Gianni Riotta: I bus di Rosa Parks e il buon senso perduto di Bologna

27 Ottobre 2005
Cinquant’anni or sono, il primo dicembre 1955, la signora Rosa Parks salì sul bus di Cleveland Avenue, Montgomery, Alabama. Non era semplice allora per una donna afroamericana usare i mezzi pubblici nel Sud degli Stati Uniti. I sedili anteriori erano riservati ai bianchi, quelli di mezzo potevano essere usati dai neri quando non c’erano bianchi a bordo, solo quelli posteriori erano per gli afroamericani. Se l’autobus era affollato, un nero doveva accedere dalla porta anteriore, pagare il biglietto, ridiscendere di corsa risalendo dalla porta di dietro, nella speranza che l’autista, dispettoso o del Ku Klux Klan razzista, non lo lasciasse a piedi. L’autista del bus a Cleveland Avenue, James Blake, non sopportava i niggers, i negri. Già una volta aveva scacciato la signora Parks, troppo impertinente per Montgomery. Nella sezione di mezzo siedono con lei tre persone. Quando sale un passeggero bianco, con malagrazia Blake intima ai quattro niggers di spostarsi e, se non ci sono più posti, di scendere malgrado il biglietto. I tre poveretti, a capo chino, obbediscono, Rosa dice di no, si fa arrestare, lancia il boicottaggio di oltre un anno dei mezzi pubblici da parte degli afroamericani. Contro il razzismo c’è chi fa 60 chilometri a piedi, ogni giorno, per andare al lavoro.
Eroina della battaglia dei diritti civili, Rosa Parks è morta ieri: è tanto popolare nelle scuole americane che quando dico a mia figlia Anita, IV elementare, «Rosa Parks è morta» lei si commuove. La notizia della scomparsa di Rosa mi appare da un flash sul video, mentre ragiono di sinistra italiana. A Bologna Sergio Cofferati si scontra con i no global, ‟Liberazione” gli dà dello «stalinista» e stavolta non per complimento, ‟il manifesto” del «cileno». Cofferati, che entusiasmò la piazza mobilitando tre milioni di persone in difesa dell’articolo 18, come Stalin o Pinochet? Perché tanto rancore? In parte perché Cofferati - come era prevedibile - ha deluso la sua base, illusa che il riformista della Cgil alla Pirelli si fosse trasformato in Guevara. Cofferati esagerò allora a parlare di «diritti violati» per una questione contrattuale e a usare la bomba atomica dello sciopero per cambiare la lampadina dell’articolo 18. Non si trattava di posti negati in autobus per il colore della pelle, ma di riorganizzare il mercato del lavoro. Si poteva trattare. Quando oggi Cofferati, con buon senso, mette ordine nel suk che è Bologna centro, tra ubriachi, gang e spaccio, gli danno del «Pinochet»: sbagliano, delusi dal «Cinese».
Alla vigilia delle elezioni politiche 2006 la questione centrale della sinistra è tutta qui: riappropriarsi del buon senso. Quando la Montgomery dei neri si ferma per Rosa Parks è evidente a tutti, buoni o cattivi, dove stia il buon senso e dove l’arroganza. Oggi Cofferati usa il buon senso, ieri trascurato, e si vede trattato da «dittatore». Per capire questa ira è utile il libro di Luca Ricolfi, Perché siamo antipatici?, dedicato alla tesi che la sinistra sia impopolare perché astrusa e narcisista. Ricolfi ha ragione, ma a metà: è «antipatica» la sinistra riformista che lui difende, quella radicale resta «simpaticissima». Il Che sventola sugli stadi. Gino Strada è amico dei Vip. Gli ex terroristi sono guru da prima pagina e best seller. Alla testa del movimento Cofferati era «simpatico», gli anchormen discettavano ammirati della sua passione per Tex Willer e Verdi. Da sindaco diventa «antipatico». La sinistra raziocinante è «antipatica» perché non dimostra passione, non scalda gli animi. Se i ragazzi di Bologna capissero che democrazia, sviluppo, integrazione e rispetto anche per i diritti civili degli anziani con la pensioncina in tasca e le ragazze in giro sole la notte sono una rivoluzione, che il buon senso conta più di uno slogan rauco ecco che la sinistra tornerebbe d’incanto «simpatica», capace di commuovere i bambini: come ai tempi di Rosa Parks.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …