Gianni Riotta: New Orleans. La superpotenza sconfitta in casa

05 Settembre 2005
New Orleans come Bagdad. Gang che sparano agli elicotteri, saccheggi, la Guardia Nazionale in armi, morti per strada, pericolo di epidemie, economia a rischio, centinaia di migliaia di profughi. Anarchia, forze armate impotenti, violenti che controllano i crocicchi, telecamere sul disastro. L’analisi politica sulle conseguenze dell’uragano Katrina è nitida: un disastro per gli Usa, per l’amministrazione repubblicana di George W. Bush, per la popolosa città e la regione di New Orleans. I nemici degli Stati Uniti gioiscono cinici, i siti islamici parlano di ‟punizione divina contro il Grande Satana Amerika”. Con più malizia, il despota venezuelano Hugo Chavez promette gasolio a prezzi scontati a 8 milioni di poveri statunitensi, per proteggerli dal loro presidente ‟che se ne stava in vacanza nel ranch texano invece di aiutare le aree alluvionate”.
Che la reazione della superpotenza Usa a Katrina sia stata tardiva, inefficiente e disastrosa è evidente. I democratici affilano le armi per il dibattito di Washington, i repubblicani provano a prendere le distanze dal crollo degli aiuti e della prevenzione, ma la vera, seria, domanda è perché, come è stato possibile che l’anarchia, in poche disperate ore, abbia preso il potere a New Orleans? Le risposte sono legate alla identità profonda degli Stati Uniti, al di là della propaganda patriottarda che ne fa Paese senza pecche e della livida retorica che li riduce a lager plutocratico. La realtà dell’America, Paese diviso in due dalla fine della Guerra Fredda, è una nazione che lavora al ritmo ossessivo delle formiche e consuma con la gioia e la nonchalance delle cicale. La forza degli americani, l’ottimismo che permette infinita innovazione e sviluppo, è spesso la radice delle loro tragedie. Le case più belle di Los Angeles sorgono su colline destinate a franare davanti ai sismi che attendono la California. Decine di comunità sorgono in aree che soffriranno di alluvioni e uragani. Ma, come per il debito crescente delle famiglie e della nazione, gli americani sono certi che, in qualche modo, la storia provvederà, la natura darà una mano, si ricostruirà sulle macerie. Le stime calcolano già in 25 miliardi di dollari (31 miliardi di euro) il costo di Katrina, ma precisano che la ricostruzione e gli aiuti porteranno più ricchezza. Il colonnello Ebbert, capo della Homeland Security di New Orleans, l’uomo che dovrebbe difendere la costa Sud da Osama bin Laden, parla con la violenza dei ragazzetti dei siti no global: ‟È criminale quel che sta accadendo. La gente non ha da mangiare. È come se Fema, la Federal Emergency Management Authority, non avesse mai visto un uragano prima. Siamo uccellini affamati nel nido, che ci voleva a nutrirci?”. Ci voleva una società civile forte, sostenuta da aiuti esterni rapidi ed efficienti. Quello che ha risollevato Los Angeles in poche settimane dal terremoto 1994 e San Francisco dal sisma che distrusse la marina davanti ad Alcatraz. Il clima di solidarietà vibrante che animò New York e Washington dopo gli attacchi di al Qaeda, quattro anni fa. Ma il Sud povero è un’altra cosa. Louisiana, Alabama, Arkansas e Mississippi patiscono una rurale povertà dove le scuole diplomano analfabeti, la disoccupazione è da nostro Mezzogiorno, la violenza sociale diffusa. Le gang che rastrellano i quartieri allagati non sorgono con Katrina, tormentano i loro vicini da anni, l’uragano le ha solo liberate dalla polizia.
L’esame di coscienza del dopo Katrina sarà lungo e doloroso. Si ripenserà all’America che funziona, quella delle Università di Louisiana e New Orleans che in uno studio del 1999 avevano previsto con precisione la rottura delle dighe sotto un uragano, quella della rivista Scientific American che nel 2001 aveva anticipato il caos di oggi, quella dei funzionari Fema che ammonivano perfetti nel 2000 ‟tre catastrofi aspettano gli Usa, un attacco terrorista a New York, l’alluvione di New Orleans e un sisma a San Francisco”. Ma ci si chiederà perché, dalle riserve di petrolio greggio, alla politica delle raffinerie, al mix di consumo facile benzina e regole ambientaliste severe, manchi una razionale politica energetica. Katrina ha denudato molte contraddizioni. La Guardia Nazionale interviene tardi perché le sue unità servono in Iraq anziché a casa. Bush voleva tagliare dalla finanziaria 2006 71 milioni di dollari (39 milioni di euro) alla voce ‟emergenza uragani New Orleans” e 23 milioni al genio civile, tutto per cercar quattrini contro il terrorismo. I nemici godono del disastro Usa. Gli amici devono dare una mano e bene fanno Europa e International Energy Agency a offrire petrolio e aiuti: ma gli amici devono anche ricordare cosa non funziona e come politiche sbagliate e disagi sociali abbiano aperto il varco alla furia distruttrice di Katrina.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …