Gianni Riotta: Siamo bambini viziati. Non vogliamo giocare con il Pakistan dei poveri

12 Ottobre 2005

Il premio Nobel per l'economia è andato a Robert Aumann e Thomas Schelling, pionieri della ‟teoria dei giochi”. Aumann con formidabili modelli matematici, Schelling con approccio da umanista, perseguono un analogo tentativo teorico: come prevedere, in qualunque situazione umana, il comportamento degli altri? Immaginatevi davanti a un portiere, con il pallone sul dischetto del rigore: se fingete a destra abboccherà?, meglio tirare a sinistra visto che di solito tirate a destra? Ecco un esempio di teoria dei giochi, ma non sorridete perché ogni nostro movimento, dal chiedere o no la mano a una fidanzata riottosa, investire secondo la logica corrente nel mercato o contraddirla, scontrarci con il capoufficio o tenercelo buono, decidere per chi votare, è analizzabile secondo le tesi di Aumann e Schelling.
Nel suo classico saggio del 1960 The strategy of conflict, Schelling usa i giochi per disegnare la strategia americana dell'equilibrio nucleare contro l'Urss. In poche parole: finché Mosca era consapevole che, pur attaccando per prima, Washington restava comunque in grado di reagire distruggendola a sua volta, allora conveniva mantenere la pace armata. Stessa considerazione valeva per gli Usa. Il gioco della minacciata distruzione reciproca ha evitato il gioco dell'inverno atomico. Schelling è persuaso che, da bambini, abbiamo tutti innato questo equilibrio ragionevole, ‟non fare agli altri quello che non volete fatto a voi”, saggezza da Sermone della Montagna che diventa nella vita quotidiana il semplice ‟mettiamoci nei panni degli altri”. Proviamo allora a usare il gioco vincente della Guerra Fredda, guardando, per esempio, all'indifferenza annoiata con cui i media hanno seguito il disastroso sisma che ha colpito il Pakistan. Si tratta dello stato chiave nella guerra al terrorismo, al cui confine vivono i quadri di Al Qaeda e forse Osama Bin Laden, patria dello scienziato Abdul Quadeer Khan che ha venduto segreti nucleari come kebab. Se ora, davanti a 30 mila morti, una generazione di bimbi cancellata, con i talebani all'offensiva in Afghanistan (16 morti), il regime di Pervez Musharraf cedesse alla rivolta fondamentalista, il mondo resterebbe esposto a un arsenale di missili atomici in un Pakistan retto da terroristi.
Il terremoto è una sfida politica immediata, ma per capirlo dovremmo metterci nei panni dei poveri profughi del Kashmir: non ne abbiamo né la saggezza né la generosità, e ci apriamo una trappola atroce. Così anche per la questione dei sussidi all'agricoltura ricca che impoveriscono i Paesi poveri. Lunedì, finalmente, gli Stati Uniti hanno proposto di ridurli fino all'83% entro il 2010, smettendo di predicare il mercato al Terzo Mondo per strangolarlo poi col protezionismo. L'Europa ha subito smorzato, per paura di offendere le lobby agricole e ha bocciato la data 2010. Risultato, le cooperative dei produttori africani andranno in miseria, l'emigrazione crescerà: ‟Quando gli elefanti combattono, l'erba soffre” commenta amaro un leader africano. Basterebbe giocare come Schelling, metterci nei panni dei contadini alluvionati dai pingui eurosussidi per capire che lo scandalo deve finire. Non lo faremo, continueremo a dare più soldi alle mucche, due euro al giorno, che non alle persone e poi a scandalizzarci per l'emigrazione clandestina. È un gioco facile quello del Nobel, rispettare anche gli altri: ma siamo bambini viziati, vogliamo tenerci i bei giocattoli tutti per noi, senza dividerli con nessuno.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …