Eva Cantarella: Achille e la pira di Patroclo

11 Marzo 2008
Inumare i morti o incinerarli? Dilemma antico, al quale sono state date risposte diverse. Una volta si pensava che vi fossero popoli inumatori e popoli inceneritori: i primi, dicevano alcuni, adoravano gli dèi inferi, i secondi quelli celesti; secondo altri i nomadi bruciavano i morti, i popoli stanziali li inumavano; altri, ancora, credevano che i preindoeuropei inumassero e gli indoeuropei incinerassero. Ipotesi tutte errate. Spesso, infatti, la scelta tra inumazione e incinerazione non è esclusiva. Né ora né nell’antichità, dove quel che importava veramente era che ai defunti fossero resi gli onori funebri: fino a che non li avevano ricevuti, infatti, i morti non trovavano pace nell’aldilà (e, pensavano i romani, rischiavano di tornare a tormentare i vivi in forma di Larvae o Lemures). I riti funebri, dunque, erano un momento importantissimo della vita sociale, che si svolgeva secondo regole non molto diverse in Grecia e a Roma: al morto venivano chiusi occhi e bocca, il suo nome veniva invocato a gran voce (la conclamatio romana), e il cadavere veniva preparato per il rito funebre, più o meno solenne a seconda delle condizione del defunto. Nell’Iliade, sulla pira di Patroclo, Achille, insieme al cadavere dell’amico, brucia due dei suoi cani, quattro cavalli e ben dodici giovani prigionieri troiani. Anche se la descrizione epica non va presa alla lettera, sulla pira dei nobili, spesso, venivano effettivamente collocate le loro armi, i loro cani e i loro cavalli. A Roma, invece, dice Cicerone, la consuetudine più antica voleva che i defunti venissero inumati. Ma questa pratica coesisteva già con la cremazione nelle XII Tavole (450 a.C.), che per ragioni igieniche vietavano di seppellire o bruciare i morti in città; e nonostante il divieto di seppellire o bruciare oggetti d’oro insieme al defunto (una norma contro il lusso), stabilivano che non venisse punito chi seppelliva o bruciava un morto i cui denti erano stati legati con l’oro. Interessante ricordare, infine, che quando la cremazione si diffuse sino a diventare il rito più corrente entrò in uso la pratica nota come os resectum: al cadavere, prima di bruciarlo, si tagliava un piccolo osso (abitualmente quello di un dito), che veniva quindi seppellito. Simbolicamente, il defunto tornava comunque alla terra madre.

Eva Cantarella

Eva Cantarella ha insegnato Diritto romano e Diritto greco all’Università di Milano ed è global visiting professor alla New York University Law School. Tra le sue opere ricordiamo: Norma e sanzione …