Quando Agnese entra in ospedale per la prima volta, nel maggio del 2013, ha sette anni, due sorelle e una leucemia linfoblastica acuta. Ma soprattutto ha voglia di vivere, un desiderio incontenibile che supera ogni confine. Lo sanno bene Miriam, Titti ed Ester, che si prenderanno cura di tutto il suo iter ospedaliero sostenendola giorno e notte, anche quando il trapianto di midollo apparirà inevitabile. Con loro Agnese imparerà la bellezza delle piccole cose, uno sguardo, un sorriso, un maglione con le renne sopra, un pesce rosso messo per gioco in una sacca per la flebo; imparerà che ci sono persone che della vita si prendono cura come delle piante, coltivandola e facendola fiorire. E quando, all’età di tredici anni, lascerà per sempre gli ospedali, Agnese sentirà di amare la vita, se possibile, ancora più di prima.
“E penso che è proprio questo che ci vuole qui, qualcuno che metta pesci rossi in flebo finte per ridere di tutto, anche della malattia. Che se non ci si può ridere, allora sì che ci si ammala per davvero.”
Un romanzo che è un inno alla vita e un invito ad assaporarne ogni singolo, preziosissimo istante.