Gianni Riotta: Primo: Fermare Hezbollah

27 Luglio 2006
Davanti al cratere di una casa sventrata da un missile Hezbollah, il popolare sindaco di Haifa, Yona Yahav, consola le vittime e spiega: ‟Mi piacerebbe ricordare al mondo che sono stato il primo politico israeliano a proporre il ritiro dal Libano. In Parlamento mi sono battuto per lasciare Gaza, prima di Sharon. Sono favorevole a restituire alla Siria le alture del Golan e a lasciare, domani stesso, ai palestinesi l'intera Cisgiordania. Non ho nessun problema a negoziare con Hamas. Ho votato contro tante missioni militari. Di sinistra come me, in Israele, non c'è nessuno. Ma sulla reazione ai bombardamenti Hez bollah non ho dubbi. Andare avanti fino a che la minaccia non sarà sradicata e al confine del Libano non verrà applicata la risoluzione 1559 dell'Onu”. L'appello di Yahav, sindaco pacifista, è rivolto al vertice che oggi si apre a Roma, ospiti il premier Prodi e il ministro degli Esteri D'Alema, presenti i capi delle diplomazie americana, Rice, e russa, Lavrov, per avviare un'intesa al cessate il fuoco in Galilea. Sarà bene che i leader raccolti nella capitale riflettano sul messaggio di Yahav. Israele potrà negoziare su ogni punto dell'interminabile lista di crisi che la oppone ai vicini arabi e ai palestinesi. Perfino sedersi, come Yahav propone con audacia, al tavolo sotto le verdi bandiere di Hamas, giurate alla distruzione della Stella di Davide. Ma non potrà permettere che la milizia fondamentalista sciita di Nasrallah, armata, finanziata e in coordinamento strategico con Iran e Siria, sconvolga il Paese, impedendo le trattative di pace, con il pretesto di riavere le Fattorie di Sheba che le Nazioni Unite non assegnano al Libano. È giusto e opportuno che da Roma, come già dall'Onu e dal G8, venga un invito caloroso alla saggezza e alla moderazione nella risposta militare di Gerusalemme agli attacchi, ma sarebbe ipocrita mettere sullo stesso piano aggrediti e aggressori. Ogni vittima è, in sé, una tragedia morale, ma chi diffonde su Internet le foto dei bambini libanesi dilaniati farebbe bene a ricordare anche la quindicenne arabo-israeliana, uccisa innocente nel villaggio di Mghar da un ordigno Hezbollah. Applicare la logica notarile del ‟chi fa di peggio?” in Medio Oriente significa rassegnarsi alla mattanza. Da Roma, e dai successivi sforzi della diplomazia, mentre cannonate e razzi sorvolano le colline e gli specchi d'acqua cari al profeta Elia e a Gesù, si deve ottenere che Hez bollah sia disarmata e trasformata da milizia in partito politico civile, e che il primo ministro libanese Siniora, così rafforzato, dislochi l'e sercito al confine. Raffreddata la situazione, ognuno perseguirà ragioni e interessi come meglio sa. Se la comunità internazionale, indifferente, lascerà Israele sola davanti a Hezbollah, ogni formazione estremista della regione sarà incoraggiata e Hamas diverrà intrattabile. In Israele, le voci raziocinanti saranno zittite a vantaggio dei leader persuasi che la forza sia il solo linguaggio comprensibile nel Medio Evo del Medio Oriente. C'è una nuova generazione a Gerusalemme, che sa di non potere più fare a meno del mondo e vincere, o perfino sopravvivere, contro tutti e tutto. Se il vertice di Roma si incamminerà in questa direzione, sconfiggere la violenza Hezbollah, rafforzare autonomia e democrazia in Libano con sostegni economici allo sviluppo e dialogare in Israele con chi vuole pace e sicurezza, la Città Eterna avrà una nuova gloria di cui fregiarsi.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …