Il prode samurai contro il barbaro fuurigan

04 Giugno 2002
Nel primo, temutissimo appuntamento di domenica sera, non è successo nulla, anche perché, per fortuna, la nazionale inglese non ha perso la sua prima partita contro la Svezia. Ma tra i giapponesi non è certo venuta meno l'ansia - quasi un'isteria collettiva - per i fuurigan, l'equivalente fonetico più simile di cui dispongono per pronunciare l'inglese «hooligan». Grazie anche a una martellante campagna stampa, mano mano che il campionato del mondo si avvicinava, da due mesi a questa parte l'immagine del barbaro fuurigan si è ingigantita, incombendo sempre più minacciosa sulle tre città chiamate a ospitare le partite della nazionale inglese nella prima fase eliminatoria: Saitama (2 giugno), Sapporo (7 giugno contro l'Argentina) e Osaka (il 21 giugno contro la Nigeria). L'incontro più temuto è quello del 7 giugno, vista la rivalità, non solo calcistica, che oppone tifoseria argentina e britannica: basti ricordare la guerra delle Falkland-Malvinas nel 1982. Tra l'altro, Sapporo (la città che ha già ospitato i giochi olimpici invernali nel 1972) ha lo stesso nome della più famosa birra giapponese, e la birra - come si sa - è il lubrificante preferito dei fuurigan. Tale è il timore, che a Osaka l'associazione dei bottegai di Nishitanabe, a cinque minuti dallo stadio Nagai, ha varato la prima assicurazione della storia giapponese contro i danni da tifo calcistico. Circa 200 commercianti hanno pagato un premio di 5.000 yen, 43 euro - secondo The Independent-, 4.500 yen - secondo il Christian Science Monitor (Csm) - per essere coperti fino a un danno di 10 milioni di yen, 83.000 euro.

Ai cittadini sono state mostrate e rimostrate le videocassette sulle violenze dei tifosi inglesi durante i campionati del mondo di Parigi nel 1998. Questa volta i tifosi non saranno 25.000 come allora, visto che viaggio e soggiorno costano più di 8.000 euro (il volo Londra-Tokyo è di 12 ore non stop attraverso la rotta polare, e la vita in Giappone è carissima: come fanno notare i quotidiani anglosassoni, un bicchiere di birra costa 4 sterline, 6,5 euro). Ciò nonostante di tifosi anglosassoni ne sono attesi in Giappone tra i 5.000 e i 10.000 (secondo l'Independent), o tra i 6.000 e 8.000 (per il Csm): la cifra resta comunque stupefacente: 6-8.000 persone disposte a spendere l'equivalente di 16-20 milioni di lire a testa per seguire la propria squadra.

La polizia giapponese ha fatto lunghe esercitazioni, in cui alcuni poliziotti vestiti da fuurigan venivano caricati coi manganelli dalle squadre antisommossa. È sta provata anche un'arma a rete per imbrigliare gli hooligans (sarà forse a imitazione dei reziari nei giochi gladiatori dell'antica Roma?). Scotland Yard ha messo a disposizione della polizia giapponese una lista dei più pericolosi facinorosi e venerdì 17 maggio ha vietato a più di 1.000 tra loro di recarsi in estremo oriente. Addirittura, quando il 21 maggio c'è stata a Seul l'amichevole Corea del Sud-Inghilterra, agenti sudcoreani sotto copertura si sono infiltrati nello stadio (anche se pare poco credibile che molti coreani abbiano potuto mimetizzarsi da fuurigan). Poliziotti inglesi hanno controllato gli aeroporti giapponesi e sudcoreani. È stato assegnato uno speciale ufficiale di collegamento per la coppa del mondo nella persona dell'Assistant Chief Constable Ron Hogg. Venerdì 31 maggio dieci tifosi inglesi sospettati di essere mestatori sono stati respinti dalle autorità giapponesi, mentre altri 12 erano detenuti e interrogati a Tokyo.

Denis MacShane, il funzionario del Foreign Office (il ministero degli esteri britannico) incaricato dei problemi della Coppa del Mondo, aveva preannunciato in una visita a Tokyo: «Questa volta, se qualcosa va storto, non verranno ammoniti: "Bambino cattivo, sali sull'aereo...", no questa volta vedranno la prossima Coppa del mondo mangiando riso in una prigione giapponese». Anche col rischio che la sorveglianza troppo stretta risulti controproducente. Riferisce il Guardian che le preoccupazioni sono aumentate dopo che, arrivati in Giappone, tre tifosi di Stockport (periferia di Mancherster) sono stati seguiti ininterrottamente per tre giorni dai poliziotti giapponesi. Kevin Miles, dell'Associazione Football's Supporters dice: «Per farti passare dalla giovialità all'incazzatura non c'è niente di più efficace che essere pedinati in continuazione dai poliziotti».

Che i giapponesi temano gli hooligans è comprensibile. Il loro campionato di calcio, la J-League, risale solo al 1993 e i loro appassionati sono mitissimi. Durante i campionati del mondo a Parigi, nel 1998, i tifosi giapponesi si resero famosi per essersi offerti volontari per ripulire lo stadio dopo le partite a cui avevano assistito. La violenza negli stadi è quindi sconosciuta: ecco perché - se i tifosi inglesi sono i più paventati - sono temuti anche argentini, tedeschi, italiani.

