Gianfranco Bettin: L'agire locale dopo Firenze

12 Novembre 2002
Per ragioni contingenti, e qui del tutto trascurabili, non ho potuto partecipare alla fase finale del forum sociale europeo e, quindi, ho seguito la grande manifestazione di Firenze un po' dalle avare cronache televisive e un po' dalle entusiastiche telefonate di chi stava sfilando. Immerso, nel frattempo, in situazioni diverse di questo Nordest, subivo un effetto spiazzante e istruttivo. Decifrabile solo a partire da una considerazione: il forum sociale si è tenuto in una capitale, in una fucina della globalizzazione, non in una sua periferia. L'Italia, la Toscana, e questo Nordest in cui mi trovo forse ancora di più, non sono luoghi "prodotti" dalla globalizzazione ma, in primis, luoghi che la producono. Sembrerebbe un'ovvietà, ma non lo è nella realtà concreta dell'azione politica e sindacale e nella percezione stessa di chi vive in tali contesti. La globalizzazione sembra "venire da fuori". In parte è così: le centrali strategiche, soprattutto politiche e militari, stanno altrove. Ma il contributo diretto di regioni come il Nordest e di paesi come l'Italia al processo di globalizzazione neoliberista è assai maggiore di quanto non si pensi comunemente. Ne consegue che, per il movimento, l'azione locale in tali situazioni è, molto spesso, direttamente un'azione globale. La fabbrica della globalizzazione, potente, insonne e spregiudicata, produce a ciclo continuo e con le stesse modalità (sfruttamento intensivo del lavoro, dell'ambiente e delle risorse, indifferenza per diritti e regole, prepotenza politica) e con gli stessi effetti (disarticolazione di diritti e vincoli, precarizzazione dei tessuti sociali e civili, alienazione e spaesamento, colonizzazione culturale, degrado ambientale, spreco di risorse, aggressività anche militare contro i "nemici"). Insomma, si può dire "stop global war" anche guardando a cosa succede dentro i confini locali e si possono contrastare fenomeni come la nube di smog proveniente dall'Asia anche agendo su poli locali di generazione di scarichi analoghi. Per non dire della lotta per tutelare diritti che su scala globale vengono sempre più insidiati.
Proprio di questo parla, ad esempio, Naomi Klein in una bella intervista che Internazionale riprende da Alternet, rivista online americana. L'intervista, pur titolata "Azione globale", in un passaggio cruciale rinvia proprio all'azione locale come modalità dirompente di articolazione dell'iniziativa di movimento. "Negli ultimi anni il peso maggiore della globalizzazione economica, si tratti di tagli al welfare, all'edilizia popolare, all'istruzione o all'assistenza sanitaria, è finito sulle città piccole e grandi. Per qualche anno ci sono state amministrazioni comunale depoliticizzate e pronte ad attuare questi tagli", scrive Klein, "Oggi mi sembra che nelle città stia emergendo un atteggiamente molto più conflittuale. Ci sono molti giovani che per buoni motivi non credono nella politica dei partiti, ma cominciano a interessarsi alla politica locale con l'idea che se puoi controllare l'amministrazione scolastica, se puoi controllare il consiglio comunale, allora, puoi trasformare la città in un luogo di resistenza (...)". Naomi scrive pensando al suo Canada e ad altri luoghi del nord del mondo, ma non si tratta di qualcosa di molto diverso da quanto è successo, per dire, a Porto Alegre o in altre realtà del Sud. Da quanto può/potrebbe succedere e, a volte, succede già anche da noi. E' già piena di cose l'agenda del dopo Firenze.

Gianfranco Bettin

Gianfranco Bettin è autore di diversi romanzi e saggi. Con Feltrinelli ha pubblicato, tra gli altri, Sarajevo, Maybe (1994), L’erede. Pietro Maso, una storia dal vero (1992; 2007), Nemmeno il destino (1997; 2004, da cui è …