Memoria e invenzione, una dolorosa ironia e una tensione narrativa sempre raffrenata, mai eccessiva, danno un respiro ampio al primo romanzo di Becker, il quale coglie nella vicenda del commerciante polacco Jakob un paradosso esistenziale che trascende ogni contingenza storica e può rinnovarsi sempre e ovunque. Dal momento che vive in un mondo stravolto, degenerato, dove paradossalmente ciò che era normale risulta impensabile e la più orribile realtà diviene una necessità quotidiana, per essere creduto Jakob deve mentire e per dare una vera buona notizia deve inventare una storia fasulla. Grazie infatti alla bugia di possedere una radio, può comunicare agli altri membri del ghetto che i russi stanno riconquistando i territori occupati e che si avvicina così la liberazione. Ciò mette in moto una serie di reazioni a catena, emotive e pratiche, di cui il povero venditore si trova a essere il centro. Rinasce la speranza, il ghetto si rianima, e tuttavia la pietà da cui era nata la bugia non riesce a scongiurare il dramma, e l’illusione generale di riprendere una vita normale non impedisce il viaggio finale su un carro stretto e soffocante, verso una destinazione non a tutti ignota.