Al suo apparire in Francia, Attaccare la terra e il sole ha subito suscitato stupore e ammirazione nella società letteraria francese. Dopo Céline e Faulkner, uno scrittore dalla vita appartata, lontana dagli splendori della capitale, nominava la guerra e la violenza nella loro nuda verità, restituendone non soltanto l’insensatezza e la follia, ma la loro spietata capacità di penetrare nei corpi e nella mente, di diventare carne e sostanza psichica degli esseri umani.
Il libro narra della guerra coloniale che, intorno alla metà dell’Ottocento, rese stabile la presenza di militari e coloni francesi in Algeria. Una guerra di dominio, dunque, come lo è ogni guerra, ma le cui ferite continuano a sanguinare nella storia recente dell’Europa.
Mathieu Belezi lascia scorrere come un fiume in piena la sua prosa attraverso le voci dei due protagonisti: Séraphine, che con marito e figli parte da Marsiglia per raggiungere una colonia agricola, e un soldato totalmente asservito alla violenza e alla crudeltà del suo capitano. In quelle “terre di barbarie”, fatte di sassi, sole cocente e freddo tagliente, in cui il colera divora le vite, i sette ettari “regalati dalla Francia” sembrano tutt’altro che la fortuna e la felicità promesse. Eppure, Séraphine e i suoi non cessano un solo istante di “combattere contro il sole, contro la terra ostile” e contro gli arabi che aspettano solo il momento propizio per farli a pezzi.
Bretoni, alsaziani e marsigliesi, i soldati, buoni cattolici in patria, con le pupille dilatate, le narici palpitanti, i denti come zanne pronte a mordere con rabbia più cristiana del solito, assaltano i fondouk infilzando con le baionette chiunque capiti a tiro. La missione civilizzatrice scompare davanti all’orrore e alla ferocia, ma i soldati non esitano poiché, come ripete il capitano, non sono angeli. E a coloro che non sono angeli la guerra trafigge il cuore.
Opera attraversata da una tragica bellezza, Attaccare la terra e il sole colpisce per la musicalità della sua impeccabile scrittura che ipnotizza il lettore sin dalle prime pagine.
“Non siamo angeli
il capitano non ha smesso di sbraitarcelo
nelle orecchie, e ancora ce lo sbraita
– Non siete angeli!
mentre il sole ruzzola dietro l’orizzonte
e volano in cielo le allodole uscite
dai lentischi e dalle palme nane.”
“Un libro magnifico, scritto
con una lingua superba.”
Tahar Ben Jelloun
“La popolarità del romanzo di Belezi
è un segno dei tempi che cambiano.”
Constant Méheut, The New York Times
“Un romanzo incandescente.”
L’Orient littéraire
“Un’epopea della follia umana.”
L’Obs
Traduzione dal francese di Maria Baiocchi