Marco D'Eramo: Giustizia in campus

23 Novembre 2002
Non avevo mai stretto la mano a un condannato a morte. Se è per questo, non ne avevo mai visto uno di persona. Qui ne ho visti cinque. Qui è nel centro di Chicago, nell'atrio della Scuola di Legge della Northewestern University, dove sbocconcelliamo a un buffet dopo un incontro affollatissimo. La mano che stringo è grossa, callosa, con tracce di sporco che nessun lavaggio potrà mai detergere. Sporge da una dimessa camicia a quadri che avvolge un corpo nodoso sotto un viso proletario, capelli grigi raccolti a coda di cavallo. Il suo nome è Gary Gauger. Nel 1993 fu accusato di aver ucciso i genitori, fu condannato a morte, passò otto mesi nel braccio della morte e 3 anni in prigione, finché nel 1996 furono trovati i due veri colpevoli e lui tornò un uomo libero. La sua storia Gary Gauger l'ha raccontata in un anfiteatro universitario stipato di studenti che siedono anche su pavimento e scalinate e affollano il loggione superiore. L'incontro è stato organizzato dalle Scuola di legge della Northwestern che da anni lavora al Centro per le Condanne Ingiuste (Center for Wrongful Convictions) che ha contribuito a scagionare nove condannati a morte: più della metà di loro siedono qui accanto al direttore del centro Larry Marshall (professore di giurisprudenza e avvocato) e a David Protess, professore di giornalismo investigativo.
Due ex studentesse raccontano come parteciparono alle due contro-inchieste che portarono a scagionare una Gary Gauger e l'altra Rolando Cruz (in ambedue i ricorsi i due condannati sono stati difesi da Larry Marshall). Nel 1985 Cruz fu incriminato, processato e condannato a morte per il sequestro, lo stupro e l'omicidio, avvenuto nel 1983, di Jeanine Nicarico, 10 anni. La prova, secondo la polizia, era che negli interrogatori Cruz aveva rivelato particolari che solo chi aveva partecipato al crimine poteva conoscere. Ma dopo che Cruz fu condannato, Brian Dugan, già condannato per stupro e omicidio, confessò di aver commesso il crimine su Jeanine Nicarico. La procura però rifiutò di tenerne conto. E, anche dopo che la Corte suprema dell'Illinois annullò la condanna, la procura portò di nuovo in tribunale Cruz e un altro accusato e di nuovo ottenne la condanna a morte, perché furono escluse dal dibattito le prove che dimostravano la colpevolezza di Dugan. Nel 1990 Marshall ricorse in appello. Dopo quattro anni di procedimento, nel 1994 la Corte suprema dell'Illinois annullò anche la seconda condanna a morte e gli garantì un terzo processo (nel frattempo l'analisi del Dna aveva mostrato che lo stupro era stato commesso da Dugan e non da Cruz). Al nuovo processo un poliziotto ammise di aver mentito al primo processo sulle supposte dichiarazioni di Cruz. Il giudice emise una sentenza di non colpevolezza. Come contraccolpo del processo Cruz, uno speciale Gran Giurì incriminò quattro vice sceriffi e tre ex procuratori per il loro ruolo nel caso Cruz, che nel frattempo aveva passato 12 anni in prigione e più la metà di questi nel braccio della morte.
I casi di Gauger e Cruz sono solo due tra i 13 scagionati (di cui 9 grazie al Centro per le Condanne ingiuste) dal 1977, quando la pena di morte fu reintrodotta in Illinois. Proprio questi 13 scagionati convinsero nel 2000 il governatore uscente dell'Illinois George Ryan a decretare una moratoria sulle esecuzioni capitali (oggi nel braccio della morte dell'Illinois sono rinchiusi 160 detenuti). Il discorso di Ryan è il pezzo forte dell'incontro alla Northwestern. È quasi nauseabonda l'adulazione da cui è stato preceduto: qualcuno l'ha paragonato a Nelson Mandela per il coraggio nell'andare contro la propria base elettorale (i repubblicani sono ardenti fautori della pena capitale). Francamente, per un politico discreditato perché corrotto, il paragone sembra eccessivo. Anche se la fondatrice del periodico afro-americano The Chicago Reporter, Laura Washington, mi dice: "Ryan fu eletto su una piattaforma ultra-conservatrice, ma poi ha preso posizioni sempre più liberal: si è espresso a favore dell'aborto, dei diritti di gay e lesbiche, ha imposto la moratoria sulle esecuzioni, ha fatto due viaggi a Cuba" e Jim Weinstein di In These Times suggerisce persino che sia dovuta proprio a queste sue posizioni coraggiose la campagna sulla corruzione contro di lui da parte dei grandi giornali conservatori.
Un altro improbabile difensore di Ryan negli scandali di tangenti in cui il governatore uscente è implicato, è Scott Turow, democratico, autore di best-seller portati sullo schermo come Presunto innocente, L'onere della prova, Errori reversibili, ma anche un avvocato di successo qui a Chicago. Turow ha contribuito alla difesa di Rolando Cruz e a scagionare altri due condannati, Alejandro Hernandez, che ha passato tre anni nel braccio della morte, e Christopher Thomas. Turow è stato per due anni uno dei 14 membri della Commissione sulla pena capitale istituita nel 2000 da Ryan e che ha ottobre ha reso noti i suoi 86 suggerimenti per riformare il sistema giudiziario.
Certo è che negli Stati uniti, col vento che tira, ci vuole un certo coraggio a decretare una moratoria sulle esecuzioni: basti vedere l'incredibile balletto compiuto dal ministero americano della giustizia per evitare che siano processati in Maryland i due cecchini che hanno terrorizzato tra settembre e ottobre l'area di Washington: la procura del Maryland è considerata troppo restia a chiedere la pena di morte e il governatore di quello stato aveva decretato la moratoria (che forse nelle elezioni di midterm è stata una delle ragioni della vittoria del repubblicano Robert Erlich contro una esponente del clan Kennedy: Ehrlich si è subito affrettato a interrompere la moratoria). Lo stesso Ryan non si è ricandidato e il suo posto tocca ora a un democratico più favorevole alla pena di morte. Capelli bianchi, faccia arrossata dall'alta pressione, fisico massiccio, George ricorda al pubblico che nel 1977 lui votò a favore della pena di morte, perché convinto che fosse utile e che il sistema giudiziario funzionasse. Ma nel 1998 divenne governatore e si rese conto della responsabilità che si era addossato: in ultima istanza è il governatore dello stato che decide se il condannato a morte va ucciso o no. La vita di un umano è tutta nelle sue mani. Nel novembre 1999 apparve sul Chicago Tribune una serie di cinque lunghissimi articoli sulle disfunzioni del sistema giudiziario in Illinois, articoli che mostrano quanto può fare un serio giornalismo investigativo. Dopo un'inchiesta di mesi, i giornalisti del Tribune conclusero che su 287 condanne a morte comminate dal 1977, in 33 casi la difesa era stata assicurata da avvocati poi sospesi o radiati dall'albo, in 46 casi erano basate su informatori all'interno della prigione, in 20 casi erano fondate su dubbie analisi dei capelli, in 35 casi tutti i giurati erano bianchi e l'imputato nero. E infine, su 285 sentenze, ben 127 erano state annullate. Di questi 127 ricorsi, 16 erano stati rinviati a un ulteriore nuovo processo, 49 si erano conclusi con condanne, ma non alla pena di morte, 12 erano stati scagionati, per 41 la condanna a morte era stata confermata ed erano in attesa di esecuzione, e altri 11 erano stati uccisi. I giornalisti trovarono che alcuni condannati erano stati scagionati dopo tre processi (come Rolando Cruz o Carl Lawson), altri addirittura al quinto processo (Perry Cobb e Darby Tills). Alcuni avevano trascorso decine di anni nel Braccio della morte: 18 anni per Dennis Williams, prima di essere scagionato dal Dna.
Questo dimostra, dice oggi Larry Marshall, che "negli Stati uniti è meglio essere ricchi e colpevoli piuttosto che innocenti e poveri, che la razza conta troppo, che troppe condanne sono basate su informatori detenuti pronti a mentire per ottenere sconti, che troppo confessioni sono state estratte con tortura". Infatti, secondo i giornalisti del Tribune, i dieci condannati detenuti nel braccio della morte al momento dell'inchiesta erano stati investigati dall'ex comandante del dipartimento di polizia di Chicago Jon Burge e dai suoi ispettori, molti dei quali sono stati accusati di aver torturato i sospetti, di averli picchiati, aver chiuso la testa in un sacco di plastica, aver usato elettroshock, aver colpito il capo con macchine da scrivere, libri, telefoni, aver strizzato lo scroto. Così, quando il tredicesimo condannato fu scagionato (13 scagionati e 12 esecuzioni) il governatore decise che c'era qualcosa che non andava in un sistema in cui più della metà dei condannati in ultima istanza si rivelano innocenti a un'accurata contro indagine. La sentenza di morte infatti, può essere comminata solo quando la colpevolezza è provata "al di là di ogni ragionevole dubbio".
Ryan racconta la storia del processo per l'omicidio, nel 1978, di una coppia, Lawrence Lionberg e Carol Schmal, e lo stupro di lei in un suburbio di Chicago, le Ford Heights. Grazie alla testimonianza di Paula Gray, quattro neri furono accusati del delitto. Analfabeta, Paula Gray aveva 17 anni e un leggero ritardo mentale. Le pressioni della polizia furono tali che fu ricoverata in un ospedale psichiatrico. Ma prima che i quattro incriminati fossero processati, Paula Gray ritirò la propria testimonianza. Per ritorsione, la procura l'accusò di complicità in stupro e omicidio e Paula fu condannata a 50 anni di prigione. Le incriminazioni furono ritirate e poté tornare libera quando lei accettò infine di testimoniare contro i quattro che furono condannati a morte. Ma nel 1996 Paula Gray disse a un gruppo di studenti della scuola di giornalismo della Northwestern che procura e polizia le avevano estorto una falsa testimonianza. La controinchiesta degli studenti guidati dal professor David Protess (vedi l'intervista accanto) portò a individuare altri tre colpevoli del crimine delle Ford Heigths. Così le quattro precedenti condanne a morte furono annullate.
Ma anche se Paula Gray, che ora ha 42 anni e una bambina di 4 anni, è in libertà, lei, come Roberto Cruz, non ha avuto nessun risarcimento per gli anni trascorsi in prigione. Per questo ci vuole una grazia firmata dal governatore. E alla fine del suo discorso, il governatore Ryan dichiara che stamattina ha firmato la grazia per Paula Gray e indica una minuta donna nera dai capelli striati di grigio che siede nella sala e che scoppia a piangere, perché nessuno l'aveva avvertita della grazia. Ryan l'abbraccia. Lei singhiozza. L'anfiteatro viene giù per l'applauso scrosciante. E per un momento, sembra arretrare la barbarie giuridica degli Stati uniti.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …