Gianni Mura: Tour 2007. Scoperta la truffa di Vinokourov, trasfusioni di sangue

27 Luglio 2007
Willy Balmat, il cuoco svizzero che l’Astana ha ereditato da Armstrong, era appena rientrato alla Palmeraie, l’albergo di Pau nel giorno di ritiro, con la spesa per la cena. Fegato di vitello, da preparare alla griglia con contorno di carote e broccoli. Ha trovato i meccanici con gli occhi rossi, e lo stato generale riunito nella camera di Marc Biver. Vinokourov positivo. Così è sistemato Tertulliano, e con lui chi crede ai miracoli quotidiani o a giorni alterni. Vino è stato controllato nel primo dei suoi due giorni di gloria, dopo la cronometro di Albi. Nel laboratorio di Chatenay Malabry hanno trovato le tracce di una trasfusione sanguigna omologa, vale a dire che non si trattava solo del sangue di Vinokourov ma c’era stata l’aggiunta, l’astuto rabbocco, di quello fornito da un donatore compatibile. Due diverse popolazioni di globuli rossi hanno rivelato la frode. ‟E’ incredibile, c’è qualcosa che non mi quadra”, ha commentato il corridore, mentre Biver, racconterà più tardi il direttore del Tour, Clerc, comunicava agli organizzatori, secondo protocollo, la positività del suo corridore. ‟A questo punto ho chiesto al signor Biver di prendere la sola decisione che s’imponeva, ossia il ritiro di tutta la squadra dalla nostra corsa. Ha aderito alla richiesta”. In serata, la Gendarmeria francese ha poi perquisito le stanze dell’albergo dove risiedeva la squadra di Vinokourov.
La botta è pesante, ma non si può dire che arrivi del tutto inaspettata. ‟I corridori non hanno capito che qui facciamo sul serio. Ma loro continuano a giocare alla roulette russa”, ha aggiunto il direttore di corsa, Prudhomme.
Fioccano le domande: l’Astana, in fin dei conti, l’avete invitata voi. ‟Sì, era una squadra che disponeva di ottimi atleti, gravata da qualche sospetto. Li abbiamo invitati e contemporaneamente li abbiamo messi in guardia sui rischi che avrebbero corso, appena si fossero scostati dalle norme. Certamente, Vinokourov è un corridore molto amato dal pubblico, in particolare per la sua abnegazione dopo la caduta. Ma non potevamo fare deroghe, chi truffa deve andare a casa. Questo vale oggi e varrà sempre, al Tour. Una corsa che ha 104 anni di storia e adesso mostra le sue pagine più nere, ma non è per questo che finisce il libro, che finisce la storia”. Altra domanda: alla luce del caso Vinokourov cosa può dire del caso-Rasmussen? ‟Che il signor Rasmussen non avrebbe mai dovuto prendere il via da Londra. E ha potuto farlo perché chi doveva comunicarci la sua infrazione al regolamento non l’ha fatto. Non lo avremmo accettato al via perché non è un esempio per il resto del gruppo”. Prudhomme rincara la dose: ‟Abbiamo la certezza che questo sistema non funziona, e allora bisogna cambiarlo. Non può e non deve durare un sistema che non è in grado di difendere la più grande corsa ciclistica del mondo”. Questa frase, pronunciata in tono molto deciso, e un quasi contemporaneo comunicato delle federazioni ciclistiche di Belgio, Spagna, Italia e Francia, lascia intravedere una spaccatura totale, in tempi non lunghi, tra Tour de France (che potrebbe trascinare Giro e Vuelta) e Uci. Nel comunicato, tra le altre cose, si rimprovera al direttivo dell’Uci di continuare sulla strada di un conflitto dannoso per tutti, andando contro impegni precisi presi a Bruxelles il 5 marzo scorso. Su Vinokourov, senza appello il giudizio di Hinault: ‟I bari devono essere squalificati a vita”. Più morbido Fignon: ‟Da un lato è sconsolante che si continuino a verificare casi di doping, dall’altro rincuora il fatto che gli imbroglioni vengano sempre presi con le mani nel sacco”. Più accorato Eddy Merckx: ‟Questa è la fine del ciclismo. forse è l’inizio di qualcos’altro, ma non lo so”.
Tanto vale, a questo punto, dire al lettore che in questo pezzo non troverà riferimenti all’ultima tappa pireneica, all’arrivo sull’Aubisque. Nella giornata di ieri si è parlato solo di doping. Di quello accertato, di quello sospettato, di cos’altro può capitare. Per esempio, dalla Germania rimbalza la voce che Sinkewitz, come già Jaschke, abbia intenzione di vuotare il sacco in un’intervista esclusiva (e non gratuita) a proposito della sua positività. Ricordiamo che l’8 maggio, durante un soggiorno di preparazione sui Pirenei, era stato controllato a sorpresa e il rapporto testosterone-epitestosterone era di 24 (massimo consentito: 4). Se in queste confessioni risulterà la responsabilità di qualcun altro della T-mobile, la squadra chiuderà i battenti. Come del resto faranno, è già stato annunciato, Credit Agricole e Cofidis, e forse Milram e Gerolsteiner. E all’Astana cosa succederà? ‟Ritorneremo il prossimo anno per vincere il Tour” ha detto Marc Biver, a valigie già pronte. E’ da escludere. Al Tour i colori di certe maglie e certe facce non si vedranno più.
La mattinata s’era aperta col solito comunicato: controllato il sangue di 40 corridori di cinque squadre (Rabobank, Euskaltel, Lampre, Discovery, Caisse d’Epargne). Tutto regolare. Alla galleria dei ricordi mancava una maglia gialla che si presenta alla conferenza stampa in compagnia di un avvocato. Di questo si discuteva, sulla terrazza piena di sole del casinò (non è il vizio del gioco, è che qui c’è la sala-stampa). Il Pollo avrebbe preferito evitare di presentarsi davanti a 300 giornalisti di tutto il mondo che non lo accolgono con i sorrisi, ma come se avessero già imbracciato un fucile. Nelle sue intenzioni, bastava comunicare con due sole tv, danese e olandese, ma gli organizzatori del Tour gli hanno ricordato che durante l’arco della corsa sono vietate le esclusive. Scortato dal dg Teo De Rooy e dall’avvocato Harro Kneiff, il Pollo sembra ancora più esile e fa quasi (quasi) un po’ pena. Tanto per dare l’idea del clima, titolo dell’Equipe di ieri: ‟Il est encore là”, senza nemmeno nominarlo, trattandolo come un bubbone che non si riesce a estirpare.
Breve introduzione del Pollo: ‟Mi spiace che questa situazione capiti al Tour e con me in maglia gialla. Ho fatto un errore e l’Uci mi ha mandato un avvertimento. Lo accetto, ho sbagliato. Ma non volevo imbrogliare nessuno. Con quello di stamattina, ho già fatto 14 controlli del sangue e sono allineato alla mia squadra nella lotta al doping”. Il resto sono argomentazioni dell’avvocato sul fatto che non due sarebbero le ammonizioni ufficiali pervenute al corridore ma una soltanto. De Rooy insiste sul fatto che la comunicazione dell’Uci era arrivata alla Rabobank accompagnata da due parole: ‟Strettamente riservato”. Che l’avevano dissuaso dal mettere in guardia gli organizzatori. La sensazione, per non chiamarla certezza, è che tra la Federciclo danese, la Rabobank e l’Uci si stia facendo il gioco delle tre tavolette. Sempre in rapporto alla privacy, De Rooy ha sostenuto che in gruppo ci sono un sacco di corridori che hanno ricevuto, come Rasmussen, lo stesso genere di comunicazione dall’Uci, ma i loro nomi non sono saltati fuori. Patetica la chiusa di Rasmussen: ‟Spero che abbiamo chiarito tutto e che adesso si parli solo della corsa”. Sarà difficile. Ma, all’ipotesi di un suo soggiorno messicano subito dopo il Giro, si oppone una testimonianza di Davide Cassani, che lo ha visto allenarsi sotto la pioggia a Predazzo il 14 giugno. Il Pollo non ha mai detto di essere stato in Messico, e nemmeno di non esserci stato. Quali altri misteri ci riserverà?

Gianni Mura

Gianni Mura (Milano 1945). Studi classici, entra alla “Gazzetta dello Sport” nel 1964. Giornalista professionista dall’aprile del ’67. Altre testate: “Corriere d'informazione” (72/74), “Epoca” (74/79), “L'occhio” (79/81). Inviato di “Repubblica” …