Enrico Franceschini: Tecnologia, scacco matto agli scacchi

04 Ottobre 2006
Negli annali degli scacchi verrà ricordata come "la mossa della toilette". Durante la finalissima per il titolo di campione del mondo in corso in questi giorni in Calmucchia, piccola (ma ricca di petrolio) repubblica autonoma della Russia, tra il bulgaro Veselin Topalov e il russo Vladimir Kramnik, quest’ultimo è andato al gabinetto una media di cinquanta volte a partita. Problemi di prostata, si è chiesto l’avversario, o necessità di consultare un microcomputer nascosto nel suo bagno personale, guarda caso l’unica stanza in cui non erano installate videocamere? L’interrogativo ha prodotto una protesta, che ha originato un’inchiesta della commissione giudicante, che ha impedito a Kramnik di visitare la propria toilette privata: se gli scappava la pipì, da quel momento il russo avrebbe dovuto accontentarsi dei servizi igienici del rivale. Kramnik si è rifiutato, non solo di far pipì nella tazza del bulgaro, ma anche di giocare a simili condizioni: così ha perso, a tavolino, la quinta partita.
Prima di raccontare come è proseguita la sfida che tiene milioni di appassionati col fiato sospeso, facciamo un passo - o meglio una mossa - all’indietro. Le accuse di imbrogli attorno a una scacchiera durano da decenni: già nel 1972, per la "finale della Guerra Fredda" tra Boris Spasskij e Bobby Fischer, il russo credeva che la Cia avesse nascosto una ricetrasmittente nella sedia dell’americano e l’americano che il Kgb avesse nascosto un diabolico congegno per fargli venire mal di denti nelle otturazioni che aveva in bocca. Ma il sospetto di trucchi si è moltiplicato da quando anche i computer, con la loro formidabile intelligenza artificiale, si sono messi a giocare a scacchi. E’ vero che nel 1997, quando Gary Kasparov fu battuto da Deep Blue, un supercomputer della Ibm, il campione russo affermò che dietro lo schermo doveva esserci un gran maestro in carne e ossa, perché nessun computer avrebbe potuto immaginare mosse così irrazionali.
Tuttavia non c’è dubbio che, con l’aiuto di un computer, chiunque può giocare come un gran maestro: vedi lo sconosciuto che due mesi fa, a un ricco torneo a Filadelfia, ha sbaragliato avversari di fama fino a quando non si è scoperto che riceveva istruzioni da un computer collegato a un auricolare.
Qualcuno si chiede perciò se gli scacchi, inventati oltre un millennio fa come alternativa alla guerra, non l’abbiano ormai superata in fatto di menzogne e ipocrisia.
Torniamo ora alla finalissima in Calmucchia. L’opinione dominante degli esperti è che il russo Kramnik, alla toilette, in realtà ci vada solo per rilassarsi. Il bulgaro Topalov avrebbe tirato fuori le sue accuse solo perché, nelle prime quattro partite, ha ottenuto due sconfitte e due pareggi, con scarse probabilità di aggiudicarsi il titolo nei successivi otto incontri considerata la maestria difensiva di Kramnik. Come se non bastasse, la commissione che inizialmente ha dato ragione al bulgaro appare tutt’altro che imparziale; e anche l’organizzatore della finale, Kirsan Ilyumzhinov, presidente della federazione scacchi internazionale, presidente della Calmucchia, stravagante miliardario buddista (cinque anni fa raccontò di essere stato rapito e riportato sulla terra dagli extraterrestri), sembra parteggiare per Topalev. Senonchè, a questo punto, Ilyumzhinov ha ricevuto la telefonata di un "gran maestro" abituato a muoversi su una scacchiera molto più grande: Vladimir Putin, presidente della Russia, evidentemente tifoso di Kramnik. In un batter d’occhio, il russo ha riavuto la sua toilette privata; e la sfida è così potuta riprendere. In attesa di sapere come finirà, il rischio è che a subire "scacco matto", se va avanti così, sia il gioco degli scacchi.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …