Marco D'Eramo: L'impossibilità di essere arabi

17 Settembre 2002
"Oh tu che credi, stai saldo con Dio, come testimone di giustizia, e non lasciare che l'odio altrui ti porti all'errore e ti allontani dalla giustizia. Essere giusto è ciò che è più vicino alla pietà". Il versetto del Corano (sura 5) apre l'intera pagina di pubblicità apparsa l'11 settembre sui maggiori giornali americani. La pagina è del Council on American-Islamic Relations (Cair), e il suo contenuto mostra a contrario il disagio e la situazione sempre più difficile degli islamici negli Stati uniti: "I musulmani d'America ricordano i tragici eventi dell'11 settembre con un tenace senso di dolore e, come credenti, si uniscono al resto della nazione nelle preghiere per le vittime e le loro famiglie. Continuiamo a condannare in modo inequivoco tutte le forme di terrorismo e sosteniamo la difesa della nostra nazione contro chi minaccia la nostra patria, la nostra libertà e il modo di vita democratico. Come musulmani restiamo dediti agli ideali di tolleranza, giustizia e pace. Dio benedica l'America". Nel crepuscolo, una fanciulla in chador tiene una candela accesa che illumina una bandiera americana, sulla copertina speciale rapporto del Cair su "L'11 settembre un anno dopo". Certo è che se sul tuo aereo c'è un passeggero dal nome mediorientale, sono guai, rischi ritardi di ore per gli accertamenti. Non è facile oggi negli Stati uniti avere un viso mediterraneo, essere giovane e parlare con accento gutturale: il New York Times racconta la storia di Basim Alkhateb, 36 anni, maggiore dell'esercito giordano che è venuto negli Usa per conseguire un dottorato di ricerca in ingegneria elettronica alla Oakland University. Il 20 giugno Alkhateb stava per dare l'esame finale quando un agente in borghese gli ha piantato la pistola alla gola in un centro commerciale della periferia di Oakland (California): "La sua prima domanda fu: `Sei arabo?'. Io gli ho risposto: `Sì, sono arabo'. Allora mi ha sbattuto per terra, mi ha picchiato sulla schiena e sulle gambe sempre con la pistola contro la mia testa. Aspettavo che sparasse da un momento all'altro". Alla fine Alkhateb non fu arrestato e ora vuole fare causa: "Sento che non siamo benvenuti qui, tutti ci odiano".
Molti ristoranti di cucina araba sono andati falliti dopo l'11 settembre, disertati dai clienti cristiani. È angariato anche chi ha la carta verde (il permesso di soggiorno permanente): da qualche tempo è obbligatorio notificare entro 10 giorni il proprio cambiamento di residenza, ma non per tutti gli immigrati, ma solo per quelli mediorientali. Per non parlare dei diritti civili calpestati e delle centinaia di persone detenute per mesi e mesi senza essere accusate di nulla, senza neanche se ne potesse sapere il nome. Avvocato di 15 di questi detenuti è Randall, detto "Randy" Hamud, di San Diego (California), di origine libanese, che parla anche spagnolo, ma non arabo, e che solo quest'anno si è convertito all'islamismo, anche se non pratica il Ramadan e non fa le cinque preghiere giornaliere col suo cappellone e stivali da cowboy. Per tutto quest'anno Hamud ha distribuito biglietti da visita con stampati i diritti costituzionali in inglese sul fronte e in arabo sul retro, perché le persone imparassero che potevano tacere e non rispondere alle domande, che potevano pretendere la presenza di un avvocato: "Agenti andavano in giro a bussare anche di notte alle porte della gente, stazionando sul portico, facendo pressione perché rispondessero. Premevano perché la gente si sottoponesse al poligrafo (la macchina della verità) senza mai dire che i test erano opzionali" ha dichiarato Hamud al Los Angeles Times. La pressioni psicologiche esercitate da polizia, Fbi, Cia hanno fatto sì che nell'ultimo anno siano aumentate del 10% nella comunità araba le richieste di cure mentali, dicono ad Access (Arab Community Center for Economic and Social Services).
Operai sono stati licenziati dalla loro fabbrica solo perché arabi. Soprattutto nello scorso autunno molte vetrine di negozi arabi sono state infrante. Sono stati almeno dodici gli assassinati per anti-arabismo, "odio razziale", come si dice qui. Uno di loro, Ali Almansoop, è stato ucciso da tal Brent Seever che ha detto di averlo fatto perché l'arabo usci va con la sua ex ragazza, ma anche perché "motivato da tutta quest'attività terroristica". Uno degli uccisi era un sikh, né arabo né musulmano. Ma tant'è. Perché c'è grande confusione intorno all'Islam e all'arabicità. Come se il corpo sociale degli Stati uniti non avesse ancora assimilato l'islamismo come propria componente. Basti pensare che nell'ultimo annuario statistico, quella musulmana non è annoverata tra le religioni dichiarate, mormoni, ebrei, cattolici, protestanti, ortodossi, ma viene inclusa nella voce "altro", anche se oggi negli Usa ci sono più musulmani dei 6 milioni di ebrei. Negli Stati uniti infatti vi sono ben 8 milioni di musulmani, ma solo 3 milioni di persone di origine araba, e per di più tra questi tre milioni di arabi, solo il 23% è islamico, gli altri sono cristiani. La ragione è che tra i musulmani vi sono 2,5 milioni di americani di razza nera, gli afro-americani, poi vi sono le persone di origine pakistana, indonesiana e del Bangladesh. Poi albanesi e bosniaci e turchi e immigrati dalle ex repubbliche sovietiche a maggioranza islamica. E i numerosissimi indiani e filippini musulmani. E poi vi sono gli africani musulmani di recente immigrazione. I neri americani musulmani sono un problema a parte, in un certo senso molto più spinoso, per il governo americano, perché sono cittadini a tutti gli effetti, e perché la Nation of Islam (i Musulmani neri) controlla le prigioni.
Ma chi rischia la maggiore discriminazione sono gli immigrati mediorientali, perché pakistani e bengalesi riescono a mimetizzarsi come indiani. La situazione rischia ancora di peggiorare se e quando ci sarà la guerra in Iraq. E comunque il destino di questi immigrati mediorientali è appeso all'eventualità di un secondo attentato. Finora i pogrom anti-arabi e gli omicidi razziali sono stati fatti isolati. Ma se ci dovesse essere un secondo attentato terroristico l'America potrebbe cadere nell'isteria, e lo stesso potrebbe avvenire se le relazioni tra popoli mediorientali e Stati uniti si deteriorassero a causa della guerra in Iraq. Secondo un sondaggio condotto a maggio dall'Arab American Institute Foundation, tra il 20 % di arabi che si sono detti discriminati, la maggioranza era costituita da giovani islamici nati all'estero. Un altro sondaggio condotto a fine agosto dal Cair mostra che: il 57% dei musulmani americani ha subito discriminazioni; il 48% ritiene che la propria vita sia cambiata in peggio nell'anno dopo gli attacchi; e la maggioranza di quel 16% per cui la vita è migliorata, pensa che il miglioramento sia dovuto dalla migliore conoscenza dell'Islam resa necessaria dalle domande di spiegare la propria fede ad altri; le forme più frequenti di pregiudizio subite sono abuso verbale (contumelie), identificazione (profiling) razziale ed etnica e discriminazione sul luogo di lavoro. Altro dato curioso del sondaggio è che nel 2000 il 36% degli intervistati votò per George Bush, il 13% per Ralph Nader del Partito verde (molto forte in California dove il numero di islamici è elevato) e solo il 9% per Al Gore. Ma devono essersene pentiti perché oggi il 16% voterebbe democratico, il 5% i Verdi e il 3% repubblicano.
Ma il peggiore auspicio si prospetta quando molti giovani arabi cominciano a cambiare il proprio prenome: Yussef si fa chiamare Joe e Mohammed diventa Mike. Un fenomeno simile accadde alla fine della prima guerra mondiale quando gli americani di origine tedesca si precipitarono all'anagrafe per cambiare nome: Harry Feichenfeld divenne Harry Field; Otto Mayer divenne Mayor, Hans Kaiser fu John Kern, Betta Grisheimer, chiese di chiamarsi Gresham, Bertha Gutman si cambiò in Goodman e tutti gli Schumann persero una acca e una n e divennero Shuman. Quando un umano è costretto a cambiare nome, letteralmente a cambiare identità, vuol dire che i venti di guerra soffiano forte e preannunciano tempesta.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …