La storia inizia in Spagna, con due nascite e due abbandoni.
Nel giugno 1943 una prostituta di Bilbao dà alla luce un bambino, Julian, che affida ai gesuiti.
Poco dopo, in Galizia, una donna partorisce una figlia, Victoria, e la lascia alle suore di un convento. Torna a cercarla dieci anni dopo. La bambina è di una bellezza divina ma la madre non riuscirà mai ad amarla.
Da grandi Julian e Victoria si incontrano e danno alla luce Maria che, in un montaggio serrato campo controcampo, ci racconta la sua infanzia e quella dei genitori. Scorrono le scene e gli anni. Victoria e i suoi dieci fratelli e sorelle, la squadra di calcio della sventura; Julian in fuga dall’orfanotrofio per entrare in Marina, poi il loro incontro, l’amore e la partenza per Parigi. Lì la madre fa la portinaia e il padre il custode del Théâtre de la Michodière.
Maria cresce nella capitale francese, tra gli attori, le scenografie, le armi da fuoco del padre, indipendentista basco, bevitore spesso violento, i silenzi della madre e gli scherni delle amiche. Ma la figlia di immigrati cambia la sua sorte. Diventa regista, si innamora, ha un figlio, prende le distanze dalle sue origini. Finché il destino non la riporta bruscamente indietro. A ventisette anni, una cartomante afferma che non è la figlia dei suoi genitori. Per scoprire la verità dovrà tornare a Bilbao, la città in cui è nata.
“Inventerò la mia storia, perché la gente di Bilbao nasce dove vuole, come dice il proverbio. Solleva pietre, taglia alberi, è più forte dei certificati di nascita.”