Giorgio Bocca: Quella prova di forza

14 Dicembre 2004
Ventotto poliziotti sono stati rinviati a giudizio per «la mattanza di Genova» come la chiama il movimento di disobbedienti. Accusati di falso, calunnia e concorso in lesioni per l´irruzione nella scuola Diaz. Il vicepresidente di An La Russa ha subito dato la sua piena solidarietà ai poliziotti: «È ancor nitido il ricordo dei teppisti che misero a ferro e a fuoco Genova, confondendosi alla folla dei manifestanti. Mi sembra dunque quantomeno paradossale che vengano rinviati a giudizio agenti di polizia impegnati in quei giorni nell´arduo compito di assicurare l´ordine pubblico in un clima elettrizzato dalle continue provocazioni e dagli scontri preventivamente pianificati».
Da parte del Social Forum risponde immediatamente Vittorio Agnoletto che giudica «inammissibile che a garantire il rispetto della legge siano chiamati coloro che sono accusati di aver costruito prove false e di aver massacrato decine di giovani inermi colti nel sonno». E in aggiunta chiede che si arrivi ai mandanti, «alle responsabilità di chi ordinò e coprì tali violenze. Il processo che si aprirà il 6 aprile prossimo è solo un primo passo per la ricostruzione di quanto avvenne in quelle tragiche giornate».
La politica giudiziaria propone la ripetizione di un copione ormai obbligatorio nella Italia spaccata in due: i due campi politici ormai irrimediabilmente divisi rinviano alla magistratura il giudizio sui loro scontri e quale che sia la sentenza, chi perde accusa i giudici di complotto politico. I giudici che assolvono Berlusconi a Milano sono esemplari, quelli che condannano Dell´Utri a Palermo sono «comunisti». Da quando Silvio Berlusconi è "sceso in campo" questo scambio permanente, rabbioso e spesso irragionevole di accuse segna la politica e la vita civile italiana, gli interessi personali e di gruppo prevalgono sul bene del paese e sul normale funzionamento delle istituzioni. I fatti di Genova sono stati usati ampiamente in questi anni dalle opposte fazioni. Dice il vicepresidente di An La Russa che i dimostranti del Social Forum erano dei teppisti che «misero a ferro e a fuoco Genova». È una esagerazione di parte che riempì i giornali per mesi. Dall´opposto versante sono giunte e giungono accuse durissime: «Hanno taciuto, insabbiato, falsificato raccontando menzogne all´opinione pubblica. Hanno comprato il silenzio dei poliziotti, con promozioni e scatti di carriera, hanno negato e nascosto vigliaccamente le loro responsabilità. Sono quei politici che durante le violenze di Genova erano nella sala operativa del comando dei carabinieri a coordinare direttamente le operazioni». Chiara l´allusione ad alti personaggi come l´attuale ministro degli Esteri Fini. «Speriamo ? dice Francesco Caruso, il portavoce del movimento dei disobbedienti ? che questa vicenda serva a rompere finalmente il muro delle omertà». Una ricorrente quanto pia illusione che la guerra dell´Iraq ha confermato come tale. Lo Stato trova sempre il modo per mandare assolti o lievemente puniti i suoi servitori.
Fra i poliziotti che andranno a processo ci sono funzionari di alto livello: Giovanni Luperi all´epoca del G8 era il vicecapo dell´Ucigos, Francesco Grattieri era un dirigente dell´antiterrorismo. Vincenzo Canterini comandava il nucleo sperimentale di Roma e con essi i loro stretti collaboratori come il vice questore Pietro Troiani e Michelangelo Fournier, oltre gli agenti scelti che fecero irruzione nella scuola Diaz e impartirono ai giovani lì rifugiati una tipica violenta lezione poliziesca di cui testimoniano senza possibilità di smentite le telecronache e le testimonianze della stampa. I commenti da sinistra si dividono fra le accuse durissime che arrivano dai movimenti del Social Forum e quelle prudenti dei partiti. «La giustizia faccia il suo corso - dice Marco Minniti, il ds responsabile dei problemi dello Stato - ma si eviti ogni strumentalizzazione. In una grande democrazia il prestigio e l´onore delle istituzioni si difendono anche sapendo perseguire eventuali responsabilità individuali che, se accertate, in ogni caso non possono ledere in alcun modo la credibilità e affidabilità delle nostre Forze di polizia». Come a dire facciamo pure il processo ma la credibilità e l´affidabilità dei poliziotti comunque vanno confermate. Di questo processo si può prevedere con certezza che non sarà una pagina edificante della nostra vita pubblica. Gli scontri di Genova furono previsti e voluti da un esecutivo che voleva arrivare a una prova di forza. La riunione dei capi di governo poteva tenersi in un luogo protetto, fuori portata dalle manifestazioni giovanili. Ma si volle che si svolgesse in una grande città come Genova, fra le meno adatte a garantire l´ordine pubblico. Si volle Genova per dimostrare all´opposizione, violenta e barricadera, che ne sarebbe uscita con le ossa rotte. E così avvenne. Il processo che si apre non può che confermarlo. Quanto alle condanne, si vedrà.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …