Marco D'Eramo: Il gioco sporco dell'armata Bush

03 Novembre 2006
‟Mi richiami nel tardo pomeriggio, così le dirò tutto sulla raccolta di fondi stasera” mi dice al telefono il funzionario del partito repubblicano dell'Ohio. ‟Cosa intende per tardo pomeriggio?” chiedo. ‟Le tre”. Alle tre lo richiamo e mi dice che avverrà nel Kona Bistro sulla Madison Road alle sei, cioè ora di cena. All'uscita dell'autostrada I-71 mi perdo e finisco per guidare in tondo in un ghetto nero di quelli disperati, con le casette unifamiliari fatiscenti e scrostate, erbacce al posto dei praticelli ben curati, i bambini che giocano per la strada, le macchine ammaccate e arrugginite, ancora quelle con le pinne lunghe sulla coda tipiche degli anni '60. Ma poco più in là il paesaggio cambia, le villette diventano più rifinite, i negozi più chic, i localini alzano il mignolo. Il Kona Bistro è di quelli che servono vino caro e porzioni piccole in piatti grandi (ma non è ancora al livello dei piatti a losanga blu).
Dentro non vedo nessuno con la faccia da meeting politico e allora gironzolo per un po'. Finché penso di essermi sbagliato, entro e scopro che nel retro c'è una saletta occupata da una quindicina di persone di mezz'età, per lo più in giacca e cravatta. Nessuna minoranza ispanica, né nera.
Tutti bianchi, hanno tutti assimilato il bon ton anglosassone (anche se Cincinnati è una città tedesca che nell'800 si vantava del suo soprannome, Porkopolis, che le fu poi usurpato da Chicago): parlano tutti a voce bassa, interventi brevi, timidezza a obiettare, per timore d'interrompere l'altro. Sono preoccupati per le frodi elettorali che sospettano nei democratici (di solito il sospetto corre nell'altro senso), trasudano una correttezza quasi imbarazzante.
Molto meno corretti sono i candidati del loro partito. Il candidato repubblicano a governatore dell'Ohio, Ken Blackwell, ha però passato tutti i limiti, forse perché i sondaggi lo danno 25 punti dietro al suo rivale democratico Ted Strickland (29% contro 54%). In queste campagne i bloggers ‟indipendenti” agiscono come la cavalleria numida nello schieramento degli antichi romani: fanno quel che le legioni regolari non possono. Ed ecco i bloggers repubblicani investire il web alludendo a una presunta omosessualità di Strickland, un pastore metodista, sposato da 18 anni, con 18 anni passati al congresso; mentre lo stesso Blackwell lascia intendere che un membro salariato dello staff di Strickwell sia pedofilo. Nero di estrema destra, Blackwell non ha imparato nulla dalla recente storia politica dell'Ohio. Nel 1986 il governatore democratico Richard F. Celeste era minato dagli scandali, ma i repubblicani scelsero come candidato James Rhodes, 76 anni, che era già stato governatore per 16 anni e che quindi arrancava nei sondaggi. Rhodes si mise a tacciare Celeste di ‟simpatizzante degli omosessuali”.
Risultato: perse con 22 lunghezze di svantaggio. Stessa storia nel 1988: l'allora sindaco di Cleveland, George Voinovich, candidato al senato di Washington attaccò il senatore uscente democratico Howard Metzenbaum con uno spot televisivo in cui Metzenbaum era definito ‟morbido” sulla pornografia infantile. Risultato: Voinovich perse con 14 punti di svantaggio; ma da allora ha imparato la lezione ed è stato governatore dell'Ohio per due mandati ed è ora al secondo mandato di senatore Usa.
Anche i candidati a cariche minori vengono spalmati di trash sullo schermo tv. La signora Ted Celeste, sorella dell'ex governatore Celeste, è candidata al parlamento dell'Ohio. Gli elettori del suo distretto sono stati inondati da dépliants repubblicani in cui Celeste è ritratta accanto a un'immagine del Padrino e il testo dice: ‟Alte tasse sono nella famiglia”, mentre il retro include qualcosa che sembra una cassa da morto e la scritta: ‟Ted Celeste vi farà un'offerta che non potrete rifiutare”. Le pubblicità alla radio contro di lei sono pronunciate in pesante accento siculo. La più grande organizzazione italo-americana, Order Sons of Italy in America, ha mandato una lettera al partito repubblicano dell'Ohio minacciando di invitare tutti i suoi aderenti a boicottare i repubblicani.
In un altro distretto dell'Ohio gli spot repubblicani riversano una sequenza filmata in un braccio della morte come sfondo dell'immagine del candidato democratico Dan Dodd's, dicendo che lui è a favore di questi criminali. Negli Stati uniti queste vengono chiamate ‟pubblicità negative”: invece di vantare i propri meriti o sbandierare le proprie promesse, ogni candidato cerca di smantellare l'avversario. La più razzista pubblicità negativa è stata quella diffusa in Tennessee, dove la corsa per il senato è tra il candidato repubblicano, l'ex sindaco di Chattanooga Bob Corner, e il democratico Harold Ford di Memphis, che in caso di vittoria sarebbe il primo nero a essere eletto nel senato Usa da uno stato confederato (sudista) dalla fine della guerra di secessione (1865) a oggi. A metà ottobre i sondaggi davano Ford in forte rimonta, al 43% contro il 45% di Corner (-2 punti). Allora la segreteria nazionale del partito repubblicano ha deciso di finanziare uno spot televisivo in cui vengono intervistati vari(e) passanti che sfottono Ford e le sue posizioni sulle tasse e sulla sicurezza nazionale. Lo spot si chiude con un'ammiccante giovane bionda (e bianca) che dice di aver incontrato (il nero) Ford a un Playboy Party e conclude: ‟Harold, chiamami”.
