Dancing Paradiso è un locale notturno di una crudele metropoli, dove “non bisogna essere buoni per entrare / accettano anche le carogne / e qualche volta le fanno cambiare”. È in quel locale che un angelo custode – l’“angelo angelica” – tenta di far confluire i cinque protagonisti di questa narrazione in versi: Stan il Pianista Triste che prepara un ultimo concerto per Bill, l’amico batterista morente in ospedale; Amina, giovane profuga che ha perso la madre passando il confine; Elvis, un hacker obeso e geniale chiuso in casa da anni, forse mitomane, forse assassino; la poetessa Lady, raffinata e ubriacona, ossessionata dal suicidio.
Cinque creature della notte, senza un rifugio nel mondo, di cui a poco a poco, mentre si avvicina la serata al Dancing, scopriamo la storia grazie alle loro stesse parole. Assolo malinconici, struggenti, comici, crudeli, furibondi. Costretti alla solitudine, ciascuno di loro sembra aver perduto ogni speranza.
A vegliare perché si incontrino, perché uniscano voci e musica in un racconto polifonico che indichi una possibile via di salvezza, l’angelo caduto dal cielo per stare con gli uomini, un angelo angelica straccione dalle ali sporche di fango, lui stesso solo fra i soli.
Stefano Benni torna al racconto in versi – in cui mantiene lo stile ricco e inventivo della prosa, aggiungendo accensioni liriche e musicalità – con una storia che è canto delle paure, delle ferite e delle ossessioni del nostro presente, per raccontare l’impresa quotidiana del sacrificio, della cura e della speranza.
Certi angeli non sanno raccontar storie
Sempre uguale è il loro paradiso
Non li sorprende allegria o paura
Senza parole e alfabeto, prigionieri
Di un pensiero senza dubbio e dismisura
Si è sempre soli una notte di troppo
Io non ricordo quale fu la mia
La notte che il mio cuore si è rotto