“Fu necessaria la mediazione del serpente: il male è in grado di sedurre l’uomo, ma non può farsi uomo.”
Kafka compose questi Aforismi su una serie di schede sciolte e numerate tra l’autunno del 1917 e la primavera del 1918, dopo essersi isolato nelle campagne del villaggio boemo di Zürau dove viveva la sorella Ottla. In uno stadio iniziale della tubercolosi e lontano dalle incombenze mondane, la sua scrittura si fa essenziale. Diventa, forse, un modo per parlare a se stesso, per navigare il dolore dell’uomo contemporaneo e la propria inadeguatezza di fronte ai precetti della società borghese. Pubblicati postumi dall’amico Max Brod con il titolo Considerazioni sul peccato, la speranza, il dolore e la vera via, questi scritti danno vita a ragionamenti universali, potenti ed enigmatici, dominati dalla consapevolezza dell’impossibilità umana di giungere alla verità e allo stesso tempo dall’insopprimibile desiderio di cercarla. Kafka indaga in punta di coltello la falsificazione della realtà, tra peccato e salvezza, lingua e arte.