Ciò non toglie che le precauzioni sembrino davvero eccessive. Ovunque, nelle stazioni delle metropolitane, sono stati portati via portacenere e pattumiere nel timore che diventino armi improprie. Secondo l'Asahi Shimbun, milioni di yen sono stati investiti per risistemare le celle di polizia per ospitare retate di massa. L'ordine degli avvocati ha nominato difensori per chi sarà incolpato. Traghetti sono stati requisiti per trasportare gli arrestati nei centri di detenzione a Honshu. La preoccupazione è tale che i tribunali distrettuali di Saitama e Sapporo hanno sospeso le loro udienze regolari per dieci giorni a partire dal primo giugno. La procura di Sapporo si aspetta di essere inondata di processi a fuurigan. I magistrati si aspettano almeno 100 arresti. I tribunali ritengono perciò che i 20 procuratori non avranno il tempo di trattare altri casi.

Qualche giapponese si è reso conto che la fobia anti-inglesi può sfuggire di mano e ricorre a contromisure, anche con effetti comici. L'Asahi Shimbun per esempio ricorda ai suoi lettori che, per quanto simili, gli irlandesi non sono inglesi e non sono fuurigan. A Saitama, dove alla fin fine (per ora) non è successo nulla, i commercianti si sono spaventati perché temono che qualunque straniero possa essere accolto come un vandalo: «Non ci sono tanti skinheads a Saitama, ha detto all'Independent Masato Hamanaka della locale Camera di commercio, e c'è il pericolo che la gente sia così ansiosa da prendere per hooligan chiunque venga qui». Perciò hanno assoldato cinque inglesi che vivono e insegnano in Giappone, perché si mettessero a recitare la parte dei tifosi inglesi per far capire ai nipponici come un europeo assiste a una partita.

Altrove il pregiudizio è meno divertente. Nell'area di Miyagi, dove si giocano 3 partite, un consigliere provinciale ha messo in guardia la giunta locale contro l'influsso degli stranieri che «vendono cocaina e non pagano il conto in albergo». Un esponente del partito-liberaldemocratico (il partito di governo del premier Junichiro Koizumi) ha proclamato che, «vista l'eccezionalità dell'evento, bisogna prendere in considerazione la possibilità di bambini indesiderati concepiti da stranieri che violenteranno le nostre donne» (forse questo signore pensava a quello che fecero i suoi connazionali in Cina e in Corea). A Osaka, una casalinga ha dichiarato al Csm che il 12 giugno (giorno della partita Inghilterra-Nigeria) «mi accerterò che i ragazzi stiano a casa, terrò il cane dentro e chiuderò a chiave la porta finché quelli non se ne andranno. Non voglio essere maleducata ma, da quel che ho visto, gli hooligans sono terrificanti». Le scuole elementari e medie saranno chiuse nel giorno della partita così che i genitori non debbano preoccuparsi che i figli siano intrappolati in disordini di strada.

Certo, c'è una parte di razzismo nei confronti degli occidentali, o piuttosto un radicato senso della superiorità giapponese rispetto al resto del mondo. Ma la realtà è più contraddittoria, perché timore e disprezzo sono misti a fascinazione ed emulazione. In fondo, la stessa città di Saitama - che tanto teme i fuurigan - si è battuta per ben 12 anni per ospitare queste partite, e il nuovo stadio è costato più di 700 milioni di euro. Un calciatore come Beckam ha un seguito incredibile nell'arcipelago del Sol Levante e nugoli di ragazzine non aspirano altro che e a un autografo di «Bekuhamu».

Né la comicità dei pregiudizi è appannaggio dei (per ora) pacifici abitanti del Sol levante. Per cercare di neutralizzare la campagna stampa che fa di tutti i tifosi inglesi una banda di pazzi furiosi, l'ambasciata britannica a Tokyo ha redatto un dépliant intitolato «Welcome! English supporters», di cui il New York Times ha pubblicato domenica alcuni estratti. Viene innanzitutto sottolineato che «Giappone e Inghilterra hanno molto in comune: sono ambedue isole ancorate al largo di grandi continenti, sono governate da governi parlamentari e hanno un amore per la letteratura e la musica». Però, bisogna ammettere che «sotto parecchi aspetti, le due culture urtano tra loro, particolarmente per quel che riguarda il consumo di alcool». Il pamphlet suggerisce ai ristoratori giapponesi di preparare forchette e coltelli per gli inglesi incapaci di maneggiare i bastoncini e si scusa in anticipo con tassisti e camerieri se i britannici cercheranno di dare mance: «Per rifiutare educatamente, dite: `Lei è molto gentile, ma dare la mancia non è necessario in Giappone' (in inglese)». Forse i giapponesi prendono gli inglesi per barbari, ma certo i diplomatici britannici prendono i nipponici per deficienti.

È straordinario il groviglio di sciovinismo, pregiudizi, subalternità culturale, desiderio di omologazione alla modernità globale e insieme fierezza di una propria ipotetica superiorità. Un groviglio che intraleggiamo non solo nella sfida tra il prode samurai e il barbaro fuurigan, ma anche nelle sottili differenze tra gli organi di stampa anglosassoni nel riportare le stesse notizie. L'inglese Independent dà voce a Akira Honzawa, funzionario comunale di Saitama, che dice: «La gente è preoccupata molto meno dal terrorismo che dagli hooligans». Per lo statunitense Christian Science Monitor, «il terrorismo è considerato la minaccia più grave che incombe sul torneo, ma anche gli hooligans sono presi molto sul serio».

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …