Antonio Albanese racconta il suo primo romanzo.
"Il desiderio di scrivere questo romanzo arriva da molto lontano, dal ricordo sbiadito di uno zio che, quando ero bambino, mi raccontò la sua fuga da un campo di...
di Guido Dorso
“No, il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà.”
L’Unità d’Italia, si sa, fu il risultato di una pluralità di forze e tensioni mai realmente armonizzate fra loro, che l’impresa garibaldina da un lato e le manovre di Cavour e Giolitti dall’altro riuscirono a far convergere per il tempo necessario a realizzare lo scopo. Il Paese che ne risultava era un mosaico di tradizioni, culture e, soprattutto, realtà socioeconomiche molto diverse fra loro, portatrici fin dall’inizio di squilibri che con il tempo, lungi dal sanarsi, sono andati cronicizzandosi e aggravandosi. L’asimmetrica distribuzione delle risorse tra Nord e Sud all’indomani della “conquista regia”; il vecchio ordinamento del Mezzogiorno rimasto troppo a lungo intatto; il trasformismo forzato da Mussolini: tutto ciò, scrive Guido Dorso nel 1925, non ha fatto altro che esacerbare la tendenza della borghesia meridionale all’assenteismo politico e alla corruzione. E, in mancanza di un Meridione consapevole, parlare di Italia diventa impossibile. È per questo che, in pagine lucidissime, Dorso prospetta i contorni di una rivoluzione sociale volta a responsabilizzare il Sud Italia e invertire la marcia di una nazione che, nella sua incapacità di raggiungere le periferie, portava già in grembo i semi della crisi di oggi. Messo all’indice dalla propaganda fascista, a cento anni di distanza questo libro continua a descrivere una situazione tristemente reale. E il suo invito a sprigionare il potenziale inespresso del Meridione rimane più che mai valido e urgente.