Carla Forcolin: Fecondazione eterologa e adozione
17 Giugno 2002
Mi sento chiamata in causa dalla nuova legge che regolamenta l’adozione medicalmente assistita, perché presidente di un’associazione di genitori adottivi, ‟La gabbianella e altri animali” e autrice di un libro sulla difficoltà di adottare, ‟I figli che aspettano”. Con la nuova legge i consultori dovranno prospettare alle coppie che hanno problemi di infertilità la possibilità di un’adozione. Come dire ‟Se non potete farvi un figlio, adottatelo!”.
Ma gli operatori dei consultori diranno anche che solo una coppia su 10 riesce ad adottare un bambino italiano e una su sette un bambino straniero? Diranno che le adozioni internazionali costano mediamente 15.000 (30.000.000 di lire)?
La possibilità dell’adozione è ben presente alle coppie sterili, come anche a quelle che possono procreare, ma si deve sapere che il non aver risolto ‟il lutto” per la propria sterilità è una delle cause che possono far considerare non idonea all’adozione una coppia che si presenta in Tribunale a tale scopo. Sembra un paradosso, ma non lo è: il bambino adottato non può essere un sostituto del figlio nostro mai nato. Il figlio biologico si forma nel ventre della madre e con la madre allaccia un rapporto prima di nascere, alcuni sostengono che impara da lì a riconoscere anche la voce del padre. Quando arriva al mondo il seno che lo nutre appartiene alla stessa persona che lo ha tenuto in grembo (naturalmente se e quando questo è possibile). Il bambino adottato anche piccino, ma solo il 30% degli adottati in Italia sono sotto il primo anno, ha già una storia che non ci appartiene. E’ una persona che dobbiamo conoscere, con cui dobbiamo imparare a convivere, che dobbiamo accettare nella sua diversità. E non c’è modo di frequentarla prima per il tempo necessario a capire se abbiamo delle affinità con questo bambino/a: lui/lei non possono e non devono superare simile esame. Il genitore adottivo deve quasi accogliere ‟a scatola chiusa”. Bambini belli o brutti, sani o (spesso) malati, dal carattere buono o (spesso) cattivo, a causa soprattutto delle sofferenze subite Non si adotta un figlio solo perché lo stato non ti permette di usare il seme o l’ovulo di un donatore.
L’adozione è una genitorialità particolare che nasce spesso dall’infertilità accettata e rielaborata, ma non sempre e non solo. I genitori adottivi devono entrare nello stretto binario di chi capisce che ha voglia di dare se stesso ad un bambino/a che deve crescere, traendo gioia dal rapporto con lui/lei pur nelle difficoltà inevitabili, e riuscendo a trasmettere al figlio adottato la contentezza di averlo con sé. Si tratta di sentimenti che c’entrano poco con la cura della sterilità, anche se hanno in comune il desiderio di un figlio.
Dai tempi della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti (1776), si è introdotto nelle costituzioni e nelle convenzioni il diritto alla felicità e per essere felici bisogna acquisire saggezza ma anche appagare dei bisogni importanti, quali quelli affettivi. Tra questi c’è il desiderio di essere genitori e in merito lo stato dovrebbe solo controllare che l’appagamento del desiderio di alcuni non nuoccia ad altri.
Se per avere un figlio si paga una povera donna perché ce lo faccia su misura, il proprio desiderio si scontra con principi etici: quella donna, se ha bisogno di denaro, deve poterlo avere senza sfruttare il suo corpo a vantaggio di altri. Ma se ci si limita a servirsi di uno spermatozoo donato, che male si fa? Che cosa impedisce la felicità della coppia e dell’eventuale nascituro? Qui ritornano riflessioni proprie di chi si cimenta con i temi dell’adozione.
E’ stato detto in Parlamento che il figlio dell’eterologa è figlio biologico solo di un genitore e questo creerebbe nella coppia squilibri che sarebbero pagati dal bambino.
Questo è possibile, in qualche caso è già avvenuto. Il genitore che non contribuisce al patrimonio genetico del bambino e che non lo porta in sé, il maschio della coppia, deve essere ben consapevole di quello che sta facendo. Si tratta dell’adozione da parte di un uomo di un nascituro, del figlio della propria compagna, che però è anche figlio del suo desiderio, che sentirà la sua come prima voce maschile dal grembo materno, se lui gli vorrà parlare, che imiterà la sua camminata e i suoi gesti, se con lui si identificherà. Il maschio della coppia in questi casi, a mio avviso, davvero adotta un figlio, ma è un’adozione mille volte più facile di quella di chi accoglie bambini di 6-8 anni vissuti prima in istituto. Come si fa con le coppie che chiedono l’adozione, quest’uomo deve essere ben responsabilizzato circa le sue scelte, ma poi si deve correre il rischio che non sappia essere coerente, come d’altra parte avviene nell’adozione.
Impedire a tutti, sempre, di ricorrere alla fecondazione eterologa e alla felicità che potrebbe derivarne, per proteggere il nascituro mi sembra una pretesa assurda e incoerente, un atto di prevaricazione confessionale e ideologica che non ha accettabili spegazioni razionali ed etiche (anche il 10% delle adozioni fallisce ma non per questo si vieta l’adozione!).
Anzi, sappiamo tutti che sul piano etico produrrà disastri: i ricchi andranno nei paesi davvero laici a tentare l’inseminazione, le donne povere e fertili con mariti sterili potranno solo scegliere se farsi inseminare da uomini diversi dal consorte, secondo natura o rinunciare alla maternità o ancora cambiare marito. Quali progressi di civiltà!
Ma gli operatori dei consultori diranno anche che solo una coppia su 10 riesce ad adottare un bambino italiano e una su sette un bambino straniero? Diranno che le adozioni internazionali costano mediamente 15.000 (30.000.000 di lire)?
La possibilità dell’adozione è ben presente alle coppie sterili, come anche a quelle che possono procreare, ma si deve sapere che il non aver risolto ‟il lutto” per la propria sterilità è una delle cause che possono far considerare non idonea all’adozione una coppia che si presenta in Tribunale a tale scopo. Sembra un paradosso, ma non lo è: il bambino adottato non può essere un sostituto del figlio nostro mai nato. Il figlio biologico si forma nel ventre della madre e con la madre allaccia un rapporto prima di nascere, alcuni sostengono che impara da lì a riconoscere anche la voce del padre. Quando arriva al mondo il seno che lo nutre appartiene alla stessa persona che lo ha tenuto in grembo (naturalmente se e quando questo è possibile). Il bambino adottato anche piccino, ma solo il 30% degli adottati in Italia sono sotto il primo anno, ha già una storia che non ci appartiene. E’ una persona che dobbiamo conoscere, con cui dobbiamo imparare a convivere, che dobbiamo accettare nella sua diversità. E non c’è modo di frequentarla prima per il tempo necessario a capire se abbiamo delle affinità con questo bambino/a: lui/lei non possono e non devono superare simile esame. Il genitore adottivo deve quasi accogliere ‟a scatola chiusa”. Bambini belli o brutti, sani o (spesso) malati, dal carattere buono o (spesso) cattivo, a causa soprattutto delle sofferenze subite Non si adotta un figlio solo perché lo stato non ti permette di usare il seme o l’ovulo di un donatore.
L’adozione è una genitorialità particolare che nasce spesso dall’infertilità accettata e rielaborata, ma non sempre e non solo. I genitori adottivi devono entrare nello stretto binario di chi capisce che ha voglia di dare se stesso ad un bambino/a che deve crescere, traendo gioia dal rapporto con lui/lei pur nelle difficoltà inevitabili, e riuscendo a trasmettere al figlio adottato la contentezza di averlo con sé. Si tratta di sentimenti che c’entrano poco con la cura della sterilità, anche se hanno in comune il desiderio di un figlio.
Dai tempi della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti (1776), si è introdotto nelle costituzioni e nelle convenzioni il diritto alla felicità e per essere felici bisogna acquisire saggezza ma anche appagare dei bisogni importanti, quali quelli affettivi. Tra questi c’è il desiderio di essere genitori e in merito lo stato dovrebbe solo controllare che l’appagamento del desiderio di alcuni non nuoccia ad altri.
Se per avere un figlio si paga una povera donna perché ce lo faccia su misura, il proprio desiderio si scontra con principi etici: quella donna, se ha bisogno di denaro, deve poterlo avere senza sfruttare il suo corpo a vantaggio di altri. Ma se ci si limita a servirsi di uno spermatozoo donato, che male si fa? Che cosa impedisce la felicità della coppia e dell’eventuale nascituro? Qui ritornano riflessioni proprie di chi si cimenta con i temi dell’adozione.
E’ stato detto in Parlamento che il figlio dell’eterologa è figlio biologico solo di un genitore e questo creerebbe nella coppia squilibri che sarebbero pagati dal bambino.
Questo è possibile, in qualche caso è già avvenuto. Il genitore che non contribuisce al patrimonio genetico del bambino e che non lo porta in sé, il maschio della coppia, deve essere ben consapevole di quello che sta facendo. Si tratta dell’adozione da parte di un uomo di un nascituro, del figlio della propria compagna, che però è anche figlio del suo desiderio, che sentirà la sua come prima voce maschile dal grembo materno, se lui gli vorrà parlare, che imiterà la sua camminata e i suoi gesti, se con lui si identificherà. Il maschio della coppia in questi casi, a mio avviso, davvero adotta un figlio, ma è un’adozione mille volte più facile di quella di chi accoglie bambini di 6-8 anni vissuti prima in istituto. Come si fa con le coppie che chiedono l’adozione, quest’uomo deve essere ben responsabilizzato circa le sue scelte, ma poi si deve correre il rischio che non sappia essere coerente, come d’altra parte avviene nell’adozione.
Impedire a tutti, sempre, di ricorrere alla fecondazione eterologa e alla felicità che potrebbe derivarne, per proteggere il nascituro mi sembra una pretesa assurda e incoerente, un atto di prevaricazione confessionale e ideologica che non ha accettabili spegazioni razionali ed etiche (anche il 10% delle adozioni fallisce ma non per questo si vieta l’adozione!).
Anzi, sappiamo tutti che sul piano etico produrrà disastri: i ricchi andranno nei paesi davvero laici a tentare l’inseminazione, le donne povere e fertili con mariti sterili potranno solo scegliere se farsi inseminare da uomini diversi dal consorte, secondo natura o rinunciare alla maternità o ancora cambiare marito. Quali progressi di civiltà!
I figli che aspettano di Carla Forcolin
Il mondo è pieno di figli che aspettano di essere figli. Ma essere adottati non è facile, perché non è facile adottare. Eppure si fa, si deve poter fare. Carla Forcolin esplora il territorio in cui si muovono i ‟figli che aspettano”, analizza il macroscopico divario che esiste fra la disponibilità …