di Orio, controllata dai cugini ulivisti di Bergamo, può essere il segno di una compensazione rispetto all’affare Asm-Bas, e anche un invito alla collaborazione, o forse una puntura di spillo, rivolto all’altro ente locale bresciano. Ma l’operazione potrà dirsi riuscita solo quando metterà capo a una razionale divisione del lavoro tra scali, avendo il quasi hub di Malpensa come punto d’orientamento e il Catullo come terminale orientale. Il Catullo è veneto? Pazienza. Come dimostra la politica di alleanze dell’Asm con Trento e Verona, e quella dell’Aem di Milano verso le ex municipalizzate emiliane e altoatesine nell’affare Edison, i confini regionali, ormai, non disegnano più, se mai l’hanno fatto prima, comunità chiuse. La rete che l’economia e la cultura stanno costruendo è aperta. La politica, se non vuole limitarsi al libro dei sogni, non può non tenerne conto. E così l’incontro dei due Comuni rappresenta anche una sfida per la Regione Lombardia a rimontare il mosaico degli interessi senza cedere alla tentazione di superare il vecchio campanilismo semplicemente costruendone uno un po’ più grande.

Massimo Mucchetti

Massimo Mucchetti (Brescia, 1953) è oggi senatore della Repubblica. Ha lavorato al “Corriere della Sera” dal 2004 al 2013. In precedenza, era stato a “l’Espresso” per diciassette anni. E prima …