Marco D'Eramo: La grande rivoluzione gaia

18 Giugno 2007
È stata la più grande rivoluzione dei costumi avvenuta nel secolo scorso. Una rivoluzione pacifica, avanzata a piccoli passi, senza che quasi ce ne accorgessimo nei paesi industrializzati occidentali, ma che ne ha trasformato in modo radicale comportamenti, cultura, immaginario. Solo 112 anni fa, nel 1895, Oscar Wilde veniva processato per omosessualità.
Nel 1916 la Gran Bretagna cercò d'infangare per sempre la memoria di uno dei martiri dell'indipendenza irlandese, Roger Casement, pubblicando suoi pretesi diari su pratiche omosessuali. Persino dopo la seconda guerra mondiale, per la sua omosessualità, un grande matematico come Alan Turing fu condannato a cure ormonali coatte che nel 1954 lo spinsero al suicidio. Una rivoluzione recentissima: oggi è normale vedere due uomini che si baciano per strada a New York o due donne che si carezzano in pubblico a Boston, mentre fino al 1962 la sodomia era punita con lunghe pene di prigione in tutti gli stati Usa, e fino al 2003 vi erano ancora quattro stati (Kansas, Missouri, Oklahoma e Texas) che punivano con severità la sodomia omosessuale. Nella repubblica irlandese l'omosessualità ha cessato di essere un reato solo nel 1993.
Una rivoluzione che riguarda solo una parte del mondo e che ancora esclude tutti i paesi musulmani, molti africani, molte repubbliche caraibiche (Barbados, Jamaica, Trinidad e Tobago). In Angola l'omosessualità è punita con la rieducazione in un campo di lavoro. In India invece, dove l'omosessualità resta iscritta nel codice come reato dal 1860, la legge non è più applicata e oggi se ne contesta la costituzionalità.
Per capire la portata della rivoluzione omosessuale, basti pensare che negli Stati uniti il partito repubblicano ha dovuto cambiare la sua politica nei confronti di gay e lesbiche proprio per il loro peso elettorale, malgrado la pesante omofobia dello zoccolo duro repubblicano costituito dai fondamentalisti cristiani. O ricordiamo il duro scontro - ancora nei primi anni '90 - tra il Pentagono e il presidente Bill Clinton sulla sua decisione di riconoscere il diritto a un'omosessualità aperta nei ranghi militari.
La rivoluzione è avvenuta non tanto nella demografia omosessuale (le ricerche sul tema danno risultati contraddittori), quanto nella sua legittimazione. L'Inghilterra vittoriana aveva leggi virulente contro l'omosessualità che pure costituiva un rito di passaggio quasi obbligatorio nelle public schools (le scuole private d'élite). Pene draconiane (anche la morte) sono inflitte agli omosessuali (maschi e femmine) nei paesi dove vige la sharia, quando è una pratica dilagante tra giovani e adolescenti - non fosse altro che come Ersatz, visto il tabù cui sono sottoposte le relazioni maschio-femmina.
È stata quindi in primo luogo una rivoluzione contro l'ipocrisia. Questo spiega come il progressivo coming out degli omosessuali sia andato di pari passo con l'insofferenza crescente nei confronti della pedofilia ecclesiastica, anch'essa un segreto di Pulcinella in tutte le società cattoliche (storie sui chierichetti, sui fratacchioni ecc...), ma circondato per secoli da silenzio e omertà. La legislazione sulle coppie di fatto omo ed etero approvata in vari paesi altro non è che il sancire nel codice questa rivoluzione dei costumi, l'equivalente della legge sul divorzio rispetto ai matrimoni, in un paese dove centinaia di migliaia di coppie vivevano da anni in regime di separazione di fatto.
Non a caso le resistenze sono uguali e provengono dalle stesse forze: ancora negli anni '60, in omelie vescovili la Chiesa additava, con nome e cognome, al ludibrio di ‟pubblici concubini” i coniugi che avevano celebrato solo il matrimonio civile. Allora l'ipocrisia fu battuta, ma non del tutto, perché ancora oggi, dopo 32 anni, un governo di centrosinistra continua a non emendare una legge che per il divorzio esige ben tre anni di separazione legale anche se gli ex coniugi sono separati di fatto da 20 anni. Non stupisce allora che il tema dell'omosessualità, su cui per millenni ha dominato il tartufismo, metta tanto a disagio i nostri politici che sono stati tutti cresciuti - senza eccezioni - a pane e ipocrisia, come si è visto nell'indecorosa vicenda sui Pacs, prima divenuti pudicamente Dico, poi scomparsi sotto il radar, e infine dati per dispersi grazie all'intemerato coraggio della nostra sinistra (tutta arruolata nel ‟settimo leprotti”) e al servilismo dei baciapile.
Certo, agli eterosessuali della mia generazione fa un po' curioso questo bramare una famigliola legale, un matrimonio benpensante, una sessualità di coppia tutta casa e chiesa, il reclamare il diritto alle nozze sull'altare, quando tante battaglie sono state combattute per affermare il diritto alla trasgressione. La mia generazione ha sempre considerato che la famiglia non è la soluzione, è il problema. Però è anche vero che gli ipocriti di tutti i campi possono venire a patti con un'omosessualità relegata a pura trasgressione, mentre vedono come il fumo negli occhi un'omosessualità promossa a normalità possibile e legittima delle nostre pulsioni.
Ecco perché speriamo che domani per il Gay Pride scendano in piazza non solo gli omosessuali, ma anche gli eterosessuali, perché la lotta contro l'ipocrisia ci riguarda tutti. Tutti chi? Tutti noi che esulteremmo se il papa la smettesse con le sue scarpette rosse Prada di sommergerci di anatemi, scomuniche e condanne, e ci lasciasse trascorrere - per tornare all'etimologia del termine gay - una giornata gaia, allegra, alla faccia della restaurazione bigotta che incombe sull'Italia.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …