Marco D’Eramo: Padre Pio, l’'italiano più importante del XX secolo

07 Maggio 2003
L'italiano più importante del XX secolo è stato senza dubbio Francesco Forgione, detto padre Pio di Pietrelcina (1887-1968). Le sue statue crescono come funghi ovunque in Italia: al Sud, dove non c'è centro abitato che non gli abbia eretto un monumento, ma ormai – e con frequenza crescente – anche al Centro e al Nord. Sempre più spesso incappi nei suoi santini non solo in commissariati, anagrafi, pronti soccorsi, uffici postali, ma anche accanto ai registratori di cassa di bar ed esercizi commerciali. I suoi adesivi aderiscono a computer di sportelli bancari e agenzie di viaggio. San Giovanni Rotondo nel Gargano è il maggior richiamo di tutta la cattolicità, poiché attira un flusso annuo di 5-7 milioni di pellegrini/turisti/ammalati. Voluti da padre Pio negli anni '50, nel 1999 i "Gruppi di preghiera" erano ormai 2.156, di cui 1.786 in Italia e 370 all'estero. Ai riti della sua beatificazione prima e della sua santificazione poi sono accorse masse di 200-500.000 fedeli (nelle cronache della tv pubblica c'è la tendenza a gonfiare le cifre delle manifestazioni vaticane, proprio come facciamo noi di sinistra con i cortei di protesta).
Più stupefacente è che Francesco Forgione ha un nutrito seguito nel popolo di sinistra; la sua immagine spunta persino in qualche sede di Rifondazione comunista. In particolare al Sud, ti accorgi che insinuare un dubbio su padre Pio ti aliena platee – che supporresti scettiche, o per lo meno critiche – di lettori del manifesto e di Diario, di rifondaroli, diessini di sinistra, cgiellini. Allora Francesco Forgione diventa un problema serissimo per la sinistra e ti si presenta come un enigma da indagare: perché la sua memoria è più indelebile di quella di Benito Mussolini, il suo successo più strepitoso di Luciano Pavarotti?
Come è potuto succedere che padre Pio sia considerato uno che sta dalla parte degli oppressi? Per esempio Gloria Fazzeri (del gruppo di ricerca Amici di Tolstoi) mi rimprovera di aver scritto ("con un tono alquanto malevolo") che la figura di padre Pio è "tutta intrisa di una sua sanguigna astuzia contadina": "Faccio notare che se i contadini hanno sviluppato una loro ingenua astuzia, è perché quello era l'unico modo per difendersi da una classe padronale forte ed abile nel manovrare a suo favore leggi e carabinieri. Dalla sinistra non ci si aspetterebbe questo tono di disprezzo verso le classi oppresse!".
Eppure il più determinato avversario di Francesco Forgione Giovanni XXIII, il "papa dei poveri", mentre padre Pio fu sempre virulento contro socialisti e comunisti, fu amico intimo del locale sindaco e potestà, segretario del fascio, Francesco Morcaldi (detto Cicillio), fu adulato dalla nobiltà nera: scrive Mario Guarino che si recarono a farsi benedire da lui la principessa Maria José di Savoia, l'infanta del Portogallo Maria Antonia di Borbone, l'imperatrice Zita d'Austria, il duca Eugenio d'Ancona con la consorte Lucia di Borbone, gli arciduchi d'Austria Roberto, Adelaide e Felice, il marchese napoletano Mario Di Giacomo che gli lasciò in eredità molti suoi beni, tra cui un vasto terreno. Ancora più misteriosa è quest'aura di difesa degli oppressi se si pensa che San Giovanni Rotondo è il luogo della più sanguinosa carneficina di militanti di sinistra del XX secolo: qui il 14 ottobre 1920 i carabinieri spararono sulla folla che festeggiava la vittoria socialista alle elezioni comunali: 14 persone furono uccise e più di 100 ferite (a titolo di paragone, la strage di Portella della Ginestra compiuta nel 1947 da Salvatore Giuliano fece 11 morti e 71 feriti). In quelle elezioni comunali padre Pio aveva appoggiato il blocco dei clericali, fascisti ed ex combattenti con la nuova associazione "Arditi di Cristo".
