Massimo Mucchetti: Telecom, gli spagnoli portano i soldi che l’Italia non trova

04 Maggio 2007
Il tricolore non è stato ammainato da Telecom Italia. Almeno per ora. Nella nuova Olimpia, che avrà il 23,6% dell’ex monopolio dei telefoni, il 58% sarà intestato a Generali, Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Benetton. Dei 15 consiglieri di amministrazione solo 2, e senza deleghe, saranno nominati da Telefonica. Quando trattavano con Marco Tronchetti Provera, gli spagnoli pretendevano di essere eletti partner esclusivi di Telecom, premessa formale di una rapida conquista, essendo Pirelli e Benetton troppo deboli per contrapporsi. Telecom avrebbe dovuto accettare di farsi legare le mani affinché Pirelli ne avesse un vantaggio. Guido Rossi la considerò una proposta indecente e si giocò la presidenza. Ora quell’impostazione è stata corretta. Telefonica avrà come soci, oltre a Benetton, tre istituzioni finanziarie italiane, abbastanza forti da garantire, sulla carta, l’autonomia della dirigenza di Telecom. L’azionista industriale sembra rassegnarsi al ruolo di socio finanziario pur pagando un sovrapprezzo. Meglio di prima. Ma durerà? Partecipando a Olimpia, Cesar Alierta taglia la strada di Telecom alle altre major europee. Ma gli basterà? Il colosso madrileno è destinato ad avere un peso superiore alle apparenze. Potrebbe, per esempio, far lega con i Benetton, che sono legati ad Abertis, gestore catalano di autostrade: a quell’Abertis che, come Telefonica, conta La Caixa tra i suoi azionisti principali. Fra tre anni, poi, ogni socio potrà uscire da Olimpia essendo rimborsato in contanti o in azioni Telecom. In quest’ultimo caso, Telefonica si porterebbe a casa il 10% e, con Benetton, quasi il 12% dell’ex monopolio. Una way out anticipata si aprirebbe solo se Telecom vendesse cespiti per oltre 4 miliardi fuori d’Italia, e cioè Tim Brasil, senza il consenso spagnolo. In questo matrimonio d’interessi, Mediobanca, Generali e Intesa-Sanpaolo hanno le spalle abbastanza larghe per fare la loro parte, ma è pur vero che la loro prima scelta era una soluzione tutta nazionale, senza mettere un concorrente in casa di Telecom. E non è meno vero che quella prima scelta si è rivelata impraticabile per ragioni di potere e di cassa. Mediobanca non aveva i numeri per imporre la mera scissione di Pirelli, che avrebbe emarginato Tronchetti Provera e concentrato troppa influenza in piazzetta Cuccia. Avrebbe forse dovuto integrarla con un’Opa per le minoranze azionarie della Pirelli scissa, ma il suo «circolo» non voleva impegnare troppi soldi o chiedere, in quella fase, soccorso a Intesa. Stessi problemi per la cordata immaginata da Intesa: le mancavano 1,5 miliardi di capitale. Parliamoci chiaro, Telefonica non sta portando know how o mercati, ma i quattrini che l’Italia non ha saputo trovare. E nulla garantisce che, al dunque, questi quattrini saltino fuori. Telefonica si sta preparando all’eventuale show down con un aumento di capitale da 25 miliardi che, sommato all’autofinanziamento, la renderà presto capace di tutto. La garanzia più forte per Telecom Italia sarà il valore del suo titolo. Se salirà, verranno a cadere anche le riserve filosofiche sull’intervento di Intesa-Sanpaolo: gli investimenti si misurano dai risultati prima che dalle intenzioni. Quando Mediobanca comprò il 35% di Ferrari da Fiat, si accusò Vincenzo Maranghi di strapagare per ragioni di potere, salvo riconoscere, anni dopo, che aveva fatto guadagnare la ditta. In questa logica, la prima cartina di tornasole sarà la scelta del consiglio e del management di Telecom: se verranno confermati i pirelliani senza più Pirelli o se si tornerà, dopo 10 anni di sperimentazioni, a chi di telecomunicazioni se ne intende e ha chiari i limiti oltre i quali scattano i conflitti d’interesse.

Massimo Mucchetti

Massimo Mucchetti (Brescia, 1953) è oggi senatore della Repubblica. Ha lavorato al “Corriere della Sera” dal 2004 al 2013. In precedenza, era stato a “l’Espresso” per diciassette anni. E prima …