Gianni Rossi Barilli: Amore e guerra oltre i confini

28 Maggio 2003
Amore e guerra, ingredienti classici del melodramma tradizionale, sono anche il binomio fatale su cui si incardina la storia di Yossi & Jagger di Eytan Fox, un film israeliano che viene presentato domani sera in anteprima al cinema Pasquirolo di Milano (nell'ambito della diciassettesima edizione del festival di cinema gaylesbico) per uscire subito dopo nelle sale di tutta Italia. La guerra in questione, però, non è mitica e polverosa come accade spesso nei melodrammi. È una guerra ancora attuale, che con i suoi orrori segna ogni giorno la vita di milioni di persone in Palestina e in Israele, alimentando la cattiva coscienza dell'occidente. Anche l'amore di cui parla Yossi & Yagger è un po' fuori dagli schemi, visto che al centro dell'intera vicenda c'è una relazione gay tratta da una storia vera. L'unica sfasatura tra il film e la realtà è quella temporale, perché la vera storia, accaduta a un amico del regista, risale a qualche anno fa, mentre l'ambientazione del film sembra del tutto contemporanea, il che serve tra l'altro a ricordarci che la guerra non è affatto finita.
Siamo in uno sperduto avamposto dell'esercito israeliano ai confini con il Libano. Yossi è un ufficiale di carriera, comandante di compagnia, e Jagger (che si pronuncia proprio come Jagger dei Rolling Stones) è uno dei suoi migliori sottufficiali di leva. Sono tutti e due belli come i protagonisti di una fiction televisiva e si amano anche. Se non fosse che sono entrambi sotto le armi potrebbe quasi sembrare una felicità noiosa, ma le convenzioni omofobe della vita militare e "il poliziotto interiore" che soprattutto Yossi si porta scolpito nel cervello movimentano alquanto la situazione. Bisogna trovare il momento e il luogo adatto per ogni istante di tenerezza, cercando di tenersi lontani da occhi indiscreti anche se poi chi sa capire capisce lo stesso. Bisogna evitare di pensare a quello che succederà "dopo", cercando di restare vivi per affrontare forse in un secondo momento la difficoltà insormontabile di dichiarare il proprio amore. Purtroppo non ce ne sarà il tempo e sarà una tragedia nella tragedia, ma il dolore lascerà una traccia e aiuterà una presa di coscienza che renderà possibile in seguito la narrazione.
Una trama già così sentimentale si arricchisce di sfumature emotive descrivendo altri personaggi con le loro vite e i loro sogni interrotti, quando non definitivamente spezzati, dalla realtà della guerra. Accanto ai due protagonisti ci sono altri soldati, ragazzi e ragazze di vent'anni o poco più, in tutto simili ai postadolescenti europei loro coetanei, con una divisa e un mitra sotto il braccio a fare la differenza. C'è chi coltiva una speranza di futuro trasformando le razioni militari in piatti d'alta cucina "franco-libanese", chi si sforza di ricostruirsi un equilibrio affidandosi alla saggezza filosofica dell'oriente e chi più banalmente si innamora senza sapere che si tratta di un'illusione irrealizzabile.
È proprio la densità di sentimenti pacifici a rendere Yossi & Jagger un film contro la guerra, anche se non contiene messaggi politici diretti e rappresenta il "nemico" come un'entità metafisica. È la voglia di libertà e di impossibile spensieratezza che comunica a rendere straziante, anziché consolatoria, la rappresentazione dei sentimenti. Sarà per questo che, come ha raccontato ieri a Milano il regista Eytan Fox, l'esercito israeliano non ha voluto collaborare con la produzione del film. Dopo l'uscita di Yossi & Jagger nelle sale, comunque, gli alti comandi hanno dovuto cambiare atteggiamento: "C'erano gruppi di soldati - spiega Fox - che si organizzavano per conto proprio per veder il film. Così l'esercito ha ceduto e ha promosso delle proiezioni per i militari. È stato molto interessante vedere questi soldati che all'inizio si sedevano rigidi e un po' imbarazzati e poi, man mano che la storia procedeva, cominciavano a scogliersi, si avvicinavano, si mettevano una mano sulla spalla e piangevano". Oltre a imporsi all'attenzione dei militari, Yossi & Jagger in Israele ha convinto buona parte della critica e del pubblico. Visto il messaggio, è senz'altro un buon segno.

Gianni Rossi Barilli

Gianni Rossi Barilli, nato a Milano nel 1963, giornalista, partecipa da vent’anni alle iniziative del movimento omosessuale, come militante, scrivendo, discutendo e anche litigando. Ha lavorato a “il manifesto” dal …