È ormai una tradizione che la rivista Playboy organizzi megaparty in occasione del Super Bowl, la finale del football americano, cui partecipano molti ‟famosi”. Harold Ford ha confermato di aver partecipato l'anno scorso, insieme ad altre 3.000 persone, al Playboy Party a Jacksonville in Florida per il Super Bowl: ‟Mi piace il calcio e mi piacciono le ragazze, non ho nulla di cui scusarmi”. Ma il connotato razzista dello spot repubblicano era chiaro: Ford è un altro di quei neri che vogliono farsi le nostre donne bianche. La reazione furiosa di tutti i neri americani ha fatto sì che il 25 ottobre lo spot fosse ritirato.
Ma nel frattempo aveva funzionato: un sondaggio eseguito tra il 20 e il 23 ottobre dava Corner al 49% e Ford al 44% (-5 punti). Un nuovo sondaggio tra il 26 e il 29 ottobre faceva salire a 8 punti lo svantaggio di Ford (52 contro 44). In dieci giorni lo svantaggio si era quadruplicato. Il fatto è che in genere le pubblicità negative funzionano: non per nulla otto pubblicità politiche su 10 sono negative. D'altronde varie indagini dimostrato che i telespettatori ricordano solo gli spot negativi e mai quelli positivi. Anche se fa molto politically correct avere un'aria disgustata di fronte agli spot negativi: in ogni locale, quando ti attaccano bottone, è un vero e proprio ritornello. Non c'è bisogno di dire che anche i miei repubblicani del Kona Bistro erano disgustati da questi spot.
Ma dietro la distinta correttezza delle famiglie perbene, i repubblicani danno prova di una spregiudicatezza e fantasia da veri banditi. In California lo staff di un candidato repubblicano vietnamita ha spedito agli elettori della Orange County, a forte presenza immigrata, latina e asiatica, 14.000 lettere in cui spiegava che per gli immigrati (anche quelli naturalizzati) votare è un reato e che gli scrutatori elettorali dispongono di banche dati che permettono di risalire a chi ha infranto la legge: ora, ogni cittadino Usa, per nascita o per naturalizzazione, ha il sacrosanto diritto di votare. Sommersi dalle critiche, i repubblicani della California hanno sospeso il loro sostegno al candidato di origine vietnamita (che, secondo la lettera spedita dai suoi aiutanti, non avrebbe il diritto di votare e tanto meno di candidarsi). Ma la palma, degna di guaglioni, spetta a quei repubblicani del Michigan che hanno diffuso volantini in cui spiegano che, siccome il giorno del voto le urne saranno sovraffollate, le autorità hanno deciso che il giorno del voto vadano nei seggi solo gli elettori che si sono registrati come repubblicani, e, il giorno dopo, solo gli elettori che si sono registrati democratici. Siccome negli Usa si vota un giorno solo, chiunque abbia creduto a questo volantino si presenterà ai seggi a urne ormai chiuse da 12 ore: e c'è da scommettere che qualcuno ci andrà davvero.
I democratici non combattono alla pari queste gaglioffate. Non che non facciano anche loro pastette e imbrogli, ma, come si dice qui, ‟non hanno l'istinto della giugulare”, di mordere là dove il morso è letale, l'arteria del collo. Istinto che invece i repubblicani hanno interiorizzato: basti vedere come negli ultimi giorni il presidente George Bush ha sfruttato senza pietà una battuta infelice del senatore John Kerry rivolta a studenti della California: ‟Sapete come finite se non studiate, se non siete brillanti, se siete pigri intellettualmente? Finite per restare incastrati (getting stuck) in una guerra in Iraq. Chiedetelo al presidente Bush” (la versione scritta, che Kerry si era preparato, diceva: ‟finite per farci restare incastrati (getting up us stuck)” Quell'‟us” saltato ha fatto sì che una battuta su Bush sia diventata un insulto ai militari: solo gli ignoranti combattono in Iraq. Da allora Kerry è diventato un punching ball, ha dovuto scusarsi; i candidati democratici hanno cancellato le apparizioni insieme a lui. E la difesa è apparsa fiacca: manca ‟l'istinto della giugulare”. Da qui l'ansia dei democratici, anche in Ohio, dove stavolta dovrebbero essere tranquilli.
Nei sondaggi, non solo il candidato a governatore ha più di 20 lunghezze sul repubblicano, ma il candidato al senato Sherrod Brown ha 11 punti in più del senatore repubblicano uscente Mike DeWine. Eppure c'è ansia. A Columbus, nella sede del partito democratico dell'Ohio parlavo con il direttore delle comunicazioni, Randy Borntrager che ha studiato per un anno in Italia (‟I nostri scandali qui non hanno nulla da invidiare a Berlusconi): ‟Sono 16 anni che un candidato democratico non riesce a vincere nessuna carica a livello dell'intero stato. Questa volta rischiamo di vincere governatore e senatore. E anche se le altre non le vinciamo, due su quattro mi basterebbero dopo 16 anni. Ma non ci dormo, riesco a dormire solo 3 ore a notte, tutto il giorno a telefonare, appuntamenti e la notte a rimuginare. Vorrei che il voto fosse già alle spalle”.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …