BANANA YOSHIMOTO - IL REGNO

La quadrilogia de Il Regno è composta da romanzi fra loro indipendenti ma con gli stessi personaggi, che si è aperta con Andromeda Heights e che si è chiusa quest’anno.
Quando, in un'intervista del 2002 fu chiesto a Banana Yoshimoto che tipo di lettore aveva in mente quando scrisse Andromeda Heights, lei rispose "Le persone che sono stanche di vivere nelle grandi città". Un progetto sicuramente ambizioso che non poteva esaurirsi in un solo romanzo.
Il lettore italiano ha comunque avuto modo di conoscere questo progetto. In Un viaggio chiamato vita (Feltrinelli, 2010), infatti, l'autrice accenna alla quadrilogia:
Derek Jarman si è preso cura di uno splendido giardino fino a poco prima di morire di Aids, e questa cosa è rimasta nel cuore di tanta gente. Sono molti quelli che, ancora oggi, visitano quel giardino. Qualche tempo fa ho scritto dei romanzi su questo argomento. Sono romanzi che parlano dei giardini come opere d’arte. Vivo in una casa in affitto, e il contratto prevede che una volta l’anno un giardiniere scelto dal proprietario venga a potare le piante.
Ho aspettato quel giorno in preda a mille ansie. In giardino tengo molte piante strane, e ho fatto anche crescere apposta il
dokudami, per cui ero preoccupata che non strappasse via tutto. Inoltre dovevo fare in modo che non usasse diserbanti, visto che la mia tartaruga mangia l’erba del giardino. Ma il giardiniere era proprio un professionista.
Al mattino, quando mi sono alzata, aveva già fatto metà del lavoro.
“Non userò diserbanti, mentre per quanto riguarda le piante a terra, ci sono solo delle rose in due posti, e non le toccherò. Vuole che lasci il
dokudami?
Aveva già capito tutto del giardino. Mi stupì moltissimo. Diversamente da me, che le compravo e le lasciavo seccare così come capitava, lui aveva fatto il punto sullo stato delle piante ragionando in maniera metodica. Sicuramente aveva anche già pensato cosa piantare e dove. In tutte le cose, c’è un livello superiore a quello del semplice passatempo, ed è quello del metodo.
Il giardiniere ha trovato un nido di vespe, la mattina successiva è venuto e senza perdere tempo lo ha tolto. Poi ha potato accuratamente quella parte, così che non potessero più costruirne, e ha sorriso in modo rassicurante. Spazzate via in un colpo solo tutte le mie preoccupazioni iniziali, mi dissi che da allora in avanti gli avrei fatto domande e chiesto consigli sul giardino.
Da quando mi ero trasferita in quella casa, ero sorpresa del fatto che i fiori fossero sempre in pieno rigoglio. In inverno, subito dopo il susino, fiorivano due qualità di camelia, in primavera i fiori di ciliegio, nella stagione delle piogge le gardenie, in estate le altee, e in autunno tutte le foglie si tingevano di rosso. Mi sembrava incredibile che un giardino così modesto fosse tanto curato. Io sono una pessima inquilina, e riesco a malapena a innaffiare di tanto in tanto, eppure, rispetto a quando sono venuta a vedere l’appartamento vuoto, gli alberi adesso mi sembravano ancora più in salute. Dipenderà dal fatto che ora ci sono io, pensai. Il giardino, come la casa, prende vita nel momento in cui c’è qualcuno al suo interno che fa circolare l’aria. Ci si guarda a vicenda, e piano piano ci si innamora l’uno dell’altro: è lo stesso sistema che sta alla base dei rapporti tra le persone.
Una cosa che mi ha sorpreso ancora di più, è la quantità di energia che le numerose coppie di pensionati del quartiere riversano nella cura dei loro giardini. Iniziano già intorno alle otto del mattino. Ci sono fiori ovunque, e nelle fioriere sta sempre crescendo qualcosa in vista della stagione successiva. Non hanno un motivo preciso per farlo, semplicemente si percepisce tutto il loro amore e il loro entusiasmo, e in fondo niente più di questo dà significato alla vita.
Le piante mi hanno fatto scoprire tante piccole meraviglie. In verità capita più spesso che resti delusa di me stessa, incapace come sono di prendermene cura nel modo adeguato, piuttosto che delle piante che sono lì nonostante tutto. La protagonista di
Okoku (Il regno), di cui parlavo prima, si chiama Shizuku Ishi, che è un nome preso da una pianta grassa. Al momento di preparare i poster pubblicitari per le librerie, la casa editrice ha comprato la pianta, l’ha fotografata e poi me l’ha mandata.
Quella pianta piena d’acqua, gommosa, ha vissuto per diversi anni ed è anche fiorita. I suoi fiori erano piccoli, molto carini.
In seguito è marcita perché, per errore, le ho dato troppa acqua, e mi è dispiaciuto molto. Ho fatto tutto quello che potevo per recuperarla, ma ormai era troppo tardi, ed è morta.
Ma la cosa incredibile è stata che le sue foglie hanno finito di seccarsi proprio la sera in cui ho ultimato l’ultimo capitolo del secondo volume di
Okoku.
Ho avuto come la sensazione che mi stesse aspettando, e mi sono scusata con lei.
Perdere qualcosa che abbiamo tenuto in casa per molto tempo, fosse anche una piccola pianta in vaso, è sempre triste.

(A sin. dall'alto, le copertine delle edizioni giapponesi della quadrilogia).

Vai al primo volume Andromeda Heights
Vai al secondo volume Il dolore, le ombre, la magia
Vai al terzo volume Il giardino segreto
Vai al quarto volume Another World