Marco D'Eramo: Il cavaliere della motosega

03 Ottobre 2002
Se nel 2004 George W. Bush verrà rieletto, negli Stati uniti non resterà in piedi un solo albero. Non si sa cosa abbiano fatto gli alberi all'attuale presidente degli Stati uniti, quale trauma infantile gli abbiano procurato, ma certo è che Bush dà prova di un'incredibile furia, di un pervicace accanimento nel sostenere chiunque voglia disboscare, segare tronchi, abbattere foreste. Una vera e propria dendrofobia, malattia che dovrebbe essere inclusa nei dizionari delle sindromi patologiche. Già il disegno di legge che autorizza lo sfruttamento dei pozzi petroliferi nei parchi nazionali dell'Alaska apriva la strada alle motoseghe. Poi la nuova amministrazione ha dichiarato che il modo migliore per prevenire gli incendi è eliminarne la causa, cioè l'esistenza dei boschi, tanto ce ne sono a sufficienza. Poi, quando è apparsa la malattia dei pini, quale credete che sia stata la cura proposta? Abbattere le foreste dei pini, naturalmente. Ma la tecnica più insidiosa messa in pratica dall'attuale amministrazione è quella di minare il divieto di costruire strade nelle Foreste nazionali. Procediamo con ordine. Stando all'annuario statistico (Statistical Abstract of the United States 2001), su una superficie di 9,37 milioni di kmq, gli Stati uniti possiedono 3 milioni di kmq di area boschiva (il 32,1%). Di questi 3 milioni di kmq, il 48% è di proprietà privata (1,44 milioni kmq), il 3,7% è di proprietà dei vari stati ((112.000 kmq), il 15,4% di proprietà federale (464.000 kmq). Rimane un milione di kmq, costituito per 768.000 kmq da Foreste nazionali (boschi protetti), per 200.000 kmq circa da parchi nazionali, e per 5.000 kmq da parchi statali. Le foreste nazionali rappresentano una superficie più che doppia rispetto all'Italia. Su queste foreste lo stato consente il taglio della legna (rispettando certe regole) e perciò - per facilitare il commercio del legname - l'Us Forest service ha costruito 620.000 km di strade, quattordici volte il giro della terra sull'Equatore. Ma il numero che dà la misura migliore di queste strade forestali è che l'intero sistema viario statunitense misura 6 milioni 328.000 km di strade, e quindi la viabilità forestale costituisce quasi un decimo del totale. Ora i nastri di asfalto hanno effetti nefasti sull'ecosistema della foresta. "Le strade destabilizzano i suoli, separano le varie aree, inquinano fiumi e laghi, seppelliscono semi e uova; bloccano la migrazione dei pesci; frammentano l'habitat naturale, eliminando animali che richiedono vasti tratti di terra incontaminata, come uccelli della foresta, alci, caribu, linci, lupi, orsi bruni. Le strade permettono un facile accesso motorizzato a gente che ucciderà pesci e animali selvaggi, o semplicemente li allontanerà con la propria presenza. Daranno facile accesso ai promotori che, con la benedizione del Servizio forestale, costruiranno megastazioni sciistiche e altri centri turistici", ha scritto Ted Williams in un lunghissimo articolo su Mother Jones dedicato ai rischi di disboscamento della Foresta nazionale Tongass in Alaska. Tongass è la più grande foresta pluviale in clima temperato della terra, e la più grande foresta nazionale degli Stati uniti con i suoi 70.000 kmq di superficie e i 18.000 km di coste dell'Alaska e dell'arcipelago Alexander. Nella sola foresta Tongass ci sono oltre 7.800 km di strade adibite al trasporto del legname tagliato.
Non solo. Il problema è che mantenere queste strade costa carissimo: per l'Us Forest service la manutenzione costerebbe infatti 8,4 miliardi di dollari, e così le strade vanno in rovina, e più si deteriorano le strade, più viene danneggiata la natura.
Il fatto è che il legname di queste foreste nazionali costituisce da sempre un gran serbatoio di clientelismo, voto di scambio, bustarelle. Per esempio, nel 1954 il governo federale firmò un contratto che consentiva alla Ketchikan Pulp Company di estrarre a prezzi stracciati 20 milioni di metri cubi (mc) di legno dalla Tongass National Forest. Tre anni dopo, consentiva con un altro contratto scontatissimo alla Alaska Pulp Corporation (di proprietà giapponese) di tagliare 12 milioni di mc dalla stessa foresta. Con questi contratti il governo federale concedeva alle due compagnie sussidi per 40 milioni di dollari l'anno per costruire strade per trasportare il legname. Ciò nonostante, i documenti rivelati nel 1981 rivelarono che la sola Ketchikan Co. aveva frodato il governo federale di almeno 76 milioni di dollari falsificando i dati sul legname tagliato. Eppure tutte e due le compagnie chiusero i battenti negli anni '90.
