“iVstitia. Fondamentale pilastro etico, epocale direttiva sociale, totale necessità civile. Ma se la iVstitia è tutto questo, allora per quale motivo la parola sta scritta in modo quasi esibizionistico sulle facciate dei tribunali? Inoltre, se la lex, esecuzione capitale della iVstitia è uguale per tutti, per quale motivo bisogna spararlo a lettere cubitali sulla parete di fondo di ogni aula giudiziaria? Solo che forse né la iVstitia nè la lex sono reali. Forse sono percezioni, istanze, opinioni. Forse, aspetto ancora più inquietante, sono semplicemente limiti. Del sistema, della burocrazia, dei codici... della coscienza? Forse, risvolto davvero tetro, sono addirittura un unico limite: dell’umano. Un Limite Ignoto.
Limite rappresentato anche da un carcere collocato (perduto?) nel mezzo del nulla, un avvocato difensore che ha ben di meglio (di peggio?) da fare, un detenuto arrestato (sacrificato?) per un crimine mostruoso. Per cui l’avvocato segue il manuale: assorbimento della verità, allestimento della difesa, suggerimento della via d’uscita. Tutto a posto, certo. E niente, niente in assoluto, in ordine. Perché il limite ignoto non è più soltanto là fuori. È già arrivato a dilagare dentro. Dentro tutto. E dentro tutti.
Quella apparentemente banale linea di partenza carcere-avvocato-imputato si rivela la soglia di un’inesorabile, ineluttabile discesa agli inferi. Ruote all’interno di altre ruote, inganni avvitati su altri inganni, crimini che generano altri crimini.
Con Limite Ignoto, Massimo Rainer, avvocato penalista di indubbia consapevolezza, esegue l’impietosa radiografia di un impero del male dove la depravazione è la fede e la morte è la divinità.
Limite Ignoto è un’opera da non dimenticare. Per non dimenticare che forse quell’impero del male ha un feticcio sacrificale, iVstitia, e ha un’amigdala letale, lex. Perché, sempre qui e ora, dimenticare significa seppellire. Tutto. E tutti.” (Alan D. Altieri)
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