Il problema con padre Pio è che è un dialogo tra sordi. Ogni argomento che per gli uni dimostra la sua santità, per gli altri è prova della sua impostura, e viceversa. Prendiamo le famose stigmate: secondo gli agiografi, il 7 settembre 1910 a padre Pio, mentre stava pregando, apparvero Gesù e la Madonna e gli donarono le stigmate, ma poiché il miracolato voleva vivere la propria santità nel "nascondimento", pregarono insieme e Dio li esaudì: le stigmate scomparvero dal corpo del frate. Poco tempo dopo ritornarono, però in forma "invisibile" all'occhio umano. Le sante piaghe si fecero di nuovo visibili il 20 settembre 1915, e di nuovo il 5 agosto 1918, quando il sindaco di San Giovanni Rotondo le diagnosticò come un "fenomeno criptogenetico" (sic!).
Ora è chiaro che per lo scettico le stigmate erano invisibili perché non c'erano; e divennero visibili solo perché auto-inflitte con acido fenico e mantenute aperte con tintura di iodio (di queste sostanze parlano altre perizie mediche). Per invece chi crede, proprio l'alternarsi di visibilità e invisibilità raddoppia in un certo senso il miracolo delle stigmate. Questa divaricazione si è riproposta con ancor più forza al momento della morte di padre Pio, nel 1968, quando le stigmate "miracolosamente" scomparvero (anche se è non è chiaro perché le mani della salma esposta in pubblico fossero accuratamente inguantate, come a far credere che le stigmate c'erano ancora). Per chi vuole credere non vale nemmeno la parola di un cattolico autorevole come padre Agostino Gemelli (medico, psicologo, fondatore delle Università cattoliche del Sacro Cuore di Milano e Roma). mandato al convento di Santa Maria delle Grazie nel 1920, Gemelli osservò a lungo padre Pio e concluse che le stigmate erano "un prodotto di origine isterica". Un agiografo (Luigi Peroni) riporta che secondo alcuni Gemelli avrebbe anche tentato "di far ricoverare padre Pio in un ospedale psichiatrico".
Ma per chi invece crede in Francesco Forgione, Gemelli esprime la voce della Curia vaticana che ha sempre cercato di discreditare la "religiosità dal basso" di padre Pio.
Quella dei conflitti tra Forgione e Vaticano è una storia tutta italiana, a base di ricatti e dossier, recitata in apparenza attorno al tema della santità ma centrata sul controllo, molto più materiale, del fiume di denaro che i fedeli e i pellegrini riversavano su San Giovanni Rotondo. Nessuno ci fa una bella figura in queste storie di ricatti e controricatti, di pamphlet scritti per poter essere bruciati in cambio di benefici. Né il Vaticano: se accettava i ricatti, era ricattabile; né Forgione che voleva che fossero lasciate cadere le accuse contro di lui, accuse di fondi che sparivano (per questioni di soldi nel 1922 vi furono persino conflitti a fuoco tra cappuccini all'interno del convento), di voti di povertà e di clausura infranti, di "figlie spirituali" che dormivano in convento.
D'altronde, anche sul tema delle "figlie spirituali", il dibattito è tra sordi. L'unico fatto certo è che Francesco Forgione ha esercitato sempre un fortissimo fascino sulle fedeli che sono state tra le maggiori donatrici, dalla torinese figlia spirituale Maria Basilio che nel 1934 comprò il terreno su cui sarebbe sorta la Casa Sollievo della Sofferenza, fino alla miliardaria americana Maria Pyle che finanzio la costruzione di due chiese. Persino i suoi agiografi riconoscono che "… alcune delle sue figlie spirituali, nella loro esaltazione mentale, ritengono che il padre accordi ad altre una maggiore predilezione e, infiammate dalla gelosia, giungono a inventare trame calunniose per screditare le antagoniste. Mediante lettere anonime denunciano al padre guardiano le loro nemiche, assicurando che esse vengono ammesse in convento durante le ore notturne da padre Pio".