Non era un caso. Negli anni `90 l'amministrazione di Bill Clinton adottò un'aggressiva politica di conservazione ambientale. Bastano a dimostrarla le cifre sul legno tagliato nelle foreste nazionali, cifre che mostrano come il taglio di legname crebbe con le amministrazioni repubblicane di Ronald Reagan e George Bush padre, passando da 21 milioni di mc nel 1980 a 24,8 milioni di metri cubi nel 1990, ma crollò in modo drammatico sotto l'amministrazione democratica, scendendo a 11,4 milioni di mc nel 1994 e a 7,8 milioni di mc nel 1998. Nel 1996 Clinton nominò a capo del Us Forest Service il biologo della pesca Miachel Dombeck che durante il suo mandato, e con l'appoggio del presidente, bloccò la costruzione di strade in 120 foreste nazionali e propose che in 240.000 kmq di foreste (più di un quarto del totale) la costruzione di strade fosse bandita.
Queste misure godettero di uno strepitoso consenso da parte dei cittadini americani e così, appena arrivata al potere, l'amministrazione Bush non poté abolire la legge, come invece fece con i limiti consentiti di piombo nell'acqua e altre protezioni ambientali varate dai democratici. Adottò invece una strategia più subdola. Per prima cosa emise un decreto che ritardava di 60 giorni l'entrata in vigore della legge clintoniana contro le strade nelle foreste nazionali (la roadless rule). Il nuovo ministro della Giustizia, John Ashcroft, giurò davanti al Congresso: "Difenderò la roadless rule indipendentemente dall'averla appoggiata o meno come senatore". Invece il ministero della Giustizia non si oppose alle cause intentate contro la legge nei tribunali dell'Idaho, anzi espresse simpatia per le preoccupazioni di chi intentava causa. Il 10 maggio 2001, due giorni prima che la legge entrasse in vigore, il giudice la bloccò con un'ingiunzione preliminare, adducendo a ragione l'appoggio governativo ai querelanti. Nel luglio 2001, approfittando dell'ingiunzione giudiziaria, l'Us Forest service (Fs) si dette un periodo di riflessione per organizzare un sondaggio, emettendo una circolare "direttiva a interim" che lasciava decidere alle autorità locali se mantenere una foresta nazionale senza strade oppure no. Questa stessa direttiva stralciava 12 foreste nazionali (tra cui la Tongass) da quelle protette contro le strade.
Il 20 settembre 2001, dopo gli attentati alle Twin Towers, adducendo ragioni di sicurezza, l'amministrazione Bush propose di esimere dal controllo ambientale una serie di attività nelle aree roadless. In dicembre una nuova direttiva allentava gli standard nella costruzione di strade nelle Foreste. Infine il 17 maggio di quest'anno l'amministrazione Bush ha raccomandato che nessuno dei 37.000 kmq dell'area precedentemente protetta dalle strade della Foresta Tongass richieda protezione ambientale.
C'è un metodo in questa follia, ma forse la ragione della dendrofobia non va ricercata in un trauma infantile del giovane Bush, in un ramo che gli è caduto sulla testa, ma piuttosto nella struttura del suo governo e nei criteri con cui ha scelto ministri e sottosegretari. Nel ministero dell'agricoltura, il sottosegretario all'ambiente e alle risorse naturali è Mark Rey che prima faceva il lobbysta per l'industria del legname e che continua a rappresentarne gli interessi dalla sua poltrona governativa. Il rappresentante dei disboscatori chiamato a difendere i boschi!
Il problema è che quest'accanimento contro gli alberi non ha alcun senso neanche nella più stretta logica capitalista. Le aree protette come parchi e foreste nazionali costituiscono le maggiori attrattive turistiche e dell'industria del tempo libero negli Stati uniti. Ora, queste due voci rappresentano negli Usa un fatturato di 100 miliardi di dollari l'anno, mentre l'industria del legname genera solo 3,5 miliardi di dollari l'anno, ben 28 volte di meno. Quanto alla Foresta Tongass, lasciarla libera per il turismo e sgombrarla dai tagliaboschi con le loro motoseghe, navi e i loro camion, contribuirebbe almeno nove volte tanto rispetto a destinarla al taglio del legname. Ma gli operatori turistici sono piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, albergatori, ristoratori, non grandi corporations capaci di finanziare con decine di milioni di dollari le campagne presidenziali e del Congresso. Il loro impatto sull'economia locale è enorme, ma il loro peso politico è minimo. Non così i trafficanti di legno: si pensi a compagnie come quella fondata a fine '800 dall'emigrato tedesco Frederick Weyerhaeuser che nel 1913 sulla sola costa occidentale possedeva direttamente 9.000 kmq di boschi (una superficie grande come tutta l'Umbria), ma che - attraverso partecipazioni o filiali - controllava un sesto di tutto il legname degli Stati uniti. Per David Thoreau i pini erano "grandi arpe su cui il vento fa musica" e per Ralph Waldo Emerson i boschi erano "cattedrali della natura". Ma, parafrasando un noto detto, si potrebbe dire che agli occhi dei lobbysti di Washington e dell'amministrazione repubblicana, questi giganti naturali sono nani politici. Da abbattere al più presto.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …