Günter Grass divide i tedeschi: restituisca il Nobel
22 Agosto 2006
«Adesso restituisca quel premio. Non gliel' avrebbero mai dato, se si fosse saputa la verità».
La Germania è scossa dal terremoto-Grass, e le onde si propagano fino ai blog e ai forum dei quotidiani. «Quel premio» è il
Nobel, conferito allo scrittore nel 1999. «L' Accademia ha una sensibilità spiccata - commenta ora il critico letterario
Hellmuth Karasek -. Non avrebbe mai scelto qualcuno di cui si sapesse che aveva militato nelle SS, e che a lungo era rimasto
in silenzio». Il giorno dopo l' intervista choc alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, quel «silenzio tonante dell' istanza
morale della nazione», così lo chiama il Kölner Stadt-Anzeiger, ha spaccato in tre parti la società tedesca: chi difende
Grass, senza se e senza ma; chi si trincera dietro il medesimo mutismo; e chi attacca. Nel primo gruppo, la parola d' ordine
è una sola: rispetto. «Un maestro della penna si concede una sosta e riflette: cosa ti sei scordato di raccontare, nella tua
lunga vita?», riassume il filologo Walter Jens, 83 anni e un passato da «forzato» del partito nazista. Gli fa eco il regista
e scrittore Ralph Giordano, ebreo scampato alle SS: «Peggio di un errore è non trarne nessuna conseguenza. E questo Grass l'
ha fatto già da tempo». Per Klaus Staeck, presidente dell' Accademia delle arti di Berlino, «nessun dubbio sulle sue opere e
la sua integrità morale e politica». «Si vive nel mondo in cui ci è toccato di nascere», chiude lo scrittore Dieter
Wellershoff. Che della vita di Grass ha condiviso il ventennio del Gruppo 47, il «caffè centrale» della letteratura tedesca
impegnata. Paradossalmente, due tra i membri più noti di quel gruppo oggi scelgono di tacere. Hans Magnus Enzensberger
dichiara al Corriere: «Sì, so perché mi avete chiamato. Mi spiace, ma ho deciso di non commentare. Lo fanno già altri, non lo
considero necessario». Stessa linea per il critico Marcel Reich-Ranicki: «Neanche una parola, non ho il dovere di rilasciare
dichiarazioni». La Germania, però, si rifiuta di calare il sipario sull' outing del suo intellettuale più amato (e odiato).
«Come si concilia un silenzio di 60 anni con la vita, i discorsi, la scrittura di un uomo che è diventato la coscienza morale
della Repubblica?». L' interrogativo del Lübecker Nachrichten è quello che oggi si pone una buona parte della nazione. Tra i
«delusi» c' è Michael Jürgs, il biografo di Grass. La sua «vita con il Nobel» è durata «427 giorni e notti», ma l' intervista
lo ha colto di sorpresa. «È la fine di un' istanza morale», decreta. Non è il solo a prendere le distanze; questa
confessione, sostiene Walter Kempowski, l' autore di Echolot, diario collettivo sugli anni della guerra, «è arrivata un po'
tardi». Ancora più severo lo storico Michael Wolffsohn (fu lui ad accusare di antisemitismo il leader Spd Franz Müntefering,
che aveva paragonato i capitalisti alle cavallette): «Anche tu, GG? - scrive sull' online Netzeitung -. E sì che nell' 85 hai
avuto la tua occasione d' oro», quando Kohl e Reagan visitarono, tra mille polemiche, un cimitero che ospitava tombe di SS. E
Frank Schirrmacher, l' intervistatore della Faz, ricorda il letterato Hans Robert Jauss, rovinato dalla scoperta del suo
passato di SS (la stessa sorte toccò ai giornalisti Schönhuber e Höfer): «Una voce chiarificatrice sarebbe servita». «Si è
lasciato sfuggire ogni occasione per parlare - concorda il Tagesspiegel -. Per paura? O per vanità, perché non voleva essere
confrontato con altri destini?». «Molti uomini che hanno ricoperto funzioni importanti nel Paese sono stati nelle SS, era
risaputo. A Grass va rimproverato di essere rimasto fedele per 60 anni alla sua bugia», scrive la Bild. Quel che è certo,
dichiara il critico della Süddeutsche Zeitung Joachim Kaiser, è che ora Grass «perderà un po' del suo rango e della sua
reputazione». «Ce l' ha fatta di nuovo, a farsi ascoltare da tutti - chiude il Tagesspiegel -. Il libro venderà di sicuro
bene; è l' uomo politico che delude. Per sempre. Milioni di persone. Non solo in Germania». AVEVA DETTO «Non mi ero
schierato» da «Viaggio elettorale», Einaudi Sono nato a Danzica nel 1927. A 14 anni ero un Hitlerjunge; a 16 diventai
soldato, e a 17 anni ero un prigioniero di guerra degli americani. Chi vi parla non è dunque né un provato antifascista né un
ex nazionalsocialista, ma piuttosto il prodotto causale di un' annata a metà nata troppo presto a metà contagiata troppo
tardi
Günter Grass
Günter Grass (Danzica 1927 - Lubecca 2015) ha raggiunto la massima notorietà con Il tamburo di latta, pubblicato nel 1959 (Feltrinelli, 1962, nuova edizione 2009). Delle sue opere successive ricordiamo: …