Fabrizio Tonello: Presidenziali USA. 700 miliardi spesi male

30 Settembre 2008
Una straordinaria partita di poker è in corso a Washington e il piatto è ben più ricco di quello di qualsiasi torneo di Las Vegas: 700 miliardi di dollari, quasi 500 miliardi di euro. La partita è eccezionale non solo per le somme in gioco ma anche per i giocatori: molti non si comportano come ci si aspetterebbe.
Per esempio, mentre il presidente Bush e il suo segretario al Tesoro Paulson hanno resuscitato il ‟socialismo dei banchieri”, ovvero vogliono impegnare il governo nel più costoso intervento pubblico in economia dai tempi della Tennesse Valley Authority, 70 anni fa, i deputati repubblicani della Camera sembrano voler andare a vedere il bluff dell'amministrazione, rifiutando di votarlo, sostenendo ‟se le banche debbano fallire, che falliscano”. I democratici, che dovrebbero proteggere gli interessi delle famiglie senza casa prima di quelli dei banchieri, sostengono, invece, il piano. A condizione che includa clausole simboliche come le riduzioni di stipendio per i manager responsabili del disastro. Siccome sanno leggere i sondaggi anche loro, non vogliono lasciare ai repubblicani il merito di votare contro un salvataggio altamente impopolare fra i cittadini e quindi, a loro volta, bluffano: ‟Se i repubblicani non votano a favore, nessun accordo! Muoia Sansone con tutti i filistei”.
Al momento in cui il manifesto va in stampa, le cose stavano in questi termini ma non è detto che nella notte, o nel fine settimana, qualcuno dei giocatori non decida di aver rischiato abbastanza e si rassegni ad accettare la soluzione proposta dagli altri. Chi prevarrà al tavolo verde, per il momento, è impossibile dirlo. La cosa più bizzarra, in questa partita da cui dipendono le sorti dell'economia americana, e quindi mondiale (almeno a breve termine) è il fatto che nei negoziati in corso a Washington nessuno sembra aver messo sul tavolo la calcolatrice e calcolato quanto davvero dovrebbe costare il salvataggio. Economisti come Paul Krugman e James Galbraith sostengono che in realtà il problema non sono le banche di Wall Street bensì la situazione economica delle famiglie incapaci di pagare le rate del mutuo e che ogni intervento governativo dovrebbe prima di tutto risolvere questo problema, se si vuole evitare che l'economia americana tracolli. Per capire se i conti di Paulson sono corretti occorre calcolare l'importo dei mutui in sofferenza. Secondo i dati del Joint Center for Housing Studies (Università di Harvard) nel 2007 i pignoramenti sono aumentati del 79%, un'enormità, ma corrispondevano soltanto all'1% dei mutui in corso, cioè a circa 111 miliardi di dollari.
Anche stimando un raddoppio di questa cifra a causa del peggiorare delle condizioni economiche arriviamo a poco più di 220 miliardi di dollari, nemmeno un terzo della cifra richiesta dal Tesoro. Come mai l'amministrazione Bush chiede 750 miliardi, somma nettamente superiore al necessario? Semplice, i mutui sono stati in parte pagati: non è che le famiglie abbiano smesso di pagare dalla prima rata, accettando di perdere la casa. Al contrario, moltissimi americani si sono svenati per tentare di difendere il frutto dei loro sacrifici e si sono rassegnati al pignoramento solo dopo aver pagato il dovuto, talvolta per molti anni. Ma questo non è nemmeno il problema principale: le banche, quando i debitori sono diventati insolventi, hanno recuperato le case ipotecate.
Ora, per quando le condizioni del mercato possano essere sfavorevoli, questi immobili prima o poi si venderanno, non è che valgono zero. I casi in cui la perdita raggiungerà il 50% del mutuo erogato dovrebbero essere del tutto eccezionali: una riduzione di valore del 20-30% sembra un'ipotesi più realistica, come avvenne negli anni '80, quando il governo dovette intervenire per salvare migliaia di piccole casse di risparmio che avevano ceduto alla tentazione della finanza allegra. Se così fosse, il 70% dei 220 miliardi dovrebbe essere recuperabile e il costo del salvataggio diventerebbe circa 70-80 miliardi di dollari. L'anno scorso, le principali banche di Wall Street hanno distribuito 120 (centoventi) miliardi di dollari in bonus e premi ai dirigenti. Sono questi che si vogliono salvare? In realtà no, se il banchiere Paulson (ex Goldman Sachs) chiede 700 miliardi, cioè una cifra dieci volte superiore a quella giustificata dalle perdite sui mutui immobiliari, la ragione è un'altra: i bilanci di banche, assicurazioni e altre istituzioni finanziarie nascondono perdite sui derivati e i credit-default-swaps ben maggiori di quelle provocate dal settore edilizio. Sono queste ‟scommesse” in prodotti finanziari esoterici che minacciano di portare al tracollo l'intero sistema finanziario americano e sono queste perdite che Paulson, con il pretesto dei mutui subprime vuole coprire. Non a caso, il testo che ha presentato al Congresso contiene una clausola per cui gli interventi del Tesoro in base a questa legge non potrebbero essere contestati davanti ad alcuna autorità amministrativa o tribunale: un codicillo palesemente incostituzionale ma necessario per poter usare a discrezione i fondi che oggi vengono richiesti con tanta urgenza.

Fabrizio Tonello

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di …