Ana Reyes ci accompagna dietro le quinte della sua scrittura con un’intervista inedita in cui svela i retroscena del suo giallo Casa dolce casa.

Casa dolce casa, il tuo romanzo d’esordio, è un potente thriller psicologico su una giovane donna che cerca di scoprire la verità sulla morte improvvisa e misteriosa della sua migliore amica e sugli eventi inquietanti che la perseguitano da allora. Che cosa ti ha ispirata nello scrivere questa storia?
Si è trattato perlopiù di un’ispirazione inconscia. Avevo scritto la prima stesura dopo essermi trasferita in una città lontana da quella in cui ero nata e da tutto ciò che mi era familiare. Quel senso di solitudine e isolamento è alla base di uno dei temi principali del libro, cioè la nostalgia: il desiderio universale di tornare a un luogo e a un tempo che ci appartengono. È stato questo sentimento a dare forma alla storia e a suggerirmi l’idea della casa nel bosco.

Gli altri autori latinoamericani hanno influito sulla tua formazione di scrittrice?
Quand’ero al liceo ho letto Dolce come il cioccolato, di Laura Esquivel, e mi sono innamorata del realismo magico, che ha avuto una grande influenza sulla mia scrittura. Inoltre, gli scritti fantastici di Jorge Luis Borges sono sempre fonte di grande ispirazione. E dato che come autrice mi sto ancora formando, aggiungerei al mio elenco di muse Ingrid Rojas Contreras. Il suo Uomo che spostava le nuvole mi ha aiutata a riflettere sul romanzo che sto scrivendo adesso.

Come hai deciso di scrivere un thriller? Quali aspetti di questo genere narrativo ti attiravano?
Potrà sembrare strano, ma in realtà Casa dolce casa non era cominciato come un thriller! Nella stesura originaria, il racconto aveva un’atmosfera vagamente inquietante e alcuni momenti di suspense, ma non era precisamente un thriller. Per mia fortuna, ho un’agente di grande talento, che mi ha aiutata a vedere il mio romanzo in un’altra luce e a farne emergere il potenziale. Con il senno di poi, dato che sono cresciuta leggendo Christopher Pike e R.L. Stine, era quasi inevitabile che finissi per scrivere un thriller.

Nel romanzo, il manoscritto incompiuto del padre guatemalteco della protagonista è una delle chiavi del mistero. In che modo le radici culturali tue e della tua famiglia hanno influito sul processo di conoscenza di sé di Maya?
Il manoscritto del padre morto custodisce una verità importante sul rischio che Maya sta correndo. Io lo intendo come una metafora del trauma transgenerazionale. Per chi proviene da luoghi colonizzati, la violenza del passato ha la tendenza a riaffiorare nel presente, con manifestazioni impreviste e fortemente personali. Nel caso di Maya, questo ritorno del represso accade nel senso più letterale possibile. Per salvarsi, dovrà decifrare una storia scritta prima della sua nascita.

Maya e Aubrey hanno una bellissima amicizia, ma nel romanzo tu metti in luce anche le crepe che attraversano persino i legami più stretti, e quanto si può soffrire quando l’amica del cuore si innamora. Come sei riuscita a descrivere il rapporto tra i due personaggi in modo così autentico e sfaccettato?
Ripensando alla mia adolescenza. Non che mi sia mai capitato di trovarmi in situazioni rischiose come il triangolo amoroso tra Maya, Aubrey e Frank, ma al tempo ciò che provavo mi sembrava altrettanto straziante. L’adolescenza è un periodo di emozioni estreme, ed è dal ricordo di quelle emozioni che ho attinto per descrivere l’amicizia tra due diciassettenni, e quanto accade nelle settimane prima della morte di Aubrey.

Casa dolce casa di Ana Reyes

Almeno due donne sono morte misteriosamente in compagnia dello stesso uomo, Frank. Maya ha solo diciassette anni quando vede morire la sua migliore amica, Aubrey: un attimo prima stava parlando con il ragazzo più affascinante ed enigmatico di Pittsfield, Massachusetts, per cui Maya ha un&…