Ed è per far cadere queste e simili accuse che dossier anti-vaticani furono messi su a firma di John Willoughbly, pseudonimo di Emmanuele Brunatto, alias Emanuele De Felice, avventuriero torinese, condannato per truffa e il più fedele uomo di mano di padre Pio. Fu lui che nel 1941 da Parigi inviò a San Giovanni Rotondo un bonifico per l'incredibile cifra di 3,5 milioni di franchi (equivalenti a circa 300 milioni di euro attuali) della Banque Italo-Française de Crédit: non si è mai saputa l'origine di una somma così spropositata versata in tempo di guerra (durante il regime di Vichy in Francia e l'occupazione nazista di Parigi).
Sempre intorno al denaro hanno ruotato nel secondo dopoguerra le polemiche su padre Pio, dallo scandalo del 1957, del "banchiere di Dio", l'emiliano Giovanbattista Giuffrè, a quello, nel 1994, di Gerardo Saldutto, il "cappuccino-banchiere". Negli anni '50 Giuffrè aveva messo su una "piramide di sant'Antonio" (in questo caso "di san Francesco") con cui assicurava interessi anche del 70% l'anno e in cui rimasero coinvolti 8 ordini religiosi e personalmente 62 vescovi (e naturalmente vari cappuccini del convento di San Giovanni Rotondo). Mentre negli anni '80 padre Saldutto, economo provinciale dell'ordine dei francescani del foggiano, amministrava le finanze di 24 conventi, tra cui il più ricco di tutti, quello di santa Maria delle Grazie. Con un altra piramide di sant'Antonio, l'ammanco fu di 8 miliardi di lire.
Sicuro è che la santità, vera o supposta, di Francesco Forgione ha generato un imponente giro di affari. Alle soglie del 2000, con i suoi 7 dipartimenti clinici, 500 medici a tempo pieno e 2.000 dipendenti, la Casa Solllievo della Sofferenza poteva ospitare fino a 1.200 pazienti, con una media annua di 60.000 ricoveri (proprietà del Vaticano, questa fondazione è equiparata a un servizio pubblico e riceve sovvenzioni pubbliche per decine di milioni di euro l'anno). C'è poi il Centro di accoglienza con 200 posti letto, con salone per convegni e cappella, oltre a una residenza per anziani (240 posti letto). Il flusso di 5-7 milioni di pellegrini l'anno ha trasformato san Giovanni Rotondo nella "Las Vegas del Gargano", con un'immensa chiesa progettata da Renzo Piano.
Il denaro ha cominciato a scorrere impetuoso già negli anni '20 quando Emmanuele Brunatto conservava le pezzette insanguinate di padre Pio per rivenderle ai fedeli a prezzi da capogiro (ognuna 50.000 lire di allora, 70.000 euro), e si è alimentato fino a oggi con le più fantasiose iniziative promozionali: per realizzare la chiesa di Renzo Piano (con il supporto logistico della Banca di Roma), il fedele poteva contribuire con una "pietra" (25 euro), una "canna d'organo" (50 euro), un "banco" (1.000 euro), un "pannello della Via Crucis" (2.500 euro), una "porta del tempio" (40.000 euro).
