Gianni Riotta: Mozart, il geniale Don Giovanni dell’arte democratica

26 Gennaio 2006
Qualunque cosa abbiate in mente di fare nei prossimi giorni, assicuratevi di mettere da parte qualche minuto e ascoltate un brano di Mozart. Scegliete quel che vi pare, un coro di voci felici dal Flauto Magico, il terrificante Dies irae del Requiem, l’eleganza razionale di uno dei 27 concerti per piano suonati dalla Uchida o la passione viva di un’esecuzione di Pollini. Se siete in vena della Clemenza di Tito, o di un’altra delle 21 opere, di una delle 41 sinfonie, del concerto per corno che Mozart scrisse pur di saldare il conto del salumaio, qualunque brano vi torni in mente, fosse pure la Marcia Turca che a Carosello faceva da jingle alla pubblicità del detersivo Supertrim, ascoltate il genio più gentile dell’umanità. Il 27 gennaio è il 250° compleanno di Mozart. Ovunque celebrazioni e concerti, il ‟New York Times” teme l’alluvione di retorica, Bill Kristol, direttore del settimanale neoconservatore americano ‟Standard”, dedica la copertina a Wolfgang Amadeus ‟talmente grande da risultare etico”, e il politologo di Princeton, Andrew Moravcsik, cambia professione e, su ‟Newsweek”, calcola che i 600 brani di Mozart colmano 200 dischi e ‟ogni anno Mozart scriveva più musica di quanta i Beatles ne abbiano registrato nella loro carriera”. Sarebbe bello che il compleanno di Mozart fosse celebrato non solo dai musicisti, dai critici, nei simposi universitari, ma da tutti noi, dalla gente semplice, perché il genio non indirizzò mai le sue note all’imperatore, ai colleghi rivali, neppure al povero Salieri che il bel film di Milos Forman ha fatto diventare killer. Mozart, e questo è il dono da ricordare con gratitudine nel 250° compleanno, scriveva per chiunque si presentasse a teatro, popolani come Zerlina e Leporello, aristocratici come il Commendatore, eroi fantastici come Papageno. Il Novecento e la modernità hanno infranto l’idea classica greca che la cultura alta fosse democratica, un artigiano poteva dibattere con Socrate, apprezzare le immagini di Prassitele e le sculture di Fidia, assistere a una tragedia di Eschilo. L’avanguardia ha rotto il nesso, pochissimi tornano a casa e ascoltano Cage, i romanzi del Nobel 1985 Claude Simon sono impervi alla lettura, arti visive e poesie hanno smarrito l’intesa con i comuni esseri umani. Il loro valore artistico, spesso sublime, si coglie solo con una lunga iniziazione culturale. Non così Mozart. Vi commuove e atterra, consola e rallegra, fa innamorare e interrogare. È solenne come Bach, spiritoso come Rossini, possente come Beethoven, umano come Verdi, moderno come Stravinskij e d’avanguardia come Berio. Non vi basta? È dolce come i Beatles, rauco come gli Stones, sexy come il rap e struggente come Ray Charles. Kristol cita il critico Allan Bloom: ‟Mozart è il più grande antidoto contro il nichilismo”, e ha ragione, una specie che ha prodotto un individuo come Amadeus non merita di essere sterminata dal Pianeta, e deve certo essere stata toccata da un’impronta unica. Inutile sentirsi piccini davanti al ragazzo gettato nella fossa comune a soli 35 anni. Al contrario il brano che sceglierete per celebrare Mozart, vi ricorderà quanto di buono e bello c’è in noi. Il filosofo Wittgenstein amava dire che ‟ciò che è grazioso non è bello”, per indicare la scala gerarchica estetica che poi Adorno codificherà con il filo spinato della teoria dei Tre studi su Hegel e Prismi: da qua, reietti, jazz e cultura di massa, da lì, iconici, Hegel e Beethoven. Mozart, genio democratico, scriveva le sue note senza una correzione sul suo spartito, indifferente a che venissero suonate alla prima del più grande teatro del tempo o fischiettate per strada da un garzone innamorato.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …