Giorgio Bocca: Il nuovo "mito" revisionista

09 Gennaio 2004
Al principio il revisionismo fu un gioco per professorini che contestavano la storia dei loro padri, invidiosi della loro grande occasione ma, mano a mano, è diventato un rifiuto generale, un vizio negativo, una negazione dell´evidenza, un rivoltarsi nel nulla. Non c´è scampo per nessuno.
La guerra civile o se preferite la Resistenza non ci fu, lo ha dichiarato sul Corriere l´ambasciatore Bottai, figlio del ministro mussoliniano Bottai, il quale ha detto che ci fu solo "una dura occupazione tedesca" . Più radicale del senatore Pera per cui fu "un mito". Abbiamo appreso in questi giorni che quella che a noi parve una guerra di popolo con cinquantamila morti e ventimila feriti o non ci fu o fu irrilevante, secondaria, minoritaria nei confronti della "massa grigia", cioè di quelli che stavano alla finestra.
Oppure che ci fu ma che fu feroce, malvagia, scorretta nei suoi fini, serva della politica, faziosa. Che non scrisse storia ma una vulgata propagandistica, che non costruì democrazia ma una sorta di dittatura sbilenca assieme ai cattolici "rossi". Una impostura che pretese di aver vinto la guerra usurpando la vittoria agli alleati, una contesa fra partiti gabellata per una guerra risorgimentale e magari un´avventura di bravacci istigati dai sovietici e dagli angloamericani, su per giù quel che si dice della resistenza irachena.
Ma per prendere la sciagurata storia dal principio non passa giorno senza che vengano legati alla colonna infame i padri della Resistenza, gli antifascisti. Presi da una irresistibile voglia di verità totale, i grandi giornali dedicano pagine intere a raccontare come Norberto Bobbio scrisse una domanda di grazia al Duce e come Alberto Moravia si raccomandò per non perdere la collaborazione alla Gazzetta del Popolo di cui campava, cercando di evitare quel confino in cui, come ha opportunamente ricordato il nostro premier, gli antifascisti "venivano mandati in vacanza". Tutto da discutere l´antifascismo. Tutto da capire il neofascismo. C´è all´evidenza una centrale della diffamazione che accompagna il governo di centrodestra, i suoi giornali, le sue televisioni, i suoi servi, ma c´è anche una manifestazione di massa, una rivincita della zona grigia e magari nera che si toglie il gusto di mettere sotto accusa l´altra Italia, quella che ha osato, che ha pagato: vedete, vogliono dire i media, anche loro erano poco di buono, anche loro servivano, si inchinavano, mendicavano posti e clemenze. C´è una grande cloaca in cui molti, sempre di più, versano il loro veleno, anche in piccola dose.
Hai pagato in venti mesi di guerra partigiana il tuo biglietto di ritorno alla democrazia? Non basta. Non hai compiuto "il tuo travaglio storico". Dove eri negli anni del regime? Eri nel regime come quasi tutti gli italiani, ma con arguzia Gianfranco Fini può dire che "lui non c´era". Perché un altro aspetto buffo del rovesciamento delle parti è questo: voi partigiani in venti mesi non avete avuto il tempo di compiere il vostro travaglio storico, mentre i neofascisti del Msi, ci hanno impiegato una sessantina di anni, hanno avuto tutto il tempo per meditare nuove serie convinzioni democratiche.
Ricordo un´epoca simile, gli anni della restaurazione democristiana del ministro Scelba. Aveva in mano le grandi agenzie di informazione, ogni sera arrivavano nelle redazioni notizie di cronaca di questo stampo: "Ex partigiano rapina una banca" o violenta una quindicenne, uccide la madre, percuote la vedova, abbandona gli infanti. Allora lavoravo alle province di un giornale monarchico che aveva conservato il redattore capo di Salò. Io cancellavo "l´ex partigiano" e lui lo rimetteva. Così ogni sera.
Eravamo quasi orgogliosi della nostra guerra. Ma gli scontri di ogni sera nelle redazioni o in tipografia che continuano in tema di antifascismo o di fascismo, sono quasi un passatempo al confronto delle grandi ferite democratiche, delle violazioni della giustizia, delle molteplici forme di corruzione, del conflitto sempre più impudente di interessi, della decadenza della società civile. Non è un bel vivere quello che ci tocca. Ci muoviamo quotidianamente con fatica e disagio sempre maggiori in mezzo alla mediocrità e alle menzogne. La democrazia autoritaria è ormai un dato di fatto: il proconsole di Berlusconi mandato a controllare la televisione pubblica licenzia i satirici non graditi e presenta le sue censure, vedi il caso Deaglio, come legittima richiesta di rispetto: se mi rispetti devi lasciarmi controllare le tue interviste e i tuoi ospiti. E lo scrive, nero su bianco, in una lettera pubblica senza avere il minimo dubbio che l´interesse del padrone sia non solo obbligatorio ma dovuto e rispettabile.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …