Fabrizio Tonello: Costretti a rincorrere, ancora senza strategia. I repubblicani tra Iraq ed economia

01 Agosto 2008
C'è qualcosa di curioso nel fatto che il consenso quasi unanime, tra i repubblicani, è che John McCain perderà le elezioni, mentre i sondaggi lo danno a ‟soli” 5 punti di distacco da Barack Obama (41% contro 46%) e i media, Cnn in testa, si ostinano a descrivere le presidenziali di quest'anno come un ‟testa a testa”.
La verità è molto vicina all'opinione prevalente tra deputati, senatori e altri notabili repubblicani che, in fondo, avrebbero tutto l'interesse a sostenere l'opposto per non smobilitare le loro truppe. Da che parte spirasse il vento si era capito già l'anno scorso, quando un numero record di membri del Congresso aveva scelto di non ripresentarsi e di riciclarsi come lobbista. Già questo ha creato una situazione favorevole ai democratici: i seggi senza candidati uscenti (bene conosciuti e ben finanziati) sono più facili da conquistare.
Le previsioni di un sostanziale allargamento delle maggioranze democratiche al Senato alla Camera divergono solo sulle dimensioni della vittoria democratica in novembre. Gli analisti più prudenti ipotizzano un guadagno di 4 o 5 seggi al Senato e di 10-12 alla Camera, in aggiunta ai 30 seggi guadagnati nel 2006 e ai tre seggi in Illinois, Louisiana and Mississippi (circoscrizioni che avrebbero dovuto essere sicure per i repubblicani) conquistati in elezioni parziali in maggio e giugno.
La debolezza d'immagine dei repubblicani in materia di politica estera è particolarmente delicata quest'anno perché l'Iraq fa da test per entrambi i candidati: McCain (seguito supinamente dai mass media) sostiene che la ‟sua” strategia, quella di aumentare il numero delle truppe sul campo, ha funzionato: il numero di attentati è diminuito e dello stillicidio di perdite americane non si parla quasi più. In pratica, McCain si propone come leader post-11 settembre, il solo in grado di affrontare la delicata fase di consolidamento del regime iracheno e di ritirare una parte delle truppe senza abbandonare Baghdad al suo destino.
Il problema di Obama, da sempre contrario alla guerra, è che non può cambiare una posizione che gli ha fruttato un consenso decisivo durante le primarie, ai danni di Hillary Clinton che nel 2002 aveva votato a favore dell'invasione. Per di più, il 50% degli americani ritiene che, nel lungo periodo, l'Iraq sarà considerato un fallimento. Nel breve periodo, invece, le pressioni per non esporsi politicamente all'accusa di aver ‟abbandonato” gli iracheni alle milizie filo-iraniane o addirittura ad al-Qaeda saranno fortissime. Nessuno, all'interno dell'establishment economico-politico, vuole veramente abbandonare il paese eil suo petrolio, benché nessuno sappia bene cosa fare.
I repubblicani cercheranno quindi di fare delle elezioni un referendum sull'Iraq ma neppure questo è sicuro perché basta dare un'occhiata ai sondaggi per scoprire che la preoccupazione principale dei cittadini, quest'anno, è l'economia, considerata in pessime condizioni dall'81% degli intervistati. Entrambi i partiti sono quindi prudenti sui temi da lanciare come asse portante della loro campagna d'autunno e questo spiega il carattere sotto tono di questa fase delle presidenziali.
I vecchi marpioni repubblicani sanno però che dietro questa calma apparente sta montando la tsunami di Barack Obama, un'ondata di rigetto verso le politiche di Bush negli ultimi 8 anni. ‟La base repubblicana si sta restringendo alla stessa velocità con cui il prezzo della benzina sta aumentando”, ha detto Vin Weber, un ex deputato repubblicano e stretto collaboratore di Newt Gingrich, lo speaker della Camera che nel 1998-99 tentò di destituire Bill Clinton attraverso la procedura dell'impeachment.
E un altro ex Congressman, ancora sufficientemente legato ai vertici del partito da richiedere l'anonimato, dice: ‟McCain non ha un messaggio chiaro, ha cincischiato nei tre mesi in cui Obama e Clinton si scannavano fra loro, quando avrebbe potuto prendere un vantaggio decisivo. Era il meglio che potessimo avere quest'anno, ma è troppo lontano dalla base del partito e troppo incerto come leader per poter battere Obama”.
Il nostro interlocutore sottolinea che, dopo decenni in cui i repubblicani si sono identificati con una posizione totalmente negazionista per quanto riguarda l'effetto serra, al punto da sopprimere i documenti scientifici dello stesso governo quando contraddicevano la loro ideologia, ‟per McCain è velleitario volersi presentare su posizioni ambientaliste: gli ecologisti comunque votano per Obama”.
McCain ha rotto con la posizione di Bush sul clima proprio per distanziarsi da un presidente impopolare (di cui, peraltro, condivide le posizioni sulle tasse, l'aborto e il possesso di armi) ma sembra lui stesso incerto fra due strategie opposte: corteggiare la tradizionale base repubblicana o invece cercare di spostarsi al centro e conquistare gli elettori indipendenti.
Questa difficoltà di mettere a fuoco la strategia si è tradotta, la settimana scorsa, in un drastico cambio al vertice tra i suoi collaboratori: è arrivato Steve Schmidt, che è un collaboratore storico di Karl Rove e quindi della strategia di polarizzazione che ha ben funzionato nelle elezioni del 2000 e del 2004. Resta però come consigliere anche Rick Davis, che è invece un moderato, fautore di una strategia di conquista degli indipendenti. I due si detestano e la confusione, quindi, rimane.
Le tattiche giorno per giorno, gli spot televisivi, i dibattiti possono essere marginalmente influenti ma i ‟fondamentali” della campagna elettorale sono chiari: il 41% dei votanti si identifica oggi con i democratici e solo il 31% con i repubblicani. E poiché, in tempi di crisi, gli indipendenti tendono a votare contro il partito del presidente in carica, il vantaggio di Obama è semplicemente incolmabile, qualsiasi cosa dicano i sondaggi. Le vecchie volpi della politica di Washington non si sbagliano.

Fabrizio Tonello

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di …