Ora il problema – e la debolezza della posizione laica – sta proprio qui, che i miliardi sono reali e che milioni di pellegrini si recano nel Gargano. Potrà essere anche vero, come sostiene lo psichiatra Luigi Cancrini, riflettendo l'opinione pubblica laica, che la sindrome da cui era afflitto Francesco Forgione è chiaramente delineata nei manuali di diagnostica ed è un "disturbo istrionico della personalità". Ma non aiuta a spiegare perché questa "disturbata personalità istrionica" si sia aperta una varco in tanti milioni di anime. E più si guarda alla sua vita, meno questo varco è chiaro: non ha fondato un ordine, non è stato esempio di povertà, non è esemplare come un San Francesco, non è un martire come San Sebastiano. I suoi grandi titoli di merito, come riferiti dagli agiografi, furono le sue indefesse battaglie notturne con Satana. Scriveva padre Pio: "… da verso le 10 che mi misi al letto fino alle 5 della mattina (Satana, ndr) non fece altro che picchiarmi continuamente: credevo che quella fosse l'ultima notte della mia esistenza… Questi cosacci (i demoni, ndr) non cessano di percuotermi, di perseguitarmi e sbalzarmi alle volte dal letto…". Ma perché le lotte col demonio (che spesso si presentava in forme oscene) sono un titolo di santità? Per quale motivo essere perseguitati da visioni notturne di peccati renderebbe santi? L'altro titolo di santità, naturalmente, è l'attività taumaturgica. Ma qui il cerchio si chiude: padre Pio è santo perché compie miracoli e compie miracoli perché è santo: è un pacchetto completo – santo miracoloso, miracolo santo – da prendere o lasciare. In questo senso si può dire che la "santità" di padre Pio sia stata creata dal popolo e dai fedeli, almeno quanto l'ha creata lui con le trances durante le messe, le stigmate, le confessioni al limite del sado-maso da cui le fedeli uscivano piangenti e insultate. Sono i fedeli che fin dal 1918 hanno cominciato ad affluire nel Gargano per farsi toccare e guarire da lui; sono i fedeli che fin dal 1922 hanno scatenato la prima sommossa popolare per impedire il trasferimento di padre Pio. Se il Vaticano non è mai riuscito a prendere provvedimenti contro Francesco Forgione è perché sempre si è scontrato contro le rivolte locali.
Insomma, facendo risorgere il vecchio criterio di santità (vox populi, vox dei) padre Pio è stato santificato innanzitutto dalla brama di credere del popolo italiano. Francesco Forgione è la più grande smentita alla tesi di Max Weber per cui il XX sarebbe stato il secolo del "disincantarsi del mondo". Smentita dovuta a una ragione individuata dallo stesso Weber: mano mano che l'osservazione empirica, scientifica del mondo, rifiuta "ogni visione che s'interroghi sul 'senso' degli avvenimenti intramondani (…), la religione si è trovata respinta sempre di più dal regno del razionale in quello dell'irrazionale, fino a diventare semplicemente la forza sovrapersonale irrazionale o antirazionale per eccellenza". Nel medioevo la religione integrava in sé il razionalismo tomista; oggi, di fronte al razionalismo laico, la religione si trova sempre più respinta sul terreno dell'irrazionale puro. Si spiega così uno dei misteri più inspiegabili dei nostri giorni, che ne Lo sciamano in elicottero (Feltrinelli) ho chiamato "il problema della credulità alla fine del XX secolo" riferendomi al titolo di un classico della storiografia, Il problema dell'incredulità nel XVI secolo di Lucien Fèvre, e cioè: come mai nell'epoca più dominata dalla scienza e dalla tecnologia, cioè da una visione razionalistica del mondo, divampano le credenze nelle sette, nel New Age, nelle religioni orientali? Chi avrebbe detto che i testimoni di Geova hanno oggi più fedeli di quanti militanti abbia il movimento operaio mondiale?
In questo senso Francesco Forgione rappresenta solo la versione italiana dello stesso fenomeno che in Nordamerica è espresso da sette come gli avventisti e che nel Terzi mondo dilaga con i cargo cults. Ma, per la stessa ragione, padre Pio indica la specificità della modernità italiana, la sua irriducibilità al modello europeo. Nella sua figura Ernesto de Martino troverebbe di sicuro tracce di culti pagani precristiani. L'interessante è che oggi quei culti siano condivisi da disinibite signore della Padania, che rifiutano il precetto ecclesiastico della castità prematrimoniale ma poi con grandi disagi accorrono alla santificazione di padre Pio. È questo impasto di moderno e di preistorico, di finanza sofisticata e irruenza rurale, a colpire in padre Pio. Ma certo è, cara Gloria Fazzeri, che la fede nei miracoli non ha mai liberato nessun oppresso e che anzi i miracoli sono sempre stati usati per imbrigliare e sedare le rivolte. Fino al 1789 il popolino si recava a Versailles per toccare il sovrano, poiché era diffusa la fede che i re fossero taumaturghi (come racconta il grande storico Marc Bloch in quel capolavoro che è I re taumaturghi, Einaudi). Per sradicare la fede nei miracoli – sovrani o non – ci volle la presa della Bastiglia, in nome sì di Liberté, Egalité, Fraternité, ma – a monte – di Rationalité.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …