Marco D'Eramo: Presidenziali USA. Se questo è un complotto

04 Novembre 2008
Se tutti i complotti contro di lui sono come quello svelato l'altro giorno, Obama può dormire sonni tranquilli. Due balordi di 18 e 20 anni, provenienti da due sperduti paesetti rurali del sud razzista, trovati in possesso di due schioppi a canne mozze, arrestati una settimana fa per possesso illegale di armi, hanno annunciato fieri fieri alla polizia di voler rapinare delle armerie per uccidere 88 scolari di scuole nere, decapitare altri 14 neri, vestirsi con smoking bianchi e cappelli a cilindro e irrompere in macchina sparando contro Obama in un suo comizio. Dove 88 è un numero usato dagli skinheads neonazi per significare «Heil Hitler!» e 14 indica uno slogan di 14 parole dello stesso gruppo.
Il complotto annunciato lunedì ricorda irresistibilmente quei nostalgici della repubblica di Salò che all'osteria, dopo due litri di vino, cominciavano a ricordare il raid di Otto Skorzeny che liberò Mussolini, e ad annunciare la riconquista dell'Italia alle idee del Duce, impresa per cui «sarebbero bastati 100 veri uomini con le palle» (anche se sembra che lo scopo sia stato meglio raggiunto da milioni di persone senza le suddette).
La stravaganza dell'episodio è tale che la stampa internazionale non ha vi ha dato nessun rilievo. Il più diffuso quotidiano, Usa Today, l'ha pubblicata in un colonnino in taglio medio a pagina 4; il più autorevole, il New York Times, l'ha messa addirittura a pagina 16, in due colonnini in taglio basso. El Pais e Le Monde hanno adottato lo stesso atteggiamento. Solo la stampa italiana ha sparato la notizia con clamore. La stessa grancassa con cui durante la Convention democratica di Denver ad agosto aveva «svelato» un altro complotto contro Obama, anche dopo che un agente dell'Fbi aveva definito quelle minacce di omicidio con queste esatte parole: «Era solo uno strafatto alla metanfetammina che parla della vita a un altro strafatto».
Spesso i nostri mass media fanno dell'Italia una sorta di paese delle meraviglie che costringe chiunque si trovi negli Stati uniti a essere un'involontaria Alice. Un giorno sparano la notizia che i sondaggi vedono Obama in calo: ma qui di sondaggi ne escono una decina al giorno e il calo di cui parlano i nostri riguardava uno solo di essi, e per di più nei limiti dell'errore statistico.
La verità è che la campagna presidenziale è stata così lunga e martellante - e ormai estenuante -, che nessuno sa più cosa inventare. I giochi sembrano ormai fatti. A tal punto che uno cerca di spararle più grosse possibile solo per tenere viva l'attenzione.
Vanno perciò ristabilite le proporzioni: i complotti finora scoperti erano sogni dilettanteschi di giovanotti che hanno visto troppi film d'azione. Ma ciò non vuol dire che il livello di guardia non vada mantenuto alto. Dal sito del quotidiano inglese The Guardian ieri si poteva scaricare un video in cui un leader di un gruppo di estrema destra del Missouri riveriva apertamente delle discussioni in corso tra i fautori della «supremazia bianca» (white suprematist) sui possibili modi di uccidere Obama, e minacciava una vera e propria «rivoluzione» di estrema destra se il candidato democratico sarà eletto.
Fatta la parte delle fanfaronate di chi si guarda allo specchio e vede un «superuomo bianco», è evidente che il fondo razzista del barile americano non può accettare con fair play un presidente nero degli Stati uniti. Questo i servizi segreti Usa lo sanno benissimo, tanto che Obama è stato circondato da una rete di protezione molti mesi prima di qualunque altro candidato alle primarie nella storia degli Usa. Le misure di sicurezza che lo circondano sono le più serie, capillari mai viste. Il fatto stesso che siano comunque vagliati tentativi balordi dimostra la volontà di non lasciare nulla al caso.
Anche perché a nessuno sfugge quel che succederebbe, questa volta, in caso di uccisione di Obama: a paragone, sembreranno pacifici raduni non violenti le rivolte che scoppiarono nell'aprile 1968 nei ghetti neri di tutte le città Usa e misero a ferro a fuoco interi quartieri dopo che fu ammazzato Martin Luther King. Il senso di colpa e la cattiva coscienza dei bianchi sono tali che persino l'isolata sommossa di Los Angeles del 1992 contribuì non poco a far eleggere Bill Clinton, instillando nei bianchi agiati il sospetto di essere andati troppo oltre - nei 12 anni reaganiani- nel penalizzare i poveri e le minoranze.
Questa volta, un omicidio di una simile portata potrebbe provocare ben più di una rivolta, quasi una rivoluzione, se i 37 milioni di neri si sentissero privati, derubati, defraudati di un'elezione che andrebbe a (parzialissimo) risarcimento di quattro secoli di schiavitù, segregazione, discriminazione. Ecco perché Obama è l'uomo più protetto della storia degli Stati uniti.
La campagna elettorale è alle ultime battute, negli Usa i giochi sembrano fatti.
Tra le cronache di sottofondo, attrae l'attenzione la storia di due skinheads
che volevano attentare alla vita del candidato democratico. Balordi, eppure sintomo di un'America che fatica parecchio ad accettare l'idea di un presidente nero.
Ma a nessuno sfugge che l'uccisione di Obama susciterebbe la rivolta dei 37 milioni
di neri americani: per questo è il candidato più protetto della